«Agenti in minoranza, ritorni la leva obbligatoria»

L’hanno ribattezzata la ristoratrice investigatrice. Ma Barbara Bet, veronese, 45 anni ben portati, è molto altro. Laureata in Sociologia alla Sapienza di Roma, collaboratrice di riviste del Gruppo Cairo, «panelista» di 100% Italia, il programma di Tv8 condotto da Nicola Savino in cui, sulla base dei sondaggi dell’Istituto Piepoli, si divulgano preferenze e tradizioni del Belpaese, volto emergente delle tv non solo locali. In questi giorni ha sanato con coraggio un episodio di microcriminalità che ha colpito uno dei suoi ristoranti. «Da un mese», dice in una saletta dell’elegante «Du Schei», «ho un servizio di sicurezza, ma quel furto è avvenuto due settimane fa».

Com’è stato possibile?

«Era il giorno libero del bodyguard».

Cos’è successo?

«Quel signore è entrato nel ristorante e ha rubato il monopattino di un dipendente».

A quel punto?

«Era l’undicesimo furto in sei mesi, sempre qui. Biciclette elettriche, motorini… Il mio dipendente se lo stava pagando a rate. Allora, mi è scattata la molla».

E?

«Guardando le telecamere ho visto che quel signore era penetrato in casa con disinvoltura. Se ti rubano una bici senza lucchetto per strada, ci sta. Ma se ti entrano facilmente in casa e si portano via un bene di tua proprietà vuol dire che abbiamo sbagliato qualcosa».

Mi sa di sì.

«Ho visto che era scappato verso Porta Vescovo, una zona pericolosa, con immigrati che bivaccano, spacciano, minacciano».

È un immigrato?

«No, un italiano tossicodipendente».

Le forze dell’ordine?

«Il mio dipendente è andato a far denuncia, ma loro non volevano perdere tempo a cercarlo, c’è un furto ogni cinque minuti e, di sicuro, il monopattino era già stato venduto».

Lei, nel frattempo?

«Sono andata a cercarlo da sola».

Cos’è successo?

«Ho mostrato il video e trovato molta omertà. Solo un extracomunitario, a sua volta tossicodipendente e bisognoso della dose giornaliera, ha venduto l’informazione per 20 euro. In pratica, un’estorsione. Ma siccome ero determinata, ho pagato. L’extracomunitario mi ha indicato il bar, dicendo che lui non sarebbe venuto».

Quant’è durata questa vicenda?

«Un paio di giorni. Lui l’ho trovato subito, ma non aveva il monopattino avendolo già venduto, come avevano detto i carabinieri. Gli ho mostrato il video, all’inizio ha fatto il gradasso. Ho minacciato di chiamare le forze dell’ordine… Rideva. Ma avendo la droga in tasca procurata vendendo il monopattino, non voleva problemi e ha promesso che il giorno dopo l’avrebbe riconsegnato».

Il giorno dopo?

«Sono tornata nella zona, stavolta scortata da un uomo della security e un dipendente che l’ha trovato. Gli ho chiesto la restituzione, lui mi ha indicato l’acquirente che, a sua volta, voleva essere pagato. Ho sborsato altri 50 euro per recuperare un oggetto che era nostro».

Morale?

«Non è giusto pagare per riavere quello che ti rubano. L’ho fatto per i miei dipendenti che fanno sacrifici per comprarsi biciclette o monopattini per venire a lavorare».

Chi è il dipendente derubato?

«Un ragazzo pakistano di 26 anni. Non può comprarsi un’auto perché manda i soldi alla famiglia in Pakistan. Gli avevano già rubato una bicicletta. Questi ragazzi abitano in zone periferiche e poco servite dai mezzi, se rimangono a piedi non sanno come venire a lavorare».

Quanti ristoranti ha?

«Quattro, tutti in centro a Verona. Nonostante le difficoltà si tira avanti. Fare l’imprenditore in Italia non è semplice, perciò ho aperto anche una pizzeria all’estero. In Corea del Sud».

Mentre parliamo le arriva sul cellulare la notifica dell’Agenzia delle entrate che avverte dell’obbligo di pagare entro il 2 ottobre 200 euro per il registratore telematico per la lotteria degli scontrini «che non fa più nessuno. Io di ristoranti ne ho quattro».

Come li ha avviati quattro ristoranti?

«Il primo, il Bertoldo, è di famiglia. Gli altri li ho presi durante la crisi del Covid perché venivano svenduti. Sono stata lungimirante. Il lockdown è stato un momento di svolta anche a livello commerciale. C’è chi non ce l’ha fatta e chi è rinato. Il Bertoldo l’ho tenuto aperto durante il lockdown cambiando il codice Ateco in servizio mensa. Ho seguito tutti i protocolli, non si è ammalato nessuno. Le forze dell’ordine erano sempre qui, in un mese ho avuto 45 controlli. Nemmeno loro sapevano che con il servizio mensa si poteva lavorare».

E lei come lo sapeva?

«Ho lavorato dieci anni a Roma e sapevo che il ristorante del Senato era aperto. Allora mi sono informata presso un’amica. “Abbiamo il servizio mensa”, mi ha detto. Non ho chiuso, ero in regola. Tuttora ho il servizio mensa per la Pubblica amministrazione, l’Ordine degli avvocati e quello dei giornalisti. Con il servizio mensa l’Iva è al 4%, anziché al 10%. Le pare giusto che compri il vino con l’Iva al 22% e lo venda con il 10%?».

Quanto costa mediamente un pranzo primo secondo e dolce nei suoi ristoranti?

«Trentacinque euro, sotto il prezzo di mercato».

Clientela?

«Medio alta. Ho diversificato l’offerta: un locale per famiglie, uno per gli aperitivi, questo che è di qualità, e una pizzeria».

Le hanno mai contestato scontrini pazzi?

«Mai avuto lamentele, faccio prezzi equi. Pago tutto, contributi, tasse, per ogni cosa c’è lo scontrino. Rimango quasi asciutta. Se le tasse fossero eque le pagherebbero tutti. Ho appena fatto la dichiarazione dei redditi e versato l’85% al fisco. Capisce? L’85%. Per la pizzeria in Corea del sud verso il 18%. Per questo la popolazione evade. Lo dice la parola: si evade da una costrizione, da una trappola. I ristoratori che fanno F24 a raffica lo sanno bene. Su questo fronte c’è molto da fare».

Il personale lo trova facilmente?

«Sì, non è vero che i ragazzi sono degli sfaticati. Quelli che fanno la stagione vogliono tornare. Li tratto bene e li pago bene. I camerieri ragazzini prendono 1600 euro, i più esperti 2200. In cucina, da 2400 a 2600 per 40 ore settimanali, con i turni nel fine settimana».

Perché c’è meno sicurezza ultimamente?

«Perché le forze dell’ordine sono in minoranza rispetto alla criminalità in aumento. È un fatto che interpella il ministero della Giustizia più che le forze dell’ordine locali».

Che cosa si dovrebbe fare per proteggere maggiormente piccoli imprenditori, commercianti e artigiani?

«Sono favorevole alla leva obbligatoria. I giovani potrebbero essere tolti dalla strada ed essere addestrati per aiutare lo Stato a mantenere l’ordine nelle città. Cambierebbe anche la convivenza nel Paese».

C’è qualche responsabilità delle autorità locali?

«Non mi sento di accusare il sindaco o l’assessore. Se sono in minoranza le forze dell’ordine non posso colpevolizzarli. L’assessore all’ordine pubblico ha detto che il pericolo non è reale, ma è una nostra percezione. Sono scoppiata a ridere. Non sono né di destra né di sinistra, ma per le cose giuste. Purtroppo, come milioni di italiani, non vedo un partito nel quale mi riconosco».

Sta coltivando l’idea di candidarsi?

«Me lo chiedono tutti, ma non lo farò perché so che vincerei facile».

E la sua vita cambierebbe?

«Tanta persone cui sto antipatica mi complicherebbero l’esistenza e io la complicherei a loro».

Lei è una persona nota a Verona.

«Soprattutto per il mio coraggio. Vado in televisione, mi occupo della ristorazione, m’impegno con le associazioni, mi relaziono con le istituzioni. Poi c’è sempre il politico di turno che si propone di aiutarmi, ma gli fanno gola i voti che potrei portargli».

Va in tv, a quali programmi ha partecipato?

«Con il Bertoldo, la trattoria più famigliare, ho partecipato a 4 ristoranti. Poi a programmi di cucina nelle tv locali come giudice. E sono una “panelista” di 100% Italia con Nicola Savino su Tv8. Illustro i sondaggi che conduce l’Istituto Piepoli, spiego le preferenze degli italiani sul territorio».

La prima attività è imprenditrice della ristorazione, la seconda investigatrice, la terza ospite televisiva?

«Mi piace partecipare ai talent show, usare la mia voce per far sì che l’Italia si senta unita e veda che qualcuno si batte per la gente, senza distinzioni fra nord e sud. Se non ci uniamo noi, non ci uniscono i ministeri. Credo che chi governa dovrebbe stare più vicino alla popolazione. Ma se non si avvicinano loro, possiamo farlo noi. I sondaggi che interpellano le persone comuni possono servire a questo. Servirebbe un gruppo di persone comuni con le quali i politici potrebbero interfacciarsi, consultandole costantemente sui temi di tutti i giorni come la sicurezza, la sanità, la scuola, le tasse».

Guadagna di più con i ristoranti o con la televisione?

«Con i ristoranti. Sono anche food coach, insegno marketing della ristorazione per portare avanti le mie attività».

Food coach? Cos’ha di diverso dal dietologo e dal nutrizionista?

«Il dietologo prescrive una dieta, il nutrizionista un piano alimentare, il food coach ha un approccio più motivazionale ed emotivo al cibo».

Le tradizioni gastronomiche italiane sono sufficientemente valorizzate?

«Lavorando all’estero, direi di sì. Dobbiamo esserne orgogliosi e difenderle».

In tv ci sono troppi programmi di cucina?

«Sono tanti, ma sono anche divertenti e istruttivi. Non è scontato che un concorrente di Masterchef diventi un buon imprenditore. Se vinci un cooking show non sai automaticamente gestire un ristorante. Il cuoco è un cuoco, l’imprenditore un imprenditore, magari sa cucinare, ma non sa gestire. Tant’è vero che non tutti i giudici di Masterchef hanno ristoranti di successo. Lancio un’idea: nei programmi di cucina servirebbe anche un giudice donna e imprenditrice».

Si sta candidando?

«Sì. Per questo qualcuno mi attacca: cosa non si fa pur di mettersi in evidenza. Rispondo che non ne ho bisogno perché ho già abbastanza successo. Ma se la mia voce serve per creare nuovi posti di lavoro eccomi qua».

Un paio d’anni fa Arrigo Cipriani ha scritto un libro intitolato Tutti gli chef sono in tv… e noi andiamo in trattoria.

«Sono d’accordo con Cipriani al 100%. Io non ho ristoranti stellati, i giovani di oggi investano nelle trattorie e nelle osterie per tornare alle tradizioni».

La svolta green voluta dall’Europa come si riversa in cucina?

«Faccio un buon pane in casa. Da me le farine animali non ci saranno mai. Piuttosto proverò un modo per allevare il granchio blu, visto che ce n’è in abbondanza ed è buonissimo. Perché ricorrere al cibo sintetico e alla farina di grilli se certe tipologie di pesce si riproducono e sono a disposizione?».

Qual è il vostro piatto forte?

«Il risotto all’amarone».

 

La Verità, 23 settembre 2023