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La Seconda guerra in un doc migliore di tanti libri

Bisogna essere grati a Pietro Suber per il lavoro che ha portato alla realizzazione di Lili Marlene – La guerra degli italiani, il documentario in onda stasera e domani su Focus, il canale Mediaset al tasto 35 del digitale terrestre e al 414 della piattaforma Sky, a ottant’anni dalla dichiarazione di guerra del 10 giugno 1940. Bisogna essere grati a Videonews che ha dato risorse e tempo necessari per confezionare questo film che andrebbe mostrato nelle scuole, più utile di tanti libri di storia, per far capire davvero chi siamo e da dove veniamo. Il merito di autori e produttori risiede anche nel fatto che in Lili Marlene non ci sono tesi precostituite come quelle che pilotano tanti doc approntati per la narrazione mainstream. Una nota a parte merita anche la scelta felice di alternare grandi pezzi rock con le canzoni d’epoca che abbiamo sentito cantare dai nostri genitori.

Avvalendosi della collaborazione dello storico del fascismo, Amedeo Osti Guerrazzi, e della sceneggiatrice Donatella Scuderi, Suber ha coinvolto fra gli altri l’ex presidente della Repubblica Giorgio Napolitano che si racconta balilla, Eugenio Scalfari che ricorda che tutti gli italiani erano fascisti salvo diventare antifascisti quando il regime cadde, Pupi Avati, che rivela il fremito dal quale è percorso ancor oggi quando sente parlare in tedesco, Dacia Maraini che parla della fame che spinge a mangiare «anche serpenti». La parabola del regime, dalla proclamazione delle leggi razziali alle vendette della Resistenza, è vista attraverso le immagini dell’Istituto Luce e gli occhi di Pierfrancesco Ciano, nipote di Galeazzo, il genero del Duce che fu ucciso dopo che, il 25 luglio 1943, aveva votato per la destituzione di Mussolini. L’autore ha scovato nelle pieghe di alcuni eventi poco frequentati dalla storiografia corrente come la strage di Castro dei Volsci e la tragedia dell’Arandora Star, i racconti di persone scampate ad agguati e sevizie. Tra i quali è difficile isolare quelli più strazianti o le ammissioni più dolorose. Come quella dell’ex capo partigiano Edoardo Succhielli, che con l’uccisione di due tedeschi provocò la cruenta rappresaglia di Civitella Val di Chiana: «La Resistenza non è mica tutta fatta di azioni ben studiate, ben congegnate. Quella fu un’azione sbagliata, noi abbiamo purtroppo portato la rovina in quel paese». O come la storia di Fiamma Morini, ex ausiliaria della decima Mas che si dichiara «fascista dentro», e di Carlo Bretzel, ex partigiano sul Grappa che, messi a confronto, documentano il permanere di una riconciliazione difficile. Testimonianze proposte senza pregiudizi. Da ascoltare e meditare.

 

La Verità, 10 giugno 2020