Chi è il mostro di Firenze? Ma è ovvio, il patriarcato
Era la serie più attesa dell’anno. Per la scabrosità dell’argomento e per la qualità degli autori e dei produttori che la firmavano. Per fare un sommario paragone con un prodotto altrettanto sponsorizzato, l’origine de Il Mostro non è dichiaratamente politica com’era quella di M – Il figlio del secolo di un anno fa. La serie sul mostro di Firenze in onda su Netflix diretta da Stefano Sollima, scritta con Leonardo Fasoli e Stefano Bises e prodotta da The Apartment e Alter Ego, ambiva a illuminare il capitolo più oscuro della cronaca nera del Novecento: otto duplici omicidi commessi dal primo serial killer italiano che, dal 1968 al 1985, hanno sconvolto un’intera generazione, rimanendo tuttora senza un colpevole. Nemmeno l’apprezzato regista di Romanzo criminale, Gomorra e Suburra (un po’ meno di Acab) azzarda un tentativo di risposta al più complicato enigma criminale italiano. Anzi, Sollima si concentra sull’antefatto della vera stagione del mostro, l’omicidio della coppia composta da Antonio Lo Bianco e Barbara Locci, realizzato, secondo gli inquirenti, con la stessa Beretta calibro 22 usata per i successivi delitti. La trama scava nella pista sarda, presto abbandonata dalle indagini, per circostanziare la genesi di quegli orrendi crimini nella peggiore sottocultura patriarcale, specchio dell’Italia dell’epoca. Difficile non intravvedere in questa operazione il furbo tentativo di iscrivere quell’oscuro passato nell’attualità dominata dal dibattito mainstream sui diritti civili.
Tra Barbara Locci, la moglie umiliata di Stefano Mele, e la sostituto procuratore (Liliana Bottone) che, mentre le indagini «brancolano nel buio» delle campagne popolate di guardoni e degli scantinati delle famiglie patriarcali, è da subito certa che l’obiettivo dell’assassino sia umiliare il corpo delle donne, sfila il campionario delle piu truci perversioni maschili. Del resto, il mostro è uno o più uomini. Impaginata come Avetrana – Qui non è Hollywood in quattro episodi, ognuno intitolato a un possibile colpevole, e recitata da attori poco noti o scarsamente riconoscibili, Il Mostro ripropone i fatti della notte del 21 agosto 1968 (la stessa in cui le truppe sovietiche invadono Praga) da quattro punti di vista diversi, intrecciando e contrapponendo le versioni degli indiziati. Nella mente del telespettatore si affastellano le domande. E solo alla fine dell’ultimo episodio spunta Pietro Pacciani, in un finale aperto di quello che appare il lungo prequel di una seconda stagione. Probabilissima dopo il successo, non solo italiano, di questa prima.
La Verità, 28 ottobre 2025


