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«Le donne vere vittime del neofemminismo»

Irrequieta e dinamica, Annina Vallarino ha cambiato spesso città: Genova, Bologna e Milano, poi Londra, dove ha conseguito il master al London college of communication, e ora il sud della Francia. In mezzo a tanti spostamenti, il suo centro di gravità è il lavoro di editor e la scrittura con una predilezione per le questioni femminili. Ha appena pubblicato Drama (Neo edizioni), il suo primo romanzo e, subito dopo, il saggio Il femminismo inutile. Vittimismo, narcisismo e mezze verità: i nuovi nemici delle donne (Rubbettino editore).
Come mai un titolo così controcorrente?
È un titolo che, molto umilmente, si rifà a Il sesso inutile, scritto da Oriana Fallaci nel 1961. Esprime il mio pensiero sul neofemminismo odierno: dannoso e quindi inutile.
Che cosa le ha fatto fare una simile follia?
Ho vissuto a lungo a Londra e visto da vicino l’evoluzione del neofemminismo. Ho letto saggi critici inglesi, americani, francesi, ma nessuno osava proporne uno per il pubblico italiano. Così, l’ho visto come una necessità. Poi ho incontrato i dirigenti della casa editrice Rubbettino…
Le neofemministe sono il suo movente?
Il conformismo paralizza il pensiero. Se una donna dice qualcosa che non rientra nel canone prestabilito è considerata una traditrice. Da post-femminista ritengo necessario guardare avanti, mentre su molti fronti stiamo assistendo a una regressione culturale.
È per questo che alcune neofemministe sostengono che «non è un bel momento per essere donne»?
No. Lo dicono perché serve a creare l’«esercito di spaventate». Il catastrofismo rimpolpa le platee di lettrici e di seguaci. Questo non significa che non ci siano problemi reali, ma da qui a dire che siamo una classe di oppresse c’è un oceano.
L’arma principale di questo movimento è il vittimismo?
Essere vittime rende intoccabili e innocenti. Oggi è impossibile attribuire una pur minima corresponsabilità anche alla vittima. Una volta si diceva «se l’è cercata», oggi per fortuna non più. Ma siamo precipitati nell’atteggiamento opposto: se si danno consigli di prudenza alle ragazze scatta subito l’accusa di victim blaming. Niente discernimento, parlare di prudenza equivale a colpevolizzare le ragazze.
La vittima ha ragione a priori, se poi è donna ha un potere illimitato: perciò sembra che le donne abbiano solo diritti?
Si dà sempre ragione ai bambini capricciosi e ai matti. Le neofemministe sentenziano che una donna non può criticare un’altra donna. Ma è un approccio regressivo che nega alle donne lo status di persone e individui completi, prima che di donne.
La vittimizzazione è un metodo di affermazione: «soffro quindi esisto». Cosa pensa delle interviste con la rivelazione incorporata del trauma infantile o adolescenziale patito?
In inglese si chiama oversharing, eccesso di condivisione. Oggi l’eroe è chi condivide il trauma con il pubblico non colui che svela come l’ha superato. Per questo racconto la storia di Samantha Geimer, la ragazzina tredicenne violentata da Roman Polanski che si è stancata del ruolo di vittima nel quale i media l’hanno imprigionata. Dice: ok, mi è successo, ho sofferto, ma sono ripartita. Le neofemministe la considerano una «povera inconsapevole».
Oltre a quella rappresentata dalle tante donne al potere, anche questa è femminocrazia?
La soluzione alla maschiocrazia non è certo la femminocrazia. Abbiamo bisogno di politici bravi e capaci che parlino a tutti. Le donne devono entrare nell’agorà come individui.
Che ruolo hanno le star di Hollywood e le donne dell’upper class americana?
Sono state fondamentali per il Metoo, che negli ultimi tempi è diventato una sorta di marketing della sofferenza che premia le donne che si mostrano vulnerabili.
Come mai pur avendo successo ed essendo esaltate dai media sono così frustrate?

Lo sono davvero? Non essendoci più il rapporto verticale con il pubblico, la star vuol farci credere di essere come noi.
E noi ci cadiamo in pieno?
Anche perché il racconto del trauma diventa subito intrattenimento. Ci piace farci gli affari delle celebrity. Inoltre, parlando di molestie, il sesso vende.
Tutto questo cosa c’entra con l’emancipazione femminile?
Niente. È un femminismo elitario, di lusso, degli affari marginali. Settimane a parlare di Giorgia Meloni che vuole farsi chiamare premier con l’articolo maschile… Utilità per la vita quotidiana delle donne? Zero.
Ma si combatte il sessismo della grammatica italiana.
Altro tema molto middle class, come direbbero gli inglesi, il cui unico scopo è far vendere libri e aumentare i follower. Questo controllo del linguaggio mi ricorda le suore di una volta che pretendevano il parlare pulito.
Che cosa accomuna il neofemminismo propugnato da Michela Murgia, Laura Boldrini e Rula Jebreal?
Il fatto di essere maternaliste. Si propongono come fari della massa. Parlerei di influencer più che di intellettuali, perché tendono a dire quello che molte donne vogliono sentirsi dire. Invece, gli intellettuali sanno essere scomodi a costo di deludere la loro platea.
Il maternalismo gemello del paternalismo?
Condannano il paternalismo, ma lo sostituiscono rivolgendosi a delle bambine, non a persone adulte.
Il neofemminismo intersezionale è molto ambizioso perché allarga la sua sfera d’azione?
È un’espansione illusoria. L’intersezionalità trascura pilastri fondamentali come la laicità, baluardo dei diritti femminili, e la dimensione di classe. Non è in grado di parlare a tutte le donne, ma solo alle sue adepte che comunicano fra loro con un lessico cifrato. Le intenzioni sono nobili, la messa in pratica no. Il 7 ottobre le intersezionali hanno optato per il mutismo davanti alle donne ebree violentate. Nella loro mappa di oppressione non erano le vittime perfette.
Che cos’è la noia di essere libere?
Nel mondo odierno, dove la sopravvivenza non è più la nostra principale preoccupazione e il tempo libero abbonda, è quasi naturale, in assenza di nemici reali, crearne di immaginari. A me molte di queste accese discussioni su inezie sembrano il sintomo di donne fortunate, che hanno tanto tempo libero e nessun problema serio da affrontare.
Un’altra regola delle neofemministe è non pretendere da loro la coerenza, così possono avere ascelle non depilate per ribellarsi ai canoni occidentali e al contempo indossare abiti firmati.
Viviamo felicemente in un momento di libertà. Ma se ci si pone come guide del pensiero femminista bisogna accettare di rispondere a delle domande. Invece, si rifiuta il dibattito. No debate è uno slogan di questo movimento.
Messo in pratica anche impedendo al ministro Eugenia Roccella di parlare?
L’intolleranza non è un fenomeno solo italiano, basta guardare cos’è accaduto in Gran Bretagna a J. K. Rowling. Le femministe storiche sono tacciate come Terf (Femministe radicali trans escludenti ndr) perché pensano che l’identità sessuale non debba essere soppiantata da quella di genere.
«Cultura dello stupro», «mascolinità tossica», «patriarcato sistemico»: c’è anche una nuova lingua?
Sono espressioni di moda nate nei college americani, versioni pop del linguaggio accademico. Servono a far sentire esperti chi le usa. Per esempio, una locuzione come «cultura dello stupro», non è solo usata dalla ragazzina con le amiche o dall’influencer nelle slide, ma anche dai giornalisti e dai media. E spesso viene accettata senza capire bene cosa c’è dentro.
E cosa c’è?
È un termine bulldozer che descrive un generico ambiente culturale e ormai racchiude tutto il ventaglio di ciò che opprime le donne, dallo sguardo insinuante fino al femminicidio. Ma nella sua malleabilità dimostra la sua vaghezza.
Nel libro parla dello statistichese neofemminista.
Sono le mezze verità. Per esempio, la disparità salariale raccontata come un furto. Nessun economista ne parla così, ma come di un fenomeno complesso, legato alle scelte dei campi lavorativi, al fatto che molte donne optano per il part-time o che devono assentarsi per la maternità o la cura della famiglia.
Infine c’è l’antagonismo nei confronti degli uomini, dipinti a volte come ontologicamente colpevoli.
Siamo ancora in piena ideologia nordamericana. Queste accuse sono un boomerang perché alimentano gli influencer maschili che rispondono all’odio misandrico con l’odio misogino. Il risultato è la polarizzazione del dibattito, fino all’incomunicabilità.
Perché l’attore Timothee Chalamet è così idolatrato?
Perché, se il nuovo obiettivo è decostruire il maschio, lui è l’immagine dell’uomo riformato che deve somigliare alla donna.
È l’icona globale della fluidità del Terzo millennio?
Credo lo sia per un gruppo ristretto di donne. Nei sondaggi, la gentilezza e la vulnerabilità non svettano tra i motivi che presiedono alla scelta di un uomo, mentre lo sono la protezione e la ricerca di sicurezza. Perché poi, non di rado, nella vita reale, le donne si innamorano degli uomini che le infastidiscono.

 

Panorama, 10 luglio 2024

«La femminocrazia è qualcosa d’insopportabile»

Questa è un’intervista maschilista, meglio scoprire subito le carte. Quando l’ho proposta ad Annamaria Bernardini de Pace, titolare dello studio legale specializzato in diritto della persona e della famiglia più importante d’Italia, ha accettato con entusiasmo. E, siccome Abdp è una persona di rara schiettezza, si sconsiglia la lettura agli amanti dei se e dei ma.
Signora Annamaria Bernardini de Pace, devo chiamarla avvocata o avvocato?
Odio avvocata. Voglio essere scelta per il ruolo non per il sesso.
Da dove viene questo lungo nome e cognome che lei abbrevia in Abdp?
L’abbreviazione sta per Amore baci denaro passione.
C’è tutto.
Ci sono le mie predilezioni e tutto quello che gli uomini faticano a dare alle donne.
Pessimista?
Sì. Ma chi lo sa più di me che in 40 anni ho incontrato e assistito più di 10.000 coppie.
E nella vita privata com’è andata?
Ho avuto uomini tirchissimi di passioni, ma generosi d’amore.
Allora non malissimo?
No, ma nella passione ci si scatena di più. Mi piace essere desiderata. Avrei voluto uomini gelosi, appassionati di cucina, di arte.
Di sesso no?
Anche. Ho avuto tanto amore contemplativo. Avrei voluto uomini amanti dei viaggi; ho chiesto che mi portassero a Marrakech, ma nessuno l’ha fatto.
Un bilancio in chiaroscuro?
La verità è che poi sono stata tradita perché ci sono donne capaci di fare la raccolta differenziata dei rifiuti altrui. Alcune in particolare dei miei.
Se si trattava di rifiuti non dovrebbe dispiacersene troppo.
Li ho dovuti rifiutare quando ho capito che queste donne si accontentavano più di me e così gli uomini si sentivano più forti. Con me c’era troppa parità.
Che cosa pensa della femminocrazia italiana?
Che è insopportabile. Non solo per le donne che sono nei luoghi di potere istituzionale – era ora! – ma per la mentalità femminile di oggi, in forza della quale pretendono di avere diritti che non hanno.
Per esempio?
Il diritto all’aborto che non è un diritto per niente. Basta conoscere la legge che offre un’opportunità di scelta da quando l’aborto è stato depenalizzato come reato… Anche in casa le donne sono convinte di avere un diritto di vita e di morte sui figli, mentre la legge parla di diritto dovere alla bigenitorialità.
Vuole scatenare un putiferio?
Lo scateno tutti i giorni, ma la femminocrazia continua a imperare. Le donne ritengono che quando denunciano qualsiasi cosa devono essere credute in quanto donne.
Nelle cause di matrimonio?
E di violenza sessuale. Credono di aver ragione a priori. Sono loro ad avere una mentalità patriarcale.
In che senso?
Dicono che l’uomo mente, che l’uomo è forte e perciò «noi donne dobbiamo essere credute». Partono da una posizione patriarcale. Invece, le donne sono più intelligenti, più scaltre, più manipolatrici, più attente psicologicamente agli altri e quindi più forti.
Concordo dalla seconda in poi.
Sono anche più intelligenti. Solo che hanno un’intelligenza emotiva e non razionale. Comunque sia, non c’è il patriarcato, ma il matriarcato.
Cosa glielo fa dire?
Il fatto che hanno posizioni di potere nella famiglia. Poi, certo, ci sono situazioni di violenza maschile nella famiglia e nella società.
Giorgia Meloni ed Elly Schlein le conosce?
Mai incontrate. Io sono un’antica liberale, radicale, attualmente anarchica, ma stimo molto Giorgia Meloni e penso che sarebbe una vera svolta se desse una sterzata alla sanità e alla giustizia.
Ci sta lavorando.
Ha iniziato la curva, ma serve una sterzata decisa.
A cena con chi fra le due?
Con la Meloni tutta la vita. La Schlein mi sembra che interpreti una parte.
In che senso?
Non mi sembra che creda in ciò che dice, mentre la Meloni è fin troppo autentica.
Si riferisce a quando si è presentata come «stronza» al governatore Vincenzo De Luca?
Avrei fatto la stessa cosa.
C’è chi sostiene che non lavori per il bene delle donne.
Questa è la femminocrazia insopportabile. Siccome c’è la prima premier si pretende che lavori per le donne. Mentre lei lavora per tutti.
Anche in Europa c’è la femminocrazia: Ursula von der Leyen, Christine Lagarde, Roberta Metsola.
Gliel’ho detto, le donne sono più intelligenti e scaltre. Adesso che hanno lo spazio se lo prendono.
In Francia Marine Le Pen insidia Emmanuel Macron.
Io non approvo le idee di Marine Le Pen, anzi. Però sarebbe ora che quel bambino viziato fosse scalzato da qualcuno.
Paola Cortellesi è la donna italiana dell’anno?
Ha fatto un film furbissimo ed è una bravissima attrice.
Dopo quell’epoca con la protagonista del film che invece di scappare…
Ecco: quello mi ha deluso; sognavo vincesse l’amore, non la politica.
Le vede le bocche storte?
E chissenefrega?
Dicevo: dopo l’epoca raccontata nel film c’è stata la stagione delle lotte femministe. Lei era in prima linea?
Altroché. Con Marco Pannella, per il divorzio, la pari dignità, l’aborto. Eravamo femministe serie che si battevano per problemi reali. Quelle di oggi sanno solo combattere contro gli uomini.
Il femminismo attuale è amico o nemico delle donne?
Nemico assoluto.
Perché?
Abbiamo conquistato quasi tutto: che senso ha combattere l’uomo dopo che abbiamo voluto essere alla pari?
Alcune femministe contrastano l’utero in affitto.
Lo faccio anch’io. Però non è una prerogativa del femminismo, ma di uomini e donne che hanno sensibilità e rispetto dei bambini. Mi fa impressione che una donna faccia un bambino, lo espella e lo venda.
Poi c’è il femminismo che impedisce al ministro Eugenia Roccella di parlare in pubblico.
Ero con lei al Salone di Torino per presentare quel libro bellissimo, ma non ha potuto dire una parola. Glielo ha impedito la violenza delle femministe ignoranti che credono che sia contro l’aborto quando anche lei ha combattuto le battaglie con Pannella.
Perché il suo studio legale difende più uomini che donne?
Perché le donne sono così feroci che sanno difendersi da sole. E le vere vittime, a parte quelli schifosamente violenti, sono gli uomini.
Una causa che avrebbe voluto seguire e le è sfuggita?
Quella di Berlusconi che mi voleva, ma gliel’hanno impedito. Sono stata tre giorni a parlare con lui dei suoi problemi e ho apprezzato un uomo intelligentissimo e affascinante, diverso da quello che ci raccontavano.
Chi gliel’ha impedito?
Non lo so, mi ha detto che c’erano delle resistenze.
Nemmeno lui così potente era totalmente indipendente?
Sono stata felice di non avergli mandato la parcella per quella consulenza perché ho avuto il piacere di parlare con una persona che capiva qualsiasi cosa e la rendeva più interessante, rispiegandola.
Perché ha rinunciato alla difesa di Francesco Totti?
Perché mi piacciono le cause che portano all’affermazione del miglior interesse per i figli. Invece quella rischiava, come poi è successo, di essere una causa mediatica con l’affermazione dell’interesse di tutti tranne che dei figli.
I femminicidi sono espressione di potere o di impotenza maschile?
Secondo me, di impotenza. Gli uomini sentono il bisogno di vendetta. Sono mossi dal narcisismo come affermazione di sé, dall’invidia della donna, dall’incapacità di gestire l’umiliazione. Quindi da una debolezza, non da una forza.
Molti femminicidi avvengono quando la donna li lascia.
Se non sai reggere all’umiliazione, uccidi. È l’inammissibilità di sentirsi inferiori, rifiutati.
Perché sono abituati ad avere tutto?
Non sono abituati a una relazione paritaria.
Questo sarebbe patriarcato.
No, se uno è impotente non è patriarcato, ma coglionaggine, cattiveria che porta a uccidere.
Oltre alla mascolinità tossica esiste anche la femminilità tossica?
Ha voglia!
Come si manifesta?
In quelle donne che, educate male, viziate e prepotenti, sono incapaci di fare qualsiasi cosa di concreto. Pensi come rendono la vita di un uomo, pensi se ce l’avesse lei una donna così. Poi ci sono anche donne violente, che uccidono i figli. Violente non solo psicologicamente, ma anche fisicamente con i mariti che però si vergognano a denunciarle come una volta si vergognavano le donne.
Si può dire qualcosa se certe ragazze si vestono come cubiste o è sessismo?
Trovo vergognoso che non abbiano dei genitori in grado di educarle soprattutto quando in giro ci sono uomini violenti di natura, non educati, uomini di tutte le razze e le religioni. Non sopporto le femministe che dicono: mi posso vestire come voglio senza che venga interpretato come una provocazione. Invece, lo è.
Che idea si è fatta del caso Ferragni?
Non posso parlarne.
La sua avversaria è stata un’altra donna.
Un’altra famiglia distrutta dalla più fervida giustiziera che abbiamo in Italia.
Selvaggia Lucarelli.
L’ha detto lei.
E la sorellanza?

Mi piacerebbe tanto che ci fosse; da 40 anni il mio studio è basato sulla sorellanza. Ho quasi solo collaboratrici, resistono due uomini, una quota azzurra minima. Insegno a solidarizzare e chi non fa come dico io sparisce dagli studi.
Alla faccia del patriarcato. Marina Berlusconi cavaliere del lavoro?
Giustissimo. Ma non capisco come non sono mai stata nominata io. Certo, lei fattura mooolto più di me.
Lei è anche membro del Giurì di autodisciplina della pubblicità.
Lo sono stata 30 anni, di più non si può. Un’esperienza appassionante.
Che cosa pensa dei mammi e dei massai degli spot?
Certi tiranni del pensiero vogliono promuovere il politicamente corretto.
Le piace Luciana Littizzetto?
Mi diverte.
Maria De Filippi?
Mi impaurisce.
Serena Bortone?
Simpatica. Ci frequentiamo.
Lilli Gruber?
Non la guardo perché mi innervosisce la sua parzialità.
Per chi ha votato alle Europee?
Si figuri se glielo dico. Sono anarchica.
Le hanno mai chiesto di candidarsi?
Tutti gli schieramenti.
E?
Non mi basterebbero gli stipendi proposti.
Mi svela un suo segreto, un libro, una serie tv, una persona che adora?
Vorrei rinascesse Giorgio Gaber.

 

Panorama, 26 giugno 2024