In «Cinque minuti» Vespa verga l’editoriale del Tg1
Qualcuno si aspettava che quella inaugurata lunedì da Bruno Vespa su Rai 1 sarebbe stata una striscia d’opposizione? Che i Cinque minuti che vengono dopo il Tg1 diventassero uno spazio di contestazione dell’azione di governo? A leggere i primi commenti delusi sulla nuova rubrica sembra che fossero queste le aspettative. Almeno di chi pensa che quello spicchio dell’arancia vada gustato separatamente, come se non fosse impaginato subito dopo il telegiornalone, il media più ufficiale del bigoncio. Difficile potesse essere un controcanto, un contrappunto, uno spazio di controinformazione, qualsiasi cosa che fosse contro. Con il suo Porta a Porta, Vespa è già titolare della Terza camera dello Stato e questo interstizio tra le news e il game che lo segue («Buon Amadeus») è un poggiolo o, se volete, una cabina armadio della camera.
Sigla con la canzone di Maurizio Arcieri dei New Dada, per dar l’idea di non prendersi troppo sul serio, studio molto illuminato, padrone di casa e ospite seduti su due sgabelli e posizionati frontalmente attorno a un tavolo, su poche immagini visibili in un vidiwall che sta di fronte ai telespettatori, s’innesta la prima domanda all’invitato: nella puntata d’esordio, come da tradizione, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, la seconda sera il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi sulla tragedia di Cutro e le sue dichiarazioni (share del 23,6 e del 22,5% con 5,2 e 4,7 milioni di telespettatori). È uno spazio d’informazione istituzionale che affronta il principale fatto della giornata e che, incastonato al termine del tg ne è, in realtà, il vero editoriale. Per questo avrebbe potuto anche intitolarsi «Il Punto», ma sarebbe stato meno originale. Invece con quella sigla Vespa ha voluto esprimere anche una lieve insofferenza per l’esiguità dello spazio che non consente troppa elaborazione dei contenuti. Bisogna andare al sodo, per non sovrapporsi alla striscia di Rai 3 e non togliere pubblico al Tg2 in fase di avvio. I vincoli ci sono e, dunque, è sbagliato fermarsi a gustare solo quello spicchio. Gli approfondimenti giornalistici, brevi o lunghi che siano nei palinsesti Rai guardano principalmente in un’altra direzione e, dunque, questi Cinque minuti hanno un loro perché. Vespa non è Enzo Biagi e il paragone con Il Fatto mostra quanto i tempi siano cambiati. L’inclinazione moderata del conduttore è nota. Il moderatismo è anche un modo di fare il giornalista senza indossare i panni del missionario. L’Italia spaccata dell’èra berlusconiana è andata in archivio.
La Verità, 2 marzo 2023