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«Sono nottambulo, ma Sanremo dura troppo»

Gigi Marzullo è anche un filosofo. In queste notti in cui Sottovoce è andato in onda all’alba, dopo le serate festivaliere e la splendida appendice fiorellesca, si rivolgeva così al suo pubblico: «La felicità, a volte, è proprio nell’attesa».

Marzullo, lei è un medico che voleva fare lo psichiatra e invece conduce programmi su Rai 1, di solito dopo la mezzanotte: che cosa ci sfugge?

«C’è sempre qualcosa che sfugge… A 17 anni volevo fare il medico chirurgo e mi sono iscritto alla facoltà di medicina all’università di Pisa dopo aver conseguito la maturità classica al liceo Pietro Colletta di Avellino. Ho superato bene i primi esami, ma pio, a vent’anni volevo cambiare vita e diventare un attore. Mi sono trasferito all’università di Napoli, sempre alla facoltà di medicina, e ho iniziato a informarmi per iscrivermi al Centro sperimentale di cinematografia o all’Accademia d’arte drammatica Silvio D’Amico. Arrivato al bivio, esame di anatomia o esame al Centro sperimentale, la paura ha vinto sul coraggio e ho scelto quello di anatomia proseguendo medicina, per poi laurearmi superati i 40 anni. Intanto, sono arrivati Radio Irpinia, Tele Avellino, Mattino di Napoli e la Rai Radiotelevisione Italiana. Tutto questo fino ai miei primi 70 anni».

Si è sposato dopo una lunga convivenza con Antonella De Iuliis, celebrante Ciriaco De Mita, sindaco di Nusco. Adriano Galliani testimone però è un’altra cosa che sfugge.

«L’amicizia è come l’amore. Quando ci si imbatte in questi sentimenti si può solo prendere atto di quello che la vita regala».

Quando l’ha conosciuto?

«Più di vent’anni fa al ristorante Garibaldi a Milano. Lo invitai a Sottovoce. Ma in quel momento il Milan non era in un buon periodo e mi rispose che se avesse vinto lo scudetto mi avrebbe concesso l’intervista. Manco a farlo apposta il Milan vinse e da lì è nata la nostra amicizia. Un’amicizia vera».

Anche calcistica?

«No, io tifo Avellino. È la mia prima squadra. Poi ho simpatia per le squadre di cui Galliani è amministratore delegato, prima il Milan, ora il Monza».

Ha superato quarant’anni di lavoro in Rai: ci regala un ricordo, un episodio?

«Ricordo con piacere il primo giorno a via Asiago, il primo contratto come annunciatore in radio, poi il primo contratto da consulente a viale Mazzini. Tra i ricordi spesso mi torna in mente l’incontro professionale con Fanny Ardant a Bari, un mio mito da sempre».

La persona che le ha insegnato di più?

«Ho appreso da tutti. Da Brando Giordani, da Carlo Fuscagni, da un vecchio dirigente che si chiamava Paolo De Andreis, dall’ex direttore di Rai 1, Nadio Delai. Fu Fuscagni a dirmi di aprire la notte di Rai 1. Giordani aveva grande umanità. Un giorno mi vide solo a Viale Mazzini e mi disse: se non hai di meglio da fare t’invito a casa mia, vengono un po’ di amici. Era l’ultimo dell’anno, ci andai. E poi Biagio Agnes, che mi ha assunto».

Era di Avellino come lei e De Mita.

«Di Serino, un paese della provincia. Poi Flavio Cattaneo che, da direttore generale, mi invitò a creare una struttura di rubriche culturali».

Anche Fabio Fazio vanta 40 anni di carriera Rai. Però da quando è andato sul Nove lei non partecipa più al Tavolo. Mentre Amadeus e Fiorello hanno presentato lì il Festival.

«In 40 anni da operaio Rai sono stato sempre in sintonia con l’azienda che è il posto dove finora ho passato più ore della mia vita. La partecipazione a Che tempo che fa è stata un’esperienza esaltante e costruttiva sotto il profilo umano e professionale. Tutto nella vita va, viene e a volte ritorna».

Può tornare anche la partecipazione al programma di Fazio?

«Mi riferivo ai possibili ritorni nella vita in genere. Che tempo che fa? Sono un operaio della Rai e faccio quello che mi dice la Rai».

Esiste o no TeleMeloni?

«Esiste la Rai».

Conduce Cinematografo. Qual è il suo rapporto con il cinema?

«Ho ideato e condotto Cinematografo perché la mia passione per il cinema è profonda, intensa e speciale. La mia adolescenza l’ho trascorsa a vedere tanti film all’Eliseo, il Partenio, il Giordano e l’Umberto di Avellino, spesso al primo spettacolo, da solo. Il cinema mi regala e mi ha regalato in tanti anni sogni, dubbi, speranze, certezze. E qualche piccolo smacco: una volta mi presentai per vedere Zabriskie point che era vietato ai 14 anni. Ma, per pochi giorni, non li avevo ancora compiuti e non mi fecero entrare, con mio gran dispiacere».

Che film ha visto quest’anno?

«Ogni settimana ne vedo molti, per piacere e per lavoro. Ultimamente ho visto C’è ancora domani, Foglie al vento, Io, noi e Gaber».

Io capitano di Matteo Garrone e Perfect Days di Wim Wenders?

«Io capitano non ancora avuto tempo di vederlo. Perfect Days lo vedrò di sicuro».

Quale film ha amato di più?

«Amo le storie d’amore: La prima notte di quiete, Innamorarsi con Meryl Streep e Robert De Niro, Una giornata particolare con Sophia Loren e Marcello Mastroianni. Le storie d’amore con un lieto fine mi regalano serenità».

Conduce anche un programma sui libri. Cosa legge e chi sono i suoi autori?

«Per piacere e per lavoro leggo molto. Libri che raccontano la vita degli altri, libri di filosofia, romanzi sentimentali. I miei autori vanno da Roberto Gervaso a Maurizio De Giovanni».

Più di 5000 interviste a Mezzanotte e dintorni e Sottovoce che quest’estate compirà trent’anni. La più difficile?

«Ogni intervista è un incontro che mi arricchisce e mi aiuta a capire qualcosa anche di me. Non ci sono interviste facili o difficili, ci sono interviste che possono interessare di più o di meno. Per me un’intervista è un momento di crescita umana e professionale».

Quella che le ha dato più soddisfazione?

«Oltre l’incontro con Fanny Ardant, gli incontri con Alberto Sordi, Sophia Loren, Woody Allen e Richard Gere».

Quella che vorrebbe fare e non ci è ancora riuscito?

«All’attuale presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Ho letto il suo libro autobiografico e ne sono rimasto molto colpito».

Sempre in onda a notte fonda: ci sta bene?

«Sono contento della possibilità che un po’ di anni fa ho avuto di aprire la notte della prima rete Rai. Un’occasione che mi ha regalato emozioni personali e professionali».

Domanda marzulliana: che cos’è per lei la notte?

«Sono più notturno che diurno. A volte la notte mi regala serenità, altre volte inquietudine. Tra la luna e il sole scelgo sicuramente la luna. Ho un fisico più adatto alla notte e meno alle ore mattutine».

Mai desiderato un programma in prima serata?

«A volte ci ho pensato. Ma comunque non lascerei mai la notte».

Le sue preferenze televisive?

«A casa ho una tv in ogni stanza, bagno compreso. In camera da letto ne ho due perché la domenica, per esempio, su una guardo le fiction e sull’altra le partite. Guardo un po’ tutto. I telegiornali e poi da Porta a Porta a Linea notte. Anche qualche film su Cine 34. Quelli con Maurizio Merli, Corrado Pani, i polizieschi degli anni Settanta tipo Roma violenta, Italia a mano armata».

Ultime serie viste?

«La Storia di Francesca Archibugi tratta dal libro di Elsa Morante. Ho visto tutto Il commissario Ricciardi con Lino Guanciale, dove c’è la Napoli di De Giovanni».

Adesso fa anche un programma alla radio.

«Il Marzulliere su Isoradio. Un’ora a settimana di canzoni, libri, persone e chiacchiere in libertà»

Da ragazzo preferiva Mina o Ornella Vanoni?

«Ho conosciuto e incontrato con la complicità delle telecamere Ornella Vanoni; solo per questo dico Ornella Vanoni».

Adriano Celentano o Lucio Battisti?

«Ho conosciuto Adriano Celentano e apprezzo Lucio Battisti, ma non l’ho mai incontrato. Per questo dico Celentano».

Cantautori o gruppi rock?

«Per la mia storia e per la mia età dico cantautori, senza disprezzare i gruppi rock che a volte seguo con interesse e curiosità».

Frequenta i social network?

«Non li frequento, forse per pigrizia. Penso che ognuno possa scegliere cosa fare nella e della propria vita, senza mai invadere la libertà degli altri».

Al venerdì, nel fine settimana, torna ancora ad Avellino?

«Avellino è le mie radici, la mia educazione, la mia formazione. Quando posso ritorno dove tutto è partito. È lì che c’è la casa nella quale ho trascorso i primi anni di vita e dove conservo i ricordi e gli incontri più importanti».

La canzone più amata della storia del Festival di Sanremo?

«La canzone più amata è Dio come ti amo di Domenico Modugno e Gigliola Cinquetti».

Che cosa le è piaciuto di più e che cosa di meno di questa edizione?

«Il Festival di Sanremo rappresenta il nostro Paese. È una festa che aggrega giovani, meno giovani, donne, uomini e bambini. Uno spettacolo per tutti. Seguo da sempre Sanremo, mio papà alla fine dell’edizione comprava sempre tutti i dischi. Il momento che ho apprezzato di più di quest’anno è il toccante racconto e la breve esibizione di Giovanni Allevi. Quanto al lato negativo, forse farei durare di meno le serate».

Ha mai pensato di condurlo?

«Quando lo vedo, compreso quest’anno, ci penso. È ovvio che condurrei Sanremo come sono io e come so fare. Sicuramente sarebbe un Festival un po’ antico, ma l’antico può essere moderno. Solo la vecchiaia non può diventare gioventù».

Qual è la sua più grande ossessione?

«La morte. La trovo una grande ingiustizia. Scherzando ma non troppo, a volte dico che nasciamo già con il cancro e il cancro è sapere di dover morire. La vita è un intervallo tra la nascita e la morte».

È un pensiero che fatica a rimuovere?

«Ci penso sempre, purtroppo a 70 anni ancora di più. Mia madre mi diceva: <Perché ci pensi sempre? Dovrò morire prima io>».

Un’ossessione più leggera?

«Il cibo. Anche se mangio sempre le stesse cose, gelati, pasta e verdura. Non amo il salato».

Un hobby, un’abitudine personale, uno spazio solo suo?

«Mi piace passeggiare da solo. In mezzo alla gente, anche nel centro di Roma, magari per fare shopping o guardare i negozi. E poi mi piace oziare».

Dove?

«Posso stare anche diverse ore seduto in un bar. A guardare la gente».

 

La Verità, 10 febbraio 2024