I 5 motivi per cui Matrimonio a prima vista fa malinconia
C’è una lunga premessa per motivare, anzi, giustificare, il nuovo factual di Sky Uno, Matrimonio a prima vista – Italia, derivato da Married at First Sight a sua volta tratto da una serie danese. È una lunga rincorsa per tentare di dare credibilità all’operazione, mettere le mani avanti e prevenire le critiche, o per entrambi i motivi. In Italia, recita la voce fuori campo, vivono più di 8 milioni di single, i siti di appuntamenti sono in costante aumento e ogni giorno crescono le applicazioni dedicate alla ricerca dell’amore, eppure le persone fanno sempre più fatica a trovare il partner giusto. “Un matrimonio combinato dalla scienza può essere la strada giusta per trovare l’amore della vita?”, butta lì sempre la stessa voce. La risposta è affidata a un team di tre esperti composto da Mario Abis, sociologo di lungo corso (fondatore e presidente di Makno), Gerry Grassi, psicologo e psicoterapeuta con barba e giacca da ypster, Nada Loffredi, sessuologa molto compresa del ruolo.
Nel primo episodio si assiste alla convocazione dei potenziali concorrenti, all’oscuro del vero contenuto del format, buona parte dei quali abbandona appena gli esperti lo rivelano: sposarsi conoscendo il proprio partner direttamente davanti al funzionario che celebra il matrimonio civile (sempre lo stesso nelle tre situazioni diverse). Scusate: ma finora non s’era detto che prima di sposarsi, bisogna sperimentare la convivenza? Una volta “uniti in matrimonio” i neo-sposi vivranno da coniugi per cinque settimane e a quel punto si capirà se andranno avanti o ricorreranno al divorzio, procedura abbreviata. L’obiettivo degli esperti è formare tre coppie da far convolare scelte tra i superstiti, “41 donne e 56 uomini, per un totale di 2296 possibili match”, che vengono sottoposti a test di varia natura per conoscere temperamenti, abitudini, gusti e tutto il resto. Frullati i quali, in un programma che combina voci come universalismo, tradizione, conformismo, edonismo, successo, si abbina il partner più compatibile. Sebbene il team di scienziati faccia di tutto per rendere plausibile il meccanismo alla fine domina un senso di finto e di malinconia. Ecco perché.
- Le parole sono svuotate del loro significato e qui matrimonio corrisponde a una sorta di gioco, di pretesto, di divertissement. La formula magica, un tantino ipocrita, ripetuta fino alla nausea è esperimento sociale. I soggetti dell’esperimento sono gli scienziati, gli oggetti sono i candidati sposi. Ovvero, delle cavie. Poi uno dice che i giovani sono bamboccioni, non riescono a costruirsi un futuro eccetera. Tranquilli, ci pensa la tv, manuale d’istruzioni per vivere.
- Le cavie non sono protagoniste e possono solo subire le azioni dei manovratori, ovvero la televisione e la scienza, veri attori del matrimonio. Non a caso, durante la preparazione, i candidati continuano a ripetere “è una cosa assurda”, “è una follia”, “non è umanità”. Il matrimonio contratto dai concorrenti è equiparato a una prova, un cimento del reality. Così questi poveri ragazzi si scambiano l’anello nuziale e si dicono “speriamo di innamorarci”.
- Il meccanismo appare brutale. Ai promessi sposi viene annunciato che la prossima settimana sarà celebrato il loro matrimonio al buio. Fino al giorno stabilito, oltre a provare l’abito e informare la famiglia completamente ignara, hanno tutto il tempo per arrovellarsi in notti insonni chiedendosi chi e come sarà il partner. Unico sedativo della paura di aver commesso un colossale errore, la scappatoia del divorzio.
- Verosimilmente, i partecipanti al game, di questo si tratta, percepiscono un robusto gettone. E verosimilmente ci guadagneranno anche in popolarità, visibilità e quant’altro.
- Chiudo citando la risposta di una ragazza che ha abbandonato dopo aver conosciuto lo scopo della chiamata: “Voglio scegliere io con chi sposarmi”.