Quella guerra di piombo nella nebbia della verità
Nella Sicilia di fine anni Cinquanta il problema non può essere il traffico, ma la parola mafia nessuno l’ha ancora pronunciata. La scriva lei per primo, suggerisce «il principe» al direttore del giornale (Claudio Santamaria) dopo avergli indicato il sindaco (Salvo Lima) e l’assessore ai Lavori pubblici (Vito Ciancimino) tra gli ospiti della sontuosa festa in corso nel suo palazzo. In quella Palermo ci si muove a piedi e solo per raggiungere Corleone si sale in auto, una Topolino per il fotografo, una Millecento per il direttore. Invece le cosche sono già attive e controllate dal potente primario dell’ospedale (Fabrizio Ferracane), mentre il secondo quotidiano cittadino, sull’orlo della chiusura, è infiltrato dal Pci. Contrariamente alle aspettative dell’editore, però, il nuovo direttore non intende licenziare colleghi, ma la redazione si dimezza ugualmente appena egli mette le regole del giornalismo davanti a quelle della contiguità politica. Cosicché il neodirettore è costretto ad affidarsi alla curiosità di un ragazzo al primo servizio sul campo per tentare di capire qualcosa della strana scomparsa di un sindacalista. Lo stesso giorno, con l’entrata in vigore della legge Merlin, chiude il bordello frequentato dai cronisti a fine giornata di lavoro. L’agguato nel quale incorrono è molto più che un semplice segnale che la loro nuova intraprendenza non è gradita. In realtà, quelli che sembrano episodi isolati sono collegati e svelano l’affacciarsi di una nuova criminalità, più cinica e spietata, capeggiata da Luciano Liggio.
Lenta e misteriosa eppure magnetica e seducente, L’Ora. Inchiostro contro piombo racconta la stagione del giornalismo antimafia più autentico e lontano dalla retorica ridondante anche in tempi d’importanti commemorazioni (Canale 5, mercoledì, ore 21,40, share del 12,2%, 1,9 milioni di telespettatori). Liberamente ispirato a Nostra Signora della Necessità (Einaudi) di Giuseppe Sottile, diretto da Piero Messina, Ciro D’Emilio e Stefano Lorenzi e sceneggiato da Ezio Abbate, Claudio Fava e Riccardo Degni, in questo family drama la «famiglia» è la redazione del giornale, per quanto i suoi componenti vivono un’avventura totalizzante. Una serie diversa dalle tante intrise di colpi di scena e stilemi nichilisti, nella quale le cadenze jazz e le ambientazioni dark riflettono l’omertà del crimine e le notti dei cronisti. Portando il telespettatore nella guerra di piombo tra mafia e giornalismo: «Qui da noi», rivela il solito principe, «la verità è come la nebbia, più ti avvicini e più non vedi niente».
La Verità, 10 giugno 2022