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«Sono di sinistra, perciò sto dalla parte di Trump»

Breve anteprima. Dobbiamo spostare l’intervista a domani – dico ad Aldo Nove – tra poco ho una visita medica. «Quelle hanno la precedenza. Anch’io devo farne una, perché dovrò operarmi… Hanno fatto un nuovo dpcm e devono togliermi il cervello perché rompo troppo i coglioni».

Aldo Nove è uno spirito libero, un poeta, «un cannibale», secondo la vulgata della critica letteraria. Conserva l’innocenza del bambino pur avendole viste, vissute e raccontate tutte. La perdita precoce del padre e della madre. Le dipendenze. Il sesso sfrenato. I tentativi di suicidio. Dire irregolare è poco. Pure controcorrente o anticonformista suonano cliché. È Aldo Nove. Sempre alla ricerca di «un’altra vita», ben oltre Milano (citazione di Franco Battiato, al quale ha dedicato l’ultimo libro appena pubblicato da Sperling & Kupfer). Ha 53 anni, è nato a Viggiù, in provincia di Varese, vive a Monza. In una delle ultime interviste ha contestato il governo Conte, il Pd, Vasco Rossi, Angela Merkel e l’intero sistema dell’informazione. Salvo poi chiedere all’intervistatore di scrivere che era sotto l’effetto di stupefacenti.

Adesso parla da sobrio?

«Tutto dipende dalle domande, mentre me le fa potrei assumere qualche sostanza».

Per essere più disinibito?

«In vino veritas e anche in droga veritas… Per sintonizzarmi con la sua testata».

Non c’è abbastanza libertà per dire ciò che si pensa?

«No che non ce n’è. L’altro giorno ho visto la diretta degli scontri a Torino… Sui giornali nazionali si è parlato di rivolta armata, ma c’era solo la foto di una vetrina rotta e due cassettoni ribaltati. È chiaro che siamo sotto una dittatura mediatica».

Addirittura. In cosa consiste?

«Lo spiega bene Biung-Chul Han in Topologia della violenza pubblicato da Nottetempo. Oggi la guerra si combatte usando la paura e la falsificazione dei dati. E i dissidenti sono etichettati come negazionisti, che sono quelli che negano la Shoah. Sarebbe più corretto parlare di complottisti. I negazionisti veri sono quelli che sostengono un sistema di potere che sembra confuso, ma non lo è per nulla».

C’è un disegno?

«È difficile concepire ciò che sta davvero succedendo. Anche perché siamo abituati a valutare le cose a livello nazionale. Prendersela con Giuseppe Conte o con l’attuale pseudogoverno italico è riduttivo».

C’è un disegno più ampio? Il Nuovo ordine mondiale?

«Basta guardare cosa fanno in Francia o in Spagna. Questa è la prima guerra davvero mondiale. Durante la Seconda alcuni continenti ne sono rimasti immuni. La pandemia riguarda tutto il pianeta».

Perciò assolve Conte?

«Certo che no. Ma il problema è strutturale, al posto suo ne metterebbero un altro e la situazione non cambierebbe. L’Italia fa ciò che permettono i Trattati europei».

Che effetto le fa il clima diffuso di paura e di ansia?

«Mi fa rabbia. La paura alimenta altra paura e abbassa le difese immunitarie. Invece di migliorare la salute, la peggiora. C’è un ordine gerarchico nella dittatura: al primo posto il potere economico, poi quello politico, infine quello sanitario».

Al quarto quello mediatico?

«Potere sanitario e mediatico sono sullo stesso livello. La gente avverte i sintomi di stagione, raffreddori e mal di gola. Ma per la paura corre al pronto soccorso».

C’è un’informazione apocalittica?

«Non c’è spazio per il dissenso, nei canali ufficiali non esiste. Anche in parlamento vedo solo finte opposizioni. I grillini erano un movimento di opposizione, ora sono i più realisti del re. Quali sono le voci vere di opposizione?».

Giorgia Meloni?

«Ha un’ottima dialettica. Ma voglio vederla al potere, sotto le pressioni della Bce».

Come valuta il fatto che durante il lockdown è nata una task force per sorvegliare le fake news?

«Quale autorità può ergersi a stabilire quali sono le notizie vere o false? Il fatto che venga creato apposta un organo governativo fa capire cos’è la dittatura».

Che cosa le fa davvero paura?

«Il fatto che ci si sia completamente dimenticati della Costituzione. Nell’articolo 1 non c’è scritto che siamo un Paese fondato sulla salute o che la prima finalità repubblicana è combattere il virus. Più di tutto temo la disumanizzazione».

Cioè?

«Dimenticare che siamo corpo e anima. Della prima parte ci si ricorda molto. La seconda interessa ben pochi. Per questo sono stato entusiasta della lettura dell’enciclica di papa Francesco».

La fraternità deriva da una paternità o è un fatto sociologico?

«Per me è qualcosa di spirituale. Una fraternità sociologica non so cosa sia. Come dice Battiato, la prospettiva orizzontale porta verso la materia, quella verticale verso lo spirito. La verità è nel punto d’incontro tra le due dimensioni. Lo vediamo nella croce che è il simbolo che unisce materia e spirito».

Perché ha scritto un libro su Franco Battiato?

«Perché mi è stato proposto un anno fa. L’avevo visto in tv da bambino, avevo sei o sette anni. Era il Battiato sperimentale degli anni Ottanta e me ne innamorai subito. Dopo 50 anni di carriera sappiamo che è molto più che un cantante, è un filosofo, un ricercatore, un artista. Perciò sono stato subito entusiasta di scrivere questo libro».

Che cosa dice un artista nato a Riposto, in Sicilia, a un professore di Viggiù?

«Dice la sua vita… Per esempio il valore del pensiero induista, di quello di George Ivanovic Gurdjieff, dell’ecumenismo di Raimon Panikkar, della cultura sufi… L’elenco sarebbe lungo, per arrivare a Manlio Sgalambro. Molte persone si sono avvicinate a questi mondi su sollecitazione di Battiato».

Esperienze in varie direzioni che possono far perdere il «centro di gravità permanente»?

«Che è un’espressione presa da Gurdjieff. In un’intervista a Mara Venier, con molta tranquillità, Battiato ha detto di sperare di non trovarlo mai questo centro di gravità, perché a quel punto s’interromperebbe la ricerca. Mi permetto di aggiungere che, se hai trovato un equilibrio interiore, sei facilitato a dialogare con le culture più diverse».

Il libro parte dalla «facoltà dello stupore» di Battiato: una facoltà assente nella società contemporanea?

«Manca la capacità di guardare con occhi puliti quale meraviglia sarebbe la vita se non fosse inquinata dal neoliberismo impazzito o dall’interventismo del potere che stanno facendo fallire tutti. Penso ai fratelli tassisti, ai proprietari di bar e ristoranti. La logica secondo cui per prevenire un contagio si debba crepare di fame chiusi in casa continua a sfuggirmi».

«Strani giorni, viviamo strani giorni», cantava Battiato.

«Nelle sue canzoni ci sono molti elementi profetici. Da Isaia in poi il profeta è chi, sapendo leggere il presente, anticipa il futuro».

Come vive i suoi «strani giorni» a Viggiù?

«Adesso vivo a Monza, via da Milano. Esplico le normali funzioni: mangio dormo bevo studio scrivo. Come una specie di monaco laico».

Che rapporto ha con la tecnologia?

«Uso Facebook, cerco notizie alternative su YouTube».

Tipo i video di Enrico Montesano?

«Sì, li ho trovati belli, discreti e signorili. Montesano è un galantuomo».

Si definisce cattocomunista, ma elogia Donald Trump: qualcosa non torna.

«È la realtà che non torna. Nel senso che, paradossalmente, c’è maggiore attenzione al popolo e ai problemi della classe lavoratrice in Trump che non nella gauche caviar di Hillary Clinton o di Joe Biden, una sorta di pupazzo».

Che cosa la convince di Trump?

«Il fatto che sia un’anomalia. Che non sia espressione dell’alternanza convenzionale tra conservatori e democratici».

Fa una politica razzista, sottovaluta la pandemia?

«Il potere strutturale americano non si riconosce in lui appunto perché è un’anomalia. Basta considerare come si schierano i media. Con Trump c’è solo la Fox. Politica razzista dove? Semmai Trump è un imprenditore erotomane ed egocentrico. Sicuramente non potranno accusarlo di pedofilia, visto che gli piacciono le donne mature. In compenso, del caso Epstein e delle sue diramazioni non si parla più».

Scusi, Nove, ma lei non era di sinistra?

«Io sono di sinistra».

Chi c’è di sinistra in Italia?

«Marco Rizzo».

Fine? E la Repubblica, Fabio Fazio, Michela Murgia, Luca Guadagnino…

«Vuol far bestemmiare un cattolico? La sedicente sinistra è espressione dello status quo neoliberista che con la sinistra storica non ha niente a che fare».

Chi salva oggi in Italia?

«Marcello Veneziani… Che non è proprio di sinistra, ma lo trovo uno degli intellettuali più lucidi del momento. Andiamo oltre le etichette…».

È anche amico di Susanna Tamaro.

«Le voglio un bene immenso. È una grandissima scrittrice che ha sempre detto quello che pensa. Ha avuto la sfortuna di vendere milioni di libri. E si sa, vendere tanto è da maleducati».

Si dice cattolico e nei Poemetti della sera cita Dio e il creato…

«Se è per questo ho scritto anche Maria, un poemetto teologicamente rigoroso».

Ma altrove racconta di aver tentato il suicidio.

«Avevo 18 o 19 anni, non capivo un cazzo e stavo male».

Il cristianesimo basta a strapparci dal nulla, dal nichilismo imperante?

«Se vissuto profondamente, cioè a un livello che io non ho ancora raggiunto, sì».

I Poemetti della sera contengono anche un’elegia della madre e della maternità: perché l’Italia e l’Europa non fanno più figli?

«L’albero degli zoccoli, un film di Ermanno Olmi, ritrae il mondo contadino spontaneamente solidaristico nel quale si facevano figli all’interno di una vita collettiva e dentro un rapporto forte con la natura. Quel mondo è scomparso. Oggi, a causa di problemi non solo economici, per una coppia avere un figlio è diventato un rischio».

Manca la gioia di vivere, prevale l’incertezza su dove ancorare il futuro?

«È così. Ci chiediamo che mondo lasciamo a questo nostro figlio. Procreare è un atto d’amore e l’amore scarseggia».

In televisione non la invitano o è lei che si rifiuta di andarci?

«Ultimamente ho rifiutato in modo un po’ rude alcuni inviti».

Di chi?

«Di Nicola Porro e Giuseppe Cruciani, che mi è quasi simpatico. Però se mi chiamano a parlare di Battiato ci vado. Ho scritto un libro d’amore, e amor omnia vincit… Come diceva Fedez… O forse non era lui…».

 

La Verità, 31 ottobre 2020