Verdone nel vortice dei folli senza centro di gravità
La terza stagione di Vita da Carlo, da qualche giorno disponibile su Paramount+, radicalizza le scelte migliori delle due precedenti. Stavolta, dopo aver rinunciato a fare il sindaco di Roma e a dirigere finalmente un film d’autore, Carlo Verdone accetta di dirigere e condurre il Festival di Sanremo. Idea che paga lo scotto alla prevedibilità e all’overdose di promozione dell’evento reale cosicché ci vogliono un paio di episodi per superare l’iniziale scetticismo. I tentativi di Roberto D’Agostino e del super manager Thomas (Giovanni Esposito) di dissuadere Carlo dall’accettare una sfida tanto impervia s’infrangono con la sua voglia di mettersi in gioco e soprattuto con la sua incapacità a dire di no. Anche in famiglia sono perplessi, ma sebbene tutti gli vogliano bene, un po’ se n’approfittano, come si dice. E allora il nostro eroe antieroe, il motore immobile della giostra, il centro del frullatore, assediato da improbabili richieste, precipita nel vortice delle fissazioni della varia umanità che lo circonda.
La genialità della sitcom è mettere in scena le perversioni quotidiane del nostro tempo, la ludopatia, il complottismo, la mercificazione del sesso, la militanza ambientalista, il politicamente corretto: circostanze che assolutizzano un particolare dimenticando il tutto, rappresentate da un campionario di sciroccati privo di centro di gravità nel quale c’è posto anche per la presa in giro degli autori e dei giornalisti tv. Ma lo fa con mano leggera e sguardo privo di moralismi, volto a evidenziare la vera vittima della situazione, quel buon senso che, a fatica e senza risparmiare in generosità, Carlo tenta di ripristinare, non sempre riuscendoci. Perché, alla fine, insieme al buon senso, la vera vittima è lui stesso, prigioniero della sua bonarietà. La trama è così ben definita che, nei dieci episodi di venti minuti l’uno, c’è spazio anche per il racconto per sole immagini o per dialoghi efficaci grazie alla scrittura e alle molte partecipazioni di star nel ruolo di loro stessi, da Maccio Capatonda a Ema Stokholma, da Gianna Nannini a Gianni Morandi a Zucchero. In fondo, «la vita, per buona parte, è tutta una commedia».
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Sarà pure uno spot di due ore, un santino o una grande operazione di marketing cinematografico, ma intanto domenica scorsa Ennio Doris – C’è anche domani tratto dall’autobiografia del banchiere fondatore di Mediolanum che nel 2011 rimborsò di tasca propria 11.000 risparmiatori che avevano investito in titoli Lehman Brothers, ha conquistato il 14% di share con 2,4 milioni di telespettatori vincendo la gara degli ascolti.
La Verità, 29 novembre 2024