Arbore: «Non è una tv ad Alto gradimento»
Come una madeleine di gioventù, se ancora oggi, trascorso mezzo secolo, rimbalzano nell’aria le note del rock and roll che annunciava Alto gradimento, una scarica di euforia si propaga a tutto il corpo. Il programma che Renzo Arbore e Gianni Boncompagni condussero dal 7 luglio 1970 al 2 ottobre 1976 su Radio2 è stata la più dirompente, anticonformista ed eversiva trasmissione dei nostri migliori anni. Perciò, per estensione nient’affatto iperbolica, la più bella di ogni tempo e luogo. Eccoci al telefono con Arbore dalla sua casa romana, lo studio di Striminzitic show, il programma che conduce con Gegè Telesforo nella notte di Rai2.
Quale fu la scintilla di Alto gradimento fra lei e Boncompagni?
Lo vuole sapere? Ero appena stato caciato da Per voi giovani che avevo inventato io. Il direttore della radio, Giuseppe Antonelli, allargò le braccia, affranto: «È stata una scelta politica».
Di chi?
Dei cattocomunisti che allora sembravano dover dominare.
Nomi?
Non posso, alcuni sono morti.
La scintilla?
Boncompagni veniva da Chiamate Roma 3131, ideato da Luciano Rispoli. Per la prima volta, il telefono era a disposizione del pubblico, ma presto era diventata una radio del dolore…
Le rispettive cacciate vi accomunarono?
Dissi a Gianni: «Tu vieni dalla radio del dolore e io sono stato mandato via, ma il direttore ha promesso di aiutarmi». Così pensammo a un programma di risate. In quegli anni di ideologie e terrorismo ridere era vietato. Perciò, andammo da Antonelli e gli proponemmo Musica e puttanate.
E lui?
«Con questo titolo non può passare, inventatevene un altro». Siccome io prediligo i titoli negativi, tipo Indietro tutta o Meno siamo meglio stiamo, pensai Basso gradimento, che Gianni corresse con Alto. C’erano Giorgio Bracardi e Mario Marenco, fuoriclasse assoluti. Il programma esplose.
Se dovesse sintetizzare con un episodio quella follia?
Ricorderei il colonnello Buttiglione, che diventò subito un simbolo. Il fatto è che Buttiglione esisteva davvero e non ne poteva più di essere apostrofato per strada. Ci chiamò il ministero dell’Interno per chiederci di modificare lo scherzo. Così nacque il generale Damigiani.
Un altro ricordo?
Andai dai segretari di partito per chiedere la licenza di sfottò: furbamente me la concessero tutti.
Nella sigla finale di Indietro tutta, con sapido doppiosenso cantava «vengo dopo il Tg»: ora Striminzitic show viene dopo che cosa?
Purtroppo viene durante. Ho constatato che la seconda serata è defunta in quanto la prima, cominciando tardi e prolungandosi per far lievitare lo share, salta direttamente alla terza. Qualche sera fa ho perso l’inizio di Striminzitic per vedere come finiva Fuga da Alcatraz.
E quando ha girato su Rai2 Telesforo e Arbore erano già avanti.
Esatto, ma mi consolo perché il nostro show è seguito dagli «arborigeni» ed è molto apprezzato sui social.
Il meglio arriva late?
Come in America, dove ci sono i Late night show. Senza snobismi, è un tipo di televisione che conta sul pubblico più acculturato perché non si deve svegliare alle 5 di mattina. L’importante è che non sia too late, troppo tardi.
L’amministratore delegato della Rai Fabrizio Salini dice che vuole ripristinare la seconda serata.
Speriamo, ma se non si mettono d’accordo tutti, Rai, Mediaset, La7 eccetera, non se ne farà niente. Senza presunzione, la seconda serata l’abbiamo inventata nel 1985 io e Giovanni Minoli, allora capostruttura di Rai2. Alle 23 c’era il monoscopio, non a caso il programma s’intitolò Quelli della notte.
La seconda serata era la palestra dei nuovi autori.
Infatti, sono scomparsi. La carenza di oggi è proprio l’assenza di autori e talenti per la tv leggera.
Salini vuole anche ridurre l’influenza degli agenti esterni.
È una bella battaglia perché loro conoscono molto bene il cosiddetto prodotto.
Colgo una certa ironia.
Appartengo alla generazione che parlava di programmi più che di prodotti. Gli autori erano Antonello Falqui, Enzo Trapani, Corrado, Pippo Baudo… Ora si rincorrono i format stranieri.
Pochi autori bravi, agenti influenti e società di produzione esterne sono i lati della tv di oggi: la Rai è uno scheletro?
Se ci si affida alle produzioni esterne è difficile recuperare quelle interne. Anche perché, di grandi tecnici Rai ne sono rimasti pochi. E quei pochi se ne vanno, com’è accaduto con Eleonora Andreatta, per tanti anni capo della fiction. I veri inventori di programmi sono rari. L’intrattenimento è il genere che si è meno rinnovato e il pubblico ricorda ancora Raffaella Carrà, Mina e i grandi show della tv senza tempo. Il contrario della fast tv di oggi.
Per questo in Striminzitic show estrae dal suo archivio chicche da far invidia alle Teche Rai?
Non ho voluto se non qualche piccola citazione di Indietro tutta e Quelli della notte. In tanti anni ho creato parecchi format, perciò posso pescare dal repertorio meno sfruttato. Poi ci sono i filmati fatti con telecamere e telecamerine che mi sono sempre portato dietro quando m’invitavano come ospite o in certe incursioni stradaiole. Infine, c’è internet: con un click passi da un blues d’annata a Walter Chiari. È una miniera di cui solo Roberto D’Agostino ha colto le potenzialità.
Lei è stato il primo a raccogliere la provocazione di Pupi Avati a fare del lockdown un’occasione teleculturale: è un’intesa tra amanti di jazz?
Io e Pupi siamo amici, certo. Entrambi abbiamo constatato che i millennials non conoscono il nostro cinema migliore. Quello del neorealismo e della grande commedia che ebbe successo in tutto il mondo perché era pieno di idee.
Ci vorrebbe un Per voi giovani del cinema?
Se pensa che non conoscono Miracolo a Milano, La grande guerra, Umberto D., Le vacanze intelligenti di Alberto Sordi… Adesso per fortuna Cine 34 qualcosa ripropone.
Ha guardato molta tv durante il lockdown?
Moltissima. A Natale avevo avuto la bronco polmonite perciò sono entrato in clausura in anticipo. Ne ho approfittato per ordinare l’archivio e l’angolo della casa da dove con Gegè trasmettiamo lo show con due sole telecamere. Noi che abbiamo visto la guerra e il dopoguerra non ci scoraggiamo, ma quando leggo certi paragoni…
Cosa pensa?
Che allora c’erano il buio, la fame, il freddo, non c’era il riscaldamento. E manco la radio.
Chi le piacerebbe riportare in televisione?
Adriano Celentano, il protagonista dello spettacolo del Novecento e anche del Duemila.
L’ha visto su Canale 5? Anche lui ha bisogno di autori?
Sì, ma è sempre originale. Credo sia giusto si faccia conoscere dai giovani come artista, cantante, attore. Lui e Mina sono i più grandi, lui ha fatto anche film che andrebbero riletti, come Joan Lui…
Puntualmente stroncato dalla critica.
Ma pieno di novità. E l’altro, Juppy Du: andrebbe studiato a scuola. Prisencolinensinanciusol è stato il primo rap al mondo.
Ha riproposto un Benigni ballerino sulle note di un brano di Elvis Presley. Le piace il Benigni esegeta e pedagogo?
Roberto ha arricchito il suo umorismo istintivo con la ricerca culturale. A me piaceva molto Tuttobenigni. È un talento straordinario, come abbiamo visto al cinema anche insieme a Massimo Troisi. Gli auguro di trovare un altro film di grande successo che ci faccia sorridere e pensare.
Chi può reggere il confronto con lui?
Forse Checco Zalone, passato anche lui dal cabaret al cinema.
Tra i giovani vede qualcuno che si avvicini a Marenco, Bracardi, Riccardo Pazzaglia, Nino Frassica, D’Agostino, Maurizio Ferrini?
Che improvvisi come loro no. Noi eravamo jazzisti della parola, oggi prevale il pop. Quella razza di improvvisatori è in estinzione.
È vero che era l’incubo di Baudo?
Sono malignità di Antonio Ricci. Siamo diversissimi, ma siamo amici e «conterroeni».
Lei era socialista e lui democristiano.
Simpatizzavo. Anche Craxi aveva simpatia per me. Una volta mi fermò e mi disse: «Non ho capito se mi vuoi bene o mi sfotti».
E lei si guardò dal risolvere il dubbio?
Votavo repubblicano, ma nella stagione della Milano da bere, con Craxi che era appassionato d’arte e di canzoni c’era un rapporto di cordialità.
Il presidente Mattarella è riuscito a procurarsi un televisore funzionante per vedere il suo show o è rimasto ostaggio di protocolli e gare d’appalto?
(Ride) Ha ancora il televisore di Pertini. È amabilissimo il presidente nell’accettare le nostre facezie…
Che cosa le dice il fatto che il portavoce di Palazzo Chigi sia un ex concorrente del Grande fratello?
Abbiamo visto tanti talenti cresciuti nei villaggi turistici, non mi pronuncio.
Tra migliaia di gadget possiede una statuetta di Abramo Lincoln: cosa pensa della profanazione del suo monumento a Washington come manifestazione di antirazzismo?
Sono profondamente antirazzista. Però profanare i monumenti, come quello di Montanelli che mi onorava della sua amicizia, o altri, è una deformazione di opinioni politiche momentanee che disapprovo.
Panorama, 1 luglio 2020