Ritchie e Hardy ci portano nella Londra di MobLand
Il racket che ramifica nei bassi di Londra è gestito da due potenti famiglie che tramano nell’ombra senza mai eccedere. Gli Harrigan, aristocratici di campagna, controllano il traffico d’armi, e gli Stevenson, padroni del mercato degli stupefacenti, manovrano nei pub della dissoluzione. La fragile spartizione malavitosa va a rotoli quando i primi sbarcano nel business del Fentanyl, invadendo l’area di competenza dei rivali, ma soprattutto quando, dopo una notte brava, uno dei due rampolli di famiglia sparisce. Tocca a Harry Da Souza, un credibilissimo Tom Hardy, risolutore degli Harrigan, provare a salvare capra e cavoli e, magari, anche il suo vacillante matrimonio.
È la trama di MobLand, serie anglo americana in nove episodi di Paramount+, creata da Ronan Bennett, scritta con Jez Butterworth e prodotta e diretta (nelle prime puntate, una ogni venerdì) da Guy Ritchie. Il quale, dopo The Gentlemen, è ormai riconoscibile per l’estetica con la quale riesce a rendere le dinamiche criminali più complicate. Qui, anche grazie all’ottima sceneggiatura, mischiando felicemente le atmosfere eleganti di Downton Abbey con le cupezze di Gomorra. Aristocratici e manovalanza, capimafia e perdenti. Il ceto medio non esiste, con la sola eccezione di Harry, non a caso sempre a rischio sopravvivenza. Il tutto proposto al netto di moralismi e senza spruzzi di wokismo (che invece ammorbano le produzioni di altre piattaforme), ma con buona padronanza degli intrecci, del ritmo narrativo e dei dialoghi, sempre affilati. Prova dell’ulteriore salto di qualità di Ritchie e del suo team viene anche dal cast di attori via via più prestigiosi che riescono ad attrarre.
Al centro dell’intrigo, come detto, si trova il risolvi problemi di Hardy, con le sue rughe e la sua camminata sbrigativa. Ricadono su di lui le magagne provocate dai figli viziati delle due dinastie e le conseguenze delle ambizioni sconsiderate del turpe capoclan Conrad Harrigan, un Pierce Brosnan agli esordi da cattivo, teleguidato dalla cinica Maeve, una Helen Mirren in ottima forma. Credibili anche i personaggi secondari, dall’antagonista Richie (Geoff Bell) alla moglie di Harry (Joanne Froggatt). Man mano che le situazioni si complicano e la tensione lievita, il risolutore guadagna in fascino facendo sparire cadaveri, cancellando video di sorveglianza compromettenti, costringendo a confessioni che scagionano i suoi, rintuzzando attentati, schivando seduzioni pericolose e disertando sedute di coppia dalla psicanalista senza mai scomporsi troppo. Perché, in fondo, è solo il suo mestiere.
La Verità, 14 giugno 2025