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Anche Prime video si ferma alla tv delle celebrity

Metti un parterre di vip e rovini una bella idea come quella di Dinner club, sei episodi della prima stagione visibili su Prime video. L’idea sono delle scorribande su e giù per lo Stivale alla ricerca di piatti tipici, profumi e ricette genuine. Si viaggia sempre in coppia, con mezzi di trasporto strani, un battello per solcare il Po fino al delta, un camper per attraversare Puglia e Basilicata, una Pontiac cabrio nel sud della Sardegna. Carlo Cracco, capo della ciurma, fissa le regole del gioco e guida agli incontri con i genius loci che spiegano storia e segreti delle prelibatezze popolari. A ogni episodio, il superchef accompagna uno dei sei vip – Fabio De Luigi, Luciana Littizzetto, Diego Abatantuono, Pierfrancesco Favino, Sabrina Ferilli e Valerio Mastandrea – che poi ha il compito di riproporre al resto della tavolata i piatti assaggiati in giro per l’Italia. È immediatamente intuibile che la riuscita degli episodi dipenda dalla simpatia del partner di Cracco. Per dire: il surrealismo di De Luigi è un discreto ingrediente per assaporare il risotto al parmigiano con salama da sugo, mentre il turpiloquio berciante e gratuito della Littizzetto rendono indigesto anche il promettente caciocavallo di Altamura. Incontri e dialoghi con pastori, pescatori, contadini hanno un sapore ruspante come la «minestra con casu ’e fitta» di Sadali in Sardegna, con annesso rituale anti malocchio a opera della nonna ultranovantenne. È quando si torna nel living di campagna con attori e attrici che la sensazione di falso costruito copre tutti i sapori. Il cazzeggio finto improvvisato dovrebbe servire ad allargare la platea, ma si rischia l’effetto contrario. Per fare audience servono i volti noti. È questa la filosofia dei format ad alto budget di Prime video? Far fare cose diverse ai soliti noti che già imperversano quotidianamente in tutte le salse? L’abbiamo vista realizzata in Celebrity hunted e in Lol: chi ride è fuori e, proprio per l’artificiosità delle situazioni, non ha particolarmente entusiasmato. Chissà perché dobbiamo continuare a dipendere dalle gesta delle celebrity anche uscendo dalle tv generaliste. Dove, peraltro, pure le sorti del Grande fratello vip cominciano a mostrare l’obsolescenza della formula. Sarà che siamo ancora immersi in una situazione particolare, sta di fatto che l’esibizione dei vip inizia a scatenare reazioni allergiche. Soprattutto perché c’è il sospetto che questo tipo di televisione sottenda un’idea mortificante del pubblico. E perché da una piattaforma come Prime video ci si aspetta molto di più.

 

La Verità, 28 settembre 2021

«Balalaika», il varietà di calcio venuto male

Un calderone. Un carrozzone. Un mischione venuto male. Con gli ingredienti non amalgamati. Balalaika – Dalla Russia col pallone è il programma di punta di Mediaset per i Mondiali 2018. Va in onda su Canale 5, alle 22, dopo i match più importanti che spesso superano il 30-35% di share (oltre 7 milioni di spettatori). Eppure l’audience precipita al 12% (2 milioni). Lo share non sempre è un test sulla qualità del programma in questione. Però se si perdono milionate di telespettatori, qualcosa vorrà dire. Alla presentazione del palinsesto, Pier Silvio Berlusconi aveva parlato di «Mondiali allegri e brillanti» e si era subito immaginata una formula che rifuggisse le analisi seriose e compiaciute di certi sacerdoti del pallone o di altri narratori dell’estetica sportiva. Si era anche intuita la strizzata d’occhio al pubblico femminile, da richiamare davanti alla tv dopo i match, esclusiva maschile. Dunque, la formula scelta è: calcio e belle figliole. L’alchimia, però, non è riuscita. Lo studio costruito a mo’ di agorà, con ospiti e opinionisti disposti in modo circolare, funziona se esiste un centro dotato di carisma e competenza. Invece, reduce da Quelli che il calcio e da ’90 Special, Nicola Savino è un surfista della scaletta, specialista nel cazzeggio. Quanto all’effervescente Ilary Blasi non può essere lei a conferire spessore al discorso. Nella prima puntata, l’incursione di Gerry Scotti, ricordata per una battuta borderline su Belén Rodriguez, una delle tante, giocava su questo – «Confalonieri mi ha mandato per verificare se qui c’è qualcuno che capisce di calcio…» – innescando una gag per sbeffeggiare Savino. Nella serata dopo Brasile Svizzera si sono smussati alcuni eccessi. Ma per ora non sembra che Mediaset sia riuscita a indovinare la formula del varietà postpartita. Non si tratta di aggiungere seriosità, ma di trovare un equilibrio, un baricentro attorno al quale sviluppare un discorso fruibile, senza continue sovrapposizioni di commenti, battute, risate, ritardi di linea per i collegamenti via satellite. Invece, Balalaika è un patchwork con troppi sapori, tutti accennati. Troppi ospiti, troppi commentatori che non hanno spazio adeguato e non dialogano tra loro. Troppa comicità, da quella abrasiva della Gialappa’s band a quella lunare del Mago Forest a quella sardonica di Diego Abatantuono, camuffato da lenti a contatto azzurre. E poi mimi, imitatori, contorsionisti. Si lavora per accumulo, aggiungendo componenti alla ricetta, che invece di accontentare tanti palati rischia di non soddisfarne nessuno.

La Verità, 19 giugno 2018

Se Lucarelli dovesse giudicare il suo programma…

Evidentemente ci credevano parecchio. Da giorni su La7 era in corso il countdown che avvertiva il ridursi dell’attesa che separava dalla messa in onda. Meno tre, meno due, uno… Anche le vistose paginate di pubblicità sui quotidiani con il poker composto dai giurati e dal presentatore, più ridanciani che mai, indicavano che l’appuntamento, deciso prima della nomina a direttore di Fabrizio Salini, era Eccezionale veramente. Nel frattempo Piazzapulita di Corrado Formigli era stata spostata al lunedì, non si sa con quanto piacere del conduttore. In termini di audience il risultato non è stato pessimo: nella serata di Don Matteo e dell’edizione speciale delle Iene (spostate occasionalmente dal martedì), il 3,73 per cento (854mila spettatori) ci può stare. Oltre gli ascolti, la nota lieta della serata è arrivata dalla partecipazione di Renato Pozzetto nel ruolo di quarto giudice, un gigante in trasferta, lapidario e fulmineo nei giudizi. Purtroppo è tutto il resto che non gira: la giuria, lo studio, il livello delle gag abbastanza modesto, il pubblico che applaude in continuazione, stimolato da Gabriele Cirilli che lodevolmente si sfianca per convincersi e convincere che siamo di fronte a “un contest” di qualità; che sono stati visionati “più di 500 provini” (o erano “seicento”, o “quasi mille”); che il premio finale di 100mila euro e due anni di contratto con la Colorado Film di Diego Abatantuono è astronomico; che vedremo prove di “comicità trasversale, dalla barzelletta allo stand up”; che il livello è alto; che la giuria è quanto di meglio, autorevole e competente, severa ma equa eccetera.

Ecco, la giuria. Del capitano, il mitico Diego, va apprezzata l’umiltà di mettersi in gioco in prima persona per il suo marchio storico. Il suo impegno diretto ha tutta l’aria di essere una condizione imprescindibile per la realizzazione del progetto e l’inaspettato buonismo con cui ha valutato i concorrenti sembra un grande sforzo per dare plausibilità a tutta l’operazione. Purtroppo, proprio questo buonismo la rende poco credibile. Il colpo di grazia alla credibilità, che per un nuovo format è tutto, arriva invece da Paolo Ruffini. Può Ruffini giudicare il talento e le esibizioni comiche di qualcuno? Infine, Selvaggia Lucarelli, giornalista che porta in giro la sua fama di bella ma carogna, blogger, maitre à penser del gossip, giurata di Ballando con le stelle con all’attivo collisioni dialettiche con Asia Argento, Morgan, Enrico Papi e Platinette. Bene: nove volte su dieci concordavo con le sue bocciature. Perciò, la domanda sorge spontanea: se fosse una giurata televisiva (non c’è due senza tre), applicando il suo abituale metro di giudizio, Lucarelli promuoverebbe Eccezionale veramente o pigerebbe sull’emoticon con le labbra all’ingiù per far sospendere immediatamente il programma?