Trevisan: «Sono rinchiuso, ma non so perché»
La grata a maglie larghe davanti al plexiglas sa di reclusione. Dentro il finestrone spunta Vitaliano Trevisan. Magro, barba lunga, occhiaia grigie. Il reparto di psichiatria è un’area separata dell’ospedale di Montecchio Maggiore (Vicenza). Sessant’anni, scrittore, drammaturgo, saggista, attore, Trevisan è qui perché qualcuno ha chiesto che fosse sottoposto a un Accertamento sanitario obbligatorio (l’acronimo è Aso). Sabato scorso i carabinieri di Crespadoro, il paese del vicentino dove risiede, lo hanno convocato per notificargli il provvedimento firmato dall’ex sindaco, Emanuela Dal Cengio. Questa è la procedura. È salito su un’auto del 118 ed è stato portato all’ospedale di Vicenza. Lunedì lo hanno trasferito qui. La notizia l’ha data lui sulla sua pagina Facebook: «Prigioniero, da domenica in psichiatria. Resisto». E poi: «Per accertare la mia sanità mentale possono tenermi recluso 15 giorni. In teoria potrei chiedere di andarmene, essendo l’accertamento non coercitivo, ma, se lo facessi, come mi è stato fatto chiaramente intendere, rischierei il Tso (Trattamento sanitario obbligatorio). Perciò resterò in osservazione». Il documento è stato firmato da uno psichiatra, secondo Trevisan e molto verosimilmente, su richiesta della sua compagna.
Appresa la notizia, gli ho scritto su whatsapp. Per qualche ora al giorno gli è consentito usare il cellulare. «Vuoi venire su appuntamento o attraverso plexiglas?». «Come si fa nel modo più rapido». Ora eccoci qui, in piedi. Io fuori, lui dentro. Il dialogo è difficile, anche per ragioni acustiche. «Posso uscire dal retro a fumare una sigaretta. Se fai il giro del palazzo, ci vediamo all’aperto», suggerisce. Sul retro c’è un piccolo spazio recintato da pareti metalliche traforate, alte tre metri. Un paio di pazienti fumano seduti su una panca e chiacchierano con un’infermiera. Trevisan rolla il tabacco e si avvicina, cappuccio calato sulla pelata.
Cos’è successo, Vitaliano?
«È una faccenda molto complicata».
S’intuisce.
«La mia ex compagna ha deciso di accertare la mia sanità mentale».
Ex?
«Dopo questo fatto, sì».
Il motivo?
«È un’insegnante divorziata e antivaccinista».
Una no-vax?
«Insomma… Dovevamo sposarci, avevamo trovato anche la casa. Il marito da due anni e mezzo non le paga gli alimenti. Ma adesso, con il clima che c’è, può chiedere l’affidamento dei due bambini. E lei è terrorizzata. In sintesi, la storia è tutta qui».
Trevisan è asciutto, niente piagnistei. Rabbia sì. Bestemmie anche. La sigaretta si spegne, si allontana per riaccenderla.
È vaccinato?
«E cosa c’entra questo? Sono cazzi miei».
Lo dico in relazione ai bambini.
«Sono cazzi miei. Adesso sono qui».
Dovevate sposarvi in Toscana?
«Sì. Il marito è lì, per facilitare tutto con i bambini… Questa che vede era la fede di mio nonno, ne ho fatta fare una copia uguale per lei».
La sigaretta si spegne di nuovo. «Si porti l’accendino», butto lì. «Non si può». Intanto, dal reparto sbuca un’infermiera che lo invita a rientrare. Può fumare, ma non fermarsi a parlare con me all’esterno, anche se siamo separati dalla massiccia cancellata: «Me l’ha confermato anche il medico», sottolinea. Ci ritroviamo davanti al plexiglas con grata.
Com’è possibile che una persona estranea com’era finora la sua compagna possa chiedere un Aso per lei?
«Formalmente è stato presentato da un medico psichiatra. Durante il lockdown mi ero trasferito vicino a lei. Per aiutarla con i bambini, portarli a scuola… Ho preso domicilio in Toscana. Poi sono caduto in depressione, ne soffro da sempre. Ho iniziato le cure. La situazione si stava risolvendo. Ero seguito da uno psicologo, un naturopata e uno psichiatra che mi ha prescritto due farmaci molto blandi. Non come qui…».
Però è deciso a restare.
«Sì».
L’istanza è stata qualcosa d’inatteso?
«Quando sono tornato a Crespadoro non sono più riuscito a parlare con i bambini. Lei mi diceva di andare lì per vedere che stavano bene. Ma davanti a casa trovavo un’auto dei carabinieri di guardia, come se fossi uno stalker. Un po’ alla volta si è tutto incasinato».
Se una donna divorziata si risposa non per questo le tolgono i figli, a meno che non manifesti altre problematiche.
«Come ho detto, la situazione è molto complicata. Lei è di Trani. La sua famiglia preferiva che restasse sposata con il marito, pugliese anche lui. Per evitare che si irritassero sia il marito che la famiglia avevo preso una casa per conto mio. Solo ultimamente ero andato a convivere».
Continuo a non capire cosa c’entri la richiesta di Aso per lei. Forse la sua compagna poteva temere che, non vaccinandosi lei e i bambini, qualche giudice potesse contestarle la mancata cura dei figli?
«Lei non è antivaccinista per qualche strana impuntatura. Nel suo sangue e in quello dei bambini c’è un gene a causa del quale la vaccinazione è pericolosa. Sia la famiglia che la scuola approvano la sua scelta».
E quindi?
«Temendo di perdere l’affidamento dei bambini si è spaventata e ha perso la testa. Togliendo di mezzo me, toglie di mezzo un elemento di turbativa che irrita tutti. Questa è la spiegazione che mi do io da qui».
Potrete riconciliarvi?
«Non so. Lei mi accusa di essere violento, anche se non se ne parla nel testo del provvedimento. Però sono io che devo dimostrare di non esserlo».
Una volta nei processi, e qui non c’è una denuncia, l’onere della prova spettava all’accusa.
«Comunque è un’accusa totalmente infondata e indimostrabile».
Come si difende?
«Nella mia fedina penale non c’è traccia di comportamenti violenti. Non ho mai sfiorato una donna. Però, per come funziona la legislazione oggi, sono io a dover dimostrare di non essere violento. Nel clima di oggi, se una donna accusa un uomo, si è subito portati a crederle. Provi a vedere cosa succede se sua moglie dice che è violento…».
Cosa fa qui dentro? Riesce a lavorare, a leggere?
«Dovrei consegnare il nuovo libro a Einaudi entro il 30 ottobre. Ma mi vede? Vede come sono messo?».
Ci salutiamo. I nostri palmi delle mani si stampano sul plexiglas.
Un autore totale che ha fatto cento mestieri
Nato a Cavazzale (Vicenza) il 12 dicembre 1960, Vitaliano Trevisan è uno degli scrittori più solitari e talentuosi della sua generazione. Scrive romanzi, come I quindicimila passi (Einaudi) premio Campiello Francia 2008, saggi come Tristissimi giardini (Laterza), testi teatrali come Una notte in Tunisia, interpretato da Alessandro Haber, o Il delirio del particolare (in cartellone nella stagione in corso allo Stabile del Friuli Venezia Giulia). Attore a sua volta per il teatro, il cinema e la televisione, il suo ultimo libro è Works (Einaudi), «un mémoire centrato sul tema del lavoro», come l’ha definito, intervistato dalla Verità. Perché, prima di affermarsi come autore totale, Trevisan ha fatto il manovale, il muratore, il costruttore di barche a vela, il gelataio in Germania, il portiere di notte…
La Verità, 10 ottobre 2021