Dialogo tra un boomer e Gaia, assistente virtuale

Abbiamo tutti fatto esperienza di esasperanti attese con i call center di vari servizi pubblici e privati: «Se volete parlare con l’ufficio vendite digitate 1, se volete parlare con…». Ma una cosa come quella di stamattina, quando ho chiamato il concessionario di un’importante casa automobilistica straniera per fissare un appuntamento, non mi era ancora successa. Dopo il breve interrogatorio e il dirottamento al centralino desiderato, parte la solita solfa: «Ci scusiamo per l’attesa, tutti gli operatori sono momentaneamente occupati…». Dotato di auricolari, mi dispongo ad aspettare dedicandomi ad altro. Finché una voce femminile mi spiazza: «Buongiorno, sono Gaia, la sua assistente virtuale, in che cosa posso esserle utile?». Dopo un attimo di sbandamento, blatero laconico: «Vorrei prenotare un appuntamento». «Per quale necessità», incalza la voce dall’altra parte. «Dovrei cambiare gli pneumatici e fare altri controlli», mi giustifico – sempre ricorrendo al condizionale. Mentre parlo, sento il ticchettio sulla tastiera, chissà come attivata, penso tra me. «Ho preso nota», è la risposta, «verrà ricontattato al numero da cui ci sta chiamando, se acconsente». Acconsento. Rapido ticchettio. L’assistente virtuale mi ringrazia e si scusa per un’ultima domanda: «Da 1 a 5 come classificherebbe la mia assistenza?». Uno, rispondo. «Perché?», m’interroga l’entità con cui sto dialogando dopo una pausa che sembra di sorpresa, «lo chiedo per sapere come posso migliorare». «Temo che non possa», replico, «vorrei parlare con un assistente in carne e ossa». Ticchettio e click, senza saluti. Mentre aspetto che qualcuno mi richiami continuo a chiedermi se l’ho offesa.

 

La Verità, 24 ottobre 2024