Fazio, Gruber e lo spettro fasullo del fascismo
Domenica l’altra, presentando il sindaco di Riace Domenico Lucano, anziché dire che lo aveva invitato perché faceva notizia, Fabio Fazio ha spiegato che Che tempo che fa propone «una tv inclusiva». Chissà che cosa ne pensa uno come Morgan, cancellato da tutti i programmi faziani, Festival di Sanremo compreso. Oltre all’immancabile Carlo Cottarelli, con il suo cachet immune dalla spending review di Viale Mazzini, l’altra sera Fazio ha incluso Andrea Camilleri e Lilli Gruber (Rai 1, domenica ore 20.35, share del 14.7%). Dopo la promozione del monologo teatrale su Tiresia, l’autore del Commissario Montalbano si è detto confortato dalla cecità che gli risparmia di «vedere certe facce ributtanti che seminano odio». Il riferimento era a Matteo Salvini perché arrivava dopo un inserto in cui, presentando l’istituzione di una Commissione parlamentare contro l’intolleranza e il razzismo, la senatrice a vita Liliana Segre esortava a «lavorare contro la fascistizzazione del senso comune, che sta appena un gradino sopra quell’indifferenza che 80 anni fa ha coperto di vergogna l’Italia fascista». A tutti – Fazio, Segre e Camilleri – suggerirei timidamente la lettura dell’editoriale del Corriere della Sera di ieri di Paolo Mieli, storico, oltre che ex direttore di quello stesso giornale: «Si può dissentire da ognuna delle misure prese in questi mesi dal governo Conte. In molti, moltissimi casi sarebbe persino doveroso reagire. È altresì necessario esprimere queste critiche nei modi più espliciti ed energici… Ma», scrive Mieli, introducendo una corposa carrellata di accuse di fascismo, «è quasi sempre sbagliato evocare – per dar forza a discorsi del genere – il ritorno di un regime fascista». A corroborare l’artificioso discorso, Fazio e i suoi ospiti hanno enfaticamente citato la strage nella sinagoga di Pittsburgh, dimenticando al contempo la ben più prossima sevizia mortale di Desirée Mariottini nel quartiere di San Lorenzo a Roma.
In chiusura di serata Lilli Gruber è venuta a presentare il suo libro, L’inganno, sul Sudtirolo laboratorio della strategia della tensione. Un’intervista molto recitata. «Quali sono le implicazioni che ha una storia apparentemente lontana con il presente?», ha chiesto tutt’altro che ingenuamente Fazio, innescando il comizietto in trasferta della conduttrice di La7. «Vedo una voglia di tornare indietro, una voglia di muri, un concetto di identità che è quasi antistorico», ha incalzato Lilli prima dell’accorato appello finale: «Fabio, io sono molto preoccupata per la tenuta della nostra Europa… Vogliamo un po’ di bene a quest’Europa».
Non sarà che la tv inclusiva faziana è un filino strabica, per non dire militante?
La Verità, 30 ottobre 2018