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Perché i comici continuano a floppare nei talk show

L’altra sera, ad Agorà duemiladicassette, Gerardo Greco ha tentato un incipit originale. Dopo aver elencato alcune grane di giornata (il rinvio a giudizio dei vertici delle Ferrovie dello Stato, l’arresto di una famiglia che trafficava in armi con l’Isis, l’assegnazione ai domiciliari del pm del delitto di Cogne) ha passato la linea all’Orchestra filarmonica della Rai di Torino per farle eseguire – orgoglio della casa – la storica sigla d’inizio e fine trasmissioni (Rai 3, ore 21.10, share del 4,04 per cento). Da lì, passando per Aquara (Salerno), dove un masso caduto per una frana giace sulla carreggiata stradale da due anni impedendo la circolazione, la linea è tornata in studio per l’esibizione di Lillo e Greg, qualche giorno fa ospiti di Gigi Proietti e a breve in tour con il loro nuovo spettacolo. All’interno di un varietà, un duo comico può trovare, anche se non è scontato, la propria collocazione e la propria misura. Più difficile è la contestualizzazione all’interno di un talk show. Non si sa se il numero che la coppia comica ha proposto fosse stato provato o meno, fatto sta che, partendo dal masso giacente in strada, Lillo e Greg hanno tentato d’imbastire una sequenza di situazioni esagerate che niente avevano a che fare con lo spunto iniziale. Una serie di iperboli, di stranezze fatte di suite d’albergo a 62.000 euro a notte, di ristoranti di sushi «migliore del mondo sotto casa mia» dove «vengono tutti i giorni da Tokio», di amici che si sono fatti «l’elicottero con le lattine di birra», di Putin che «è una donna»… e via inventando, nel gelo dello studio. Se voleva essere una gag sulle bufale della post-verità non s’è ben capito. Erroneamente, il regista ha inquadrato il conduttore dubbioso. Ma così vanno le cose in questi giocosi tempi: con tutte le crisi d’identità di cui soffrono i talk show, ci manca pure che s’incarichino di far divertire. Lo chiamano «momento di alleggerimento» e quindi, chiunque tenga un salotto televisivo prova a scoprire o a lanciare qualche talento comico. Poi gli esiti sono come quelli dell’altra sera ad Agorà. Oppure come quelli di Piazza pulita e l’indigeribile Tgporco di Sabina Guzzanti. Lo stesso Giovanni Floris non ha ancora elaborato il lutto per la perdita di Maurizio Crozza e ci prova e riprova con Maurizio Lastrico o con Maurizio Battista, con risultati finora modesti. Perché la famosa contestualizzazione non si percepisce e comici in grado di far ridere con l’attualità politica non si inventano da un giorno per l’altro.

La Verità, 2 febbraio 2017