La dissonanza di Ferretti: «Sono grato a Berlusconi»
Le premesse sono obbligatorie: «Noi siamo scomodi, cantavamo Spara Juri (Juri Andropov ndr) e oggi non potremmo ricantarla», dice Giovanni Lindo Ferretti, storico front man dei Cccp – Fedeli alla linea, oggi con basette e baffi austroungarici. E poi, parlando della mostra-evento del prossimo autunno (dal 12 ottobre nei Chiostri di San Pietro a Reggio Emilia, per i 40 anni del primo ep Ortodossia): «Sarà bella come la storia dei Cccp, quindi potrà stare sulle palle a molti. Noi abbiamo sempre travalicato i confini della destra e della sinistra».
Il giorno dopo la morte di Silvio Berlusconi, il «gruppo punk filosovietico» tuttora mito di schiere di fan si ritrova a Palazzo Masdoni di Reggio Emilia, ex sede Pci, per annunciare la pubblicazione del catalogo e dare appuntamento a un gala «Punkettone di parole e immagini» (il 21 ottobre, sempre a Reggio Emilia). I Cccp che si rivedono nella vecchia sede comunista fanno gongolare il sindaco Luca Vecchi. Però è impossibile sfuggire alla coincidenza temporale con la scomparsa dell’inventore della tv commerciale e del centrodestra. E allora, sollecitato dal parallelismo tra i quarantennali del punk e del berlusconismo, Giovanni Lindo Ferretti gela gli entusiasmi: «Forse Berlusconi è morto per darci una mano», premette. «Personalmente, devo riconoscere che nell’ultimo anno le uniche parole significative che ho sentito da politici sulla guerra in Ucraina le ha dette lui. So bene che così accontento una parte e scontento un’altra. Ma fosse per me la registrazione di quelle frasi rubate la metterei nella mostra», provoca il fondatore, con Massimo Zamboni, della band. «Difficile negare che con il vertice di Pratica di mare con la Merkel e Bush, Berlusconi ci abbia dato vent’anni di pace e benessere in Europa…».
Nessuno replica e così si può parlare della mostra-evento i cui ideatori sono soprattutto Zamboni e Annarella Giudici, quest’ultima quasi come «un’esecutrice testamentaria dei Cccp… Io e Danilo Fatur non avremmo voluto essere qui», prosegue Giovanni Lindo. «Quando me ne hanno parlato ho detto: “Aspettate che io muoia e sarete più liberi”. Ma lei ha sistemato tutto e l’idea di allestirla nei Chiostri di San Pietro ha finito per convincermi». Un grande appuntamento con la storia di questo «gruppo teatrale primitivo che abusava della musica» e che, come primo atto dell’esibizione, tirava un filo spinato tra il palco e il pubblico: «Noi dovevamo salvarci la vita mica scalare le classifiche», spiega Ferretti in una frase qual era la temperie dell’epoca.
Quarant’anni dopo non si parla di reunion, sia perché non si sono mai sciolti, sia perché rifare i Cccp ora sarebbe problematico oltre che caricaturale. «Io sono la donna della famiglia e in una famiglia a un certo punto ognuno va per la propria strada», osserva Annarella Giudici. «Poi a Natale e Pasqua ci si ritrova come per allestire questa mostra». Che partirà dall’incontro di due ragazzi di Reggio Emilia a un festival nella Berlino d’inizio anni Ottanta che si chiamava «Geniali dilettanti». «La somma delle ambivalenze è sempre stata la nostra caratteristica», sottolinea Zamboni. Le formule statiche non hanno mai appartenuto ai Cccp e ora gli sconfinamenti di Ferretti fanno meno obiezione ai suoi compagni che ai giornalisti specializzati. «Conferma che gli antifascisti di seconda e terza generazione la fanno sorridere come disse in un’intervista?», gli chiedono. «C’è una disciplina di gruppo e la mia voce non è così libera come quando sono da solo. Ma è giusto così. Mio fratello a 14 anni si è iscritto di nascosto alla Fgci in questo palazzo. Ma tra il Pci della mia adolescenza che io venero e la sinistra di oggi c’è una cesura enorme. Da figlio di una famiglia cattolica, reazionaria e antifascista, vedere certi antifascisti contemporanei mi fa incazzare. Togliatti ha decretato la fine della guerra civile parecchi decenni fa».
La Verità, 14 giugno 2023