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«L’Italia è un Paese in coma farmacologico»

Avete presente quel signore che indossa sempre maglioni sgargianti? «Sono nato tra i colori, avevo nonni pittori e artisti. E poi detesto le uniformi». Con Paolo Crepet, 69 anni, psichiatra e sociologo, misurato ospite di talk show, autore di Vulnerabili (Mondadori) e La fragilità del bene (Einaudi) viene tutto facile. Ci si saluta al telefono e ti inonda. «Io e l’università ci siamo lasciati consensualmente, sono un uomo libero, non subordinato. Non lo ero nemmeno con Franco Basaglia. Sempre stato inquieto, ma mia madre, anche se è morta giovane, ha potuto intuire che non tutto sarebbe andato male».

C’era il rischio?

«Ho sfiorato la droga e il terrorismo. Negli anni Settanta, bastava andare a una festa, ho visto come sono finiti alcuni amici. Con mio padre ho visto anche l’invasione dei carri armati sovietici a Praga. Sempre stato progressista e antifascista, ma per me quella violenza è uguale a quella praticata dal nazismo. Non c’è alcuna differenza, mentre per buona parte degli intellettuali italiani non è così. E si vede».

Chi è stato per lei Basaglia?

«Un eroe dei diritti dell’uomo, molto più che un luminare della psichiatria. Quando iniziai a lavorare c’era il dibattito per l’abolizione delle classi differenziali, poi quello per la chiusura dei manicomi. Oggi m’indigno quando vedo che l’indifferenza e il cinismo che giustificavano quelle situazioni non sono stati estirpati».

Dove li vede?

«La lunga reclusione domestica dei bambini avrà conseguenze pesanti. Tenerli davanti alla tv dieci ore al giorno è una tortura. Un bambino ha bisogno di giocare a pallone, di litigare con gli amici, di complicità. Maria Montessori o don Lorenzo Milani cosa direbbero del lockdown? Se si toglie la voce isolata di qualche psichiatra infantile c’è un silenzio preoccupante».

Lei è stato invitato a parlarne al Senato.

«Sì, qualche settimana fa, c’era anche Matteo Salvini. Ma è come se avessi parlato della Juventus che non vince il campionato. Sembravano tutti sponsorizzati da Acquascutum».

Cioè?

«Impermeabili. Ai politici, agli imprenditori, agli intellettuali non importa niente dei nostri ragazzi».

Anche agli intellettuali?

«A loro interessano i 12 che concorrono al Premio Strega. Capisce? Fossi stato l’organizzatore avrei dato un segnale di discontinuità. Invece si continua come in un anno qualsiasi. Accorarsi per lo Strega ora è come lucidare l’argenteria sotto i bombardamenti».

La responsabilità maggiore è della politica?

«Lei ha sentito qualcuno scusarsi con il popolo italiano come ha fatto la Merkel in Germania? Io ho chiesto le dimissioni del ministro Speranza che invece va avanti come se avesse sconfitto il Covid. Un anno fa vedendo i dati dei decessi nelle Rsa mi vergognavo di essere italiano. Adesso continuiamo a dare i vaccini ai trentenni o alle categorie professionali influenti».

Ha scritto un libro intitolato Vulnerabili: la vulnerabilità è la conseguenza della fragilità?

«No. La vulnerabilità è un talento. Ogni grande artista o genio è stato vulnerabile. Gli invulnerabili sono stati Hitler, Stalin e Mussolini».

Perché abbiamo bisogno di eventi tragici per riconoscere i nostri limiti?

«Siamo fisiologicamente egoisti, solo quando ci manca il pane ci svegliamo. È un bene che ci siano i dirupi, altrimenti non ci accorgiamo di niente».

I periodi di opulenza e progresso ci fanno sentire invincibili?

«Onnipotenti, immortali. Guardiamo i giovanotti che prendono lo spritz fregandosene di mascherine e distanze, sono imbecilli nati dal boom economico in poi. Ma la colpa non è tutta loro».

Non sanno cosa sia la sofferenza?

«Non l’hanno mai vissuta. I loro genitori pensano che educare sia togliere dolore».

Riduzione della mobilità, lavoro da remoto, diminuzione dei consumi sono formule della decrescita. L’uomo ne trae felicità o malinconia?

«Per me sono motivo di tristezza. Lo smart working è la più grande fregatura che la Silicon valley poteva regalarci. Credo che quello che ci può salvare, la via d’uscita, sia una maggiore sobrietà».

Come definirebbe la società del lockdown?

«È una via crucis che produce due tipi di comportamento. Da una parte la rabbia, anche sociale, che chi governa dovrebbe studiare in modo approfondito, dall’altra l’immobilità. Perché la paura può produrre una creatività straordinaria, ma può anche paralizzare come il veleno di un serpente».

Qual è il sentimento che ha sostituito i balconi canterini e gli slogan ottimisti?

«L’angoscia. Quando finirà la battaglia dei vaccini – siamo i più lenti d’Europa –  si concretizzerà l’angoscia per la situazione economica. Ora siamo in coma farmacologico: ci somministrano le elemosine, i sostegni, la cassa integrazione, sospendono i mutui. Ma tutto questo finirà. Non so se a settembre Unicredit sarà ancora compassionevole».

Che cosa prevede?

«Dovremo fare i conti con 10 milioni di non dipendenti statali. Si rischierà la guerra civile tra i garantiti, gli insegnanti, gli impiegati dei ministeri e dei comuni, e tutti gli altri».

La pandemia ha creato nuove patologie?

«In generale no. Sono aumentate quelle che c’erano già, depressione, diminuzione dell’autostima, ansia, stati di panico, insonnia, calo della libido».

E nello specifico?

«Sono patologie derivate dall’enorme quantità di ore che passiamo davanti allo schermo per la didattica a distanza, lo smart working, le esigenze private. Ci sono ragazzi che trascorrono anche 10 ore davanti al pc. Già prima del Covid abbiamo conosciuto il fenomeno degli hikikomori. Oggi questa sindrome si chiama online brain e definisce il cervello che funziona in rapporto a uno schermo».

Che sintomi ha?

«Simili alla demenza: perdita di memoria breve, incapacità a concentrarsi, mal di testa, irritabilità, difficoltà a relazionarsi. È una patologia che durerà più della pandemia. Con i vaccini i sintomi del Covid finiranno, invece queste sindromi non cesseranno se non cambieremo il sistema di funzionamento della scuola e del mondo del lavoro».

Perché scrive che dove non è arrivato il virus arriva un male peggiore come la paura?

«Ci sono persone che non escono di casa anche se non hanno il virus. È uno stato d’ansia collettivo, la paura di ciò che si potrebbe subire. Riducendo la nostra vita si riducono enormemente gli stimoli cerebrali. Questo spiega meglio anche la demenza da eccesso di tecnologia».

Dando informazioni non stimola il nostro cervello?

«A chi produce tecnologia non interessa ciò che facciamo dopo che riceviamo le informazioni».

Però ci profila con gli algoritmi.

«E la nostra creatività è morta. Non a caso quando è nato il pc si chiamava terminale. Per i giganti dell’hi-tech il computer è il capolinea, il fine corsa».

Perché in una recente intervista al Mattino di Padova dopo il raid di una baby gang in una multisala ha preconizzato un’estate di scorribande?

«Se si apre il recinto delle pecore non succede niente perché sono mansuete e il cane pastore le tiene in fila. Speriamo tutti di poter andare a mangiare un piatto di spaghetti al mare, ma è evidente che una parte della popolazione da mesi è schiacciata come una molla e ora è pronta a scattare. L’abbiamo già visto l’anno scorso, temo che sarà peggio».

Un autorevole studio di epidemiologi, biologi e statistici prova che la scuola in presenza non trasmette contagi, eppure si continua ad adottare la dad. Con quali conseguenze?

«Devastanti anche a livello affettivo e relazionale, oltre che cognitivo. Un bambino che da un anno non può abbracciare o fare la lotta con gli amici subisce un danno grave. La notizia di quella ricerca produce sgomento in chi, come me e altri studiosi, ha dato l’allarme da mesi. Purtroppo non solo il ministro della Salute, ma anche la comunità scientifica ha dimostrato tutti i suoi limiti».

Virologi ed epidemiologi sono i nuovi oracoli.

«Commentano i bollettini quotidiani analizzando le cellule. Come se non esistessero le emozioni. Nel Comitato tecnico scientifico non sono presenti studiosi della mente e dell’anima».

Un amico mi ha raccontato che suo figlio iscritto alla prima liceo dove si studia in dad prende tutti 2, mentre alle medie aveva la media del 9.

«Non mi sorprende, è un caso che vale come esperimento sociale. Pensi, in proposito, al capolavoro di uno dei maggiori editori italiani che ha avviato un’iniziativa per regalare un tablet a tutti i bambini italiani».

Perché è un errore concentrarsi sugli eccessi dei giovani?

«Perché sono cuccioli di gorilla. Mal educati o non educati».

Deficit di educazione, responsabilità degli adulti?

«Lo segnalo da 30 anni, ho anche creato una Scuola per genitori che ha 36 sedi in tutta Italia. Il deficit di educazione ha ricadute economiche devastanti».

Per esempio?

«Giovani che non studiano come potranno prendere sulle spalle le aziende create dai padri e dai nonni? O le venderanno o le chiuderanno. È una generazione di mantenuti che vivrà grazie all’eredità».

O ai sussidi.

«Com’era quota cento che Mario Draghi ha deciso di togliere e Salvini ha potuto solo incassare. Presto toglieranno anche il reddito di cittadinanza. Credo non ci sia provvedimento più diseducativo che dare del denaro a chi non fa niente».

Cosa pensa delle risse organizzate via social?

«Sono sintomo d’impotenza. Non potendo pensare un progetto di vita, si sfoga la propria aggressività contro il mondo dando botte da orbi, come si diceva una volta. L’orbo è il miope che non vede il futuro».

La stranezza è che sono organizzate.

«È consolatorio sapere che ci sono tanti orbi. Chi ha un’idea, una passione, è da un’altra parte. Un ragazzo che studia per laurearsi non va ad ammazzarsi di botte in piazza».

Come sarà la nostra vita dopo la pandemia?

«Ne scriverò nel prossimo libro che uscirà il 18 maggio da Mondadori e s’intitolerà Oltre la tempesta. Non si potrà fare il copia incolla del 2019, ma non ce lo dicono perché altrimenti cresce l’ansia. Resteranno quote consistenti di vita digitale, mi auguro non eccessive. Provi a immaginare uno scenario che sommi smart working, intelligenza artificiale e robotizzazione e mi dica cosa vede».

Oltre a lavarci le mani e indossare le mascherine, tutti abbiamo un antivirus personale: qual è il suo?

«Scrivo».

 

La Verità, 27 marzo 2021