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L’onore di Accorsi si adagia sul paternalismo

Era inevitabile che, programmato su Rai 1, il remake di Your honor, la serie di Showtime interpretata da Bryan Cranston e tratta a sua volta dall’israeliana Kvodo, percorresse sentieri più dolci e frequentasse dilemmi meno radicali. Sono le conseguenze della trasposizione da un network americano a pagamento a una rete generalista italiana (Rai 1, lunedì, ore 21,35, share del 17,1%, 3,6 milioni di telespettatori).

Vittorio Pagani (Stefano Accorsi) è un apprezzato giudice, candidato alla presidenza del tribunale di Milano. Vedovo dopo il suicidio della moglie e padre del diciottenne Matteo (Matteo Oscar Giuggioli), ha conquistato fama e autorevolezza da pubblico ministero sgominando la pericolosa gang dei Silva. La sua vita cambia repentinamente quando, alla guida della vecchia auto della madre pur non avendo la patente, il figlio investe e uccide un motociclista che si scopre appartenere proprio a quei Silva. Costituirsi alla polizia significherebbe esporsi a sicura vendetta. Di slittamento in slittamento, inizia la discesa agli inferi di Pagani, nel quale il ruolo del padre e quello del giudice prendono a confliggere schizofrenicamente. Al punto che nell’opera di depistaggio delle indagini che si stringono attorno al ragazzo egli non esita a mettere a frutto le tecniche e le conoscenze acquisite come magistrato. «Se è vero che tuo figlio è tutta la tua vita, che cosa sei disposto a fare per salvare la sua?», si chiede Pagani nel monologo che apre la storia. Così, in una progressiva escalation, lo vediamo architettare una serie di manovre che contraddicono leggi e principi sui quali hai costruito l’impeccabile carriera. «A volte la paura può farti fare delle cose terribili», dice parlando di un imputato, ma in realtà di sé, al vecchio presidente del tribunale (Remo Girone). Il quale gli ribatte: «Eppure c’è chi nelle stesse condizioni si comporta diversamente. Oppure dovremmo dire che il bene non esiste?». «Esiste, ma non in assoluto», conclude Pagani.

Materia incandescente, dunque. Trattata in modo avvincente nella versione originale, in Vostro onore la storia si adagia di più sul sentimento. Mentre nei primi dieci minuti della serie americana si ascoltavano una ventina di parole ma la tensione era già a mille e a ogni scena il giudice si giocava, appunto, l’onore, in quella italiana vediamo il personaggio di Accorsi indossare raramente la toga. Era inevitabile che su Rai 1 il legal thriller sfumasse in family drama. Però così, pur restando di vivo interesse, la storia smarrisce un po’ della sua originalità.

La Verità, 9 marzo 2022

Onore e legge sacrificati sull’altare del padre

Nei primi dieci minuti di Your Honor ci saranno una ventina di parole, ma la tensione è già a mille e la storia scolpita nel marmo. Cadenzata, magnetica, ossessiva, la serie di Showtime in onda su Sky Atlantic si avvale di dialoghi densi e di una sceneggiatura impeccabile, costruita come un gorgo scorsoio nel quale affonda Michael Desiato (il Bryan Cranston di Breaking Bad), il più autorevole giudice di New Orleans, che vive con il figlio diciassettenne Adam (Hunter Doohan). Il giorno dell’anniversario della morte della madre, Adam investe con l’auto un coetaneo e, preso dal panico, fugge lasciandolo morire sulla strada. Senonché la vittima è figlio del boss mafioso più potente della città (Michael Stuhlbarg), e costituirsi significherebbe consegnarsi alla vendetta in carcere. Da questo momento inizia la strategia di depistaggio del padre per difendere il ragazzo. Una strategia che, di violazione in violazione, lo porta a infrangere la legge e i principi su cui ha costruito tutta la sua esistenza, ora priva anche del conforto di una compagna. La risposta alla domanda «che cosa sei disposto a fare pur di salvare tuo figlio?» che soggiace alla vicenda è una vita schizofrenica. Ma se il titolo cita il modo in cui nei tribunali americani sono chiamati i giudici, con lo scorrere dei fatti l’onore è puntualmente infranto. È infatti il ruolo del padre a prendere il sopravvento su quello del magistrato.

Illuminato da una luce fredda e da una scrittura rarefatta, Your Honor è il thriller drammatico migliore degli ultimi anni e meriterebbe un maggiore approfondimento per i concetti toccati. Come quello dell’onore, legato alla statura e alla rettitudine del soggetto da cui derivano stima e rispetto, e oggi dai social banalmente equiparato alla reputazione. E poi, soprattutto la meditazione sulla paternità. Che, con lo scorrere degli episodi, si giova del confronto-scontro tra l’uomo di legge e l’uomo del crimine, quasi accomunati dalle loro storie di uomini scafati eppure fragili e incerti in quanto genitori privi di una prospettiva di redenzione. «L’amore di un padre per un figlio è qualcosa di incondizionato», dice a un certo punto il boss mafioso. «È un amore capace di trasformarti in un modo che non avresti mai creduto», gli fa eco il giudice. Ha scritto Charles Péguy sull’argomento: «C’è un solo avventuriero al mondo, e ciò si vede soprattutto nel mondo moder­no: è il padre di famiglia. Gli altri, i peggiori avventu­rieri non sono nulla, non lo sono per niente al suo confronto».

 

La Verità, 28 febbraio 2021