Il golpetto di Amadeus per Mattarella all’Ariston

Il Cda Rai si preoccupa di non essere stato informato della presenza del presidente Mattarella all’Ariston. Per me è qualcosa che valorizza l’intera azienda Rai e al loro posto direi grazie a qualunque persona abbia fatto in modo che il presidente fosse all’Ariston. Invece di colpevolizzarlo andrei a stringergli la mano». Parole e musica stonate di Amadeus, direttore artistico e conduttore del Festival della canzone italiana. In buona sostanza, i dirigenti Rai dovrebbero ringraziarlo ora che, nei fatti, lui e il suo manager hanno preso il loro posto. Il giorno dopo la trasferta sanremese del presidente della Repubblica i contorni di tutta l’operazione vanno chiarendosi. A tracciare il bizzarro scenario che abbiamo osservato in queste ore sull’asse Ariston-Quirinale concorrono diversi fattori. C’è una Rai priva di un vertice solido e di una catena di comando autorevole e operativa. C’è un Cda, rappresentante del Parlamento, che non sa farsi rispettare, come già visto in occasione della querelle sull’ospitata del presidente ucraino Volodymyr Zelensky (attivata da un pur autorevolissimo giornalista che ha svolto compiti di intermediario in forma privata). C’è un organo di controllo, peraltro da abolire, come la Commissione di Vigilanza, che attende da mesi d’insediarsi. C’è un ubiquo presentatore al quale ormai è stato appaltato mezzo palinsesto Rai, che dirige e conduce la più importante manifestazione culturale del Paese per il quarto anno di fila (arriverà anche il quinto). C’è il suo potente e molto manovriero agente senza il quale sembra impossibile organizzare la kermesse, che pure vorrebbe portarla fuori dal teatro in cui si realizza da sempre, come per altro ripetutamente auspicato dall’altro presentatore di punta del gruppo (Paolo Bonolis), che potrebbe avvicendare quello in carica fino al 2024.

Sono le condizioni del colpo di mano in Viale Mazzini consumato in questi giorni. Parlare di colpo di Stato sarebbe troppo, anche considerando che protagonisti dell’azione che ha portato Sergio Mattarella sul palco dell’Ariston per l’inaugurazione del Festival sono gli uffici del Quirinale e della tv pubblica, due organismi statali. Sarebbe troppo, certo. Ma fino a un certo punto. Lucio Presta, agente di Amadeus, e Giovanni Grasso, consigliere per la comunicazione del presidente della Repubblica, «si conoscono e si stimano da tempo. Ecco perché la trattativa è stata gestita da loro», ha rivelato il conduttore, buttandola sul tenero. L’ad Rai Carlo Fuortes è intervenuto solo nella fase finale. Nessuna parte in commedia hanno, invece, avuto gli altri dirigenti, informati a cose fatte come attestato dalla lettera alla presidente Marinella Soldi dei consiglieri d’amministrazione, infuriati per essere rimasti all’oscuro della laboriosa trattativa. In Rai hanno fatto tutto Amadeus e il suo manager. Che poi ha coinvolto Roberto Benigni, anch’egli della sua scuderia, chiamato per confezionare l’avvertimento della serata al governo in carica. Se volete fare le riforme costituzionali, presidenzialismo e autonomia territoriale, dovrete avere il nostro benestare, quello dei vertici istituzionali e dell’establishment del Paese.

Per recapitare il messaggio si poteva ricorrere anche a qualche violazione del protocollo. Ed è ciò che successo. Lo ha confermato ieri mattina il direttore artistico del Festival tra un’esultanza per lo share da record (drogato dal nuovo sistema di rilevazione, infatti in termini numerici il dato è inferiore all’anno scorso) e un mea culpa per la sbroccata di Blanco. «Grasso e Presta da un anno lavoravano insieme a me affinché questo nostro sogno si potesse realizzare», ha ammesso Amadeus. «Questa operazione, segreta per una ragione di sicurezza, è avvenuta quasi in forma privata, non istituzionale. Il Quirinale ci ha chiesto di non dirlo a nessuno, di tenerlo per noi tre».

Dunque, esautorato il Cda, esautorata la presidente Soldi, esautorato è stato anche il direttore dell’Intrattenimento del prime time, Stefano Coletta. Il quale ha sussurrato: «Non ho partecipato all’operazione, ma quando nell’imminenza ne sono stato informato, sono stato molto contento che avvenisse, molto emozionato». Prima di chiudere, con voce flautata: «Non mi sono sentito sminuito per nulla». Insomma, dopo che il regalo è arrivato, qualcuno, aprendolo, si è molto risentito e qualcun altro ha fatto buon viso anche se chi l’ha scelto non ne aveva i titoli. Così è se vi pare: in assenza di decisioni della politica, le leve di comando della Rai vengono impugnate da chi è più lesto. Nel suo delirio di onnipotenza, Amadeus ha risposto anche al vicepremier Matteo Salvini che aveva criticato la scelta di difendere la Costituzione dal palco di Sanremo e annunciato che sabato non guarderà la serata finale: «Sono quattro anni che se la prende con il Festival: basta non guardarlo», ha concesso il presentatore. «So che sabato vedrà un film, spero sia bello». L’articolo 21 della Costituzione garantisce anche la libertà di telecomando.

 

La Verità, 9 febbraio 2023