Quell’agente segreta a Teheran fa capire molto
Tratta temi e situazioni ultra sensibili Teheran, la serie prodotta dal canale pubblico israeliano Kan e diffusa da Apple Tv+ che narra le vicende di una hacker informatica del Mossad (Niv Sultan) che s’infiltra nella capitale iraniana per manomettere il reattore nucleare del regime di Ali Khamenei. Non per niente, a causa del massacro perpetrato da Hamas il 7 ottobre 2023 e dei fatti conseguenti, il rilascio della terza stagione, già girata e previsto per l’aprile 2024, è stato posticipato. Una nuova data era stata fissata nel dicembre scorso, ma l’aggravarsi delle tensioni sfociate nella crisi bellica di questi giorni ha consigliato un ulteriore rinvio. Paradossalmente, questi slittamenti sono un riconoscimento della tempestività di autori e produttori dello show, ancor più del pur lusinghiero Emmy award come miglior serie drammatica conquistato dalla prima stagione nel 2021. La finzione è così puntuale e intrecciata alla realtà più nevralgica che, come in questo caso, è costretta a fermarsi per non condizionarla o complicarla.
Nata in Iran anche se cresciuta in Israele, l’avvenente agente del Mossad parla bene la lingua e conosce usi e costumi della terra degli ayatollah. A Teheran i cittadini israeliani sono nemici, ma le sue origini, camuffate dalla nuova identità assunta per la missione, le consentono qualche margine di manovra. Tuttavia, quando incontra una serie di ostacoli, è costretta a ricorrere a soluzioni improvvisate che la espongono a continui pericoli. Il capo delle Guardie speciali della rivoluzione islamica (Shaun Toub) è sulle sue tracce e non è tipo da farsi scrupoli. Quanto a lei, non riesce a fidarsi del suo contatto in loco. E anche la sponda con la centrale operativa dell’intelligence israeliana comincia a essere meno affidabile. Un ulteriore ostacolo è rappresentato dalle frange oltranziste musulmane che l’hanno individuata. Non resta che inventarsi un nuovo percorso di sopravvivenza, anche a costo di qualche cedimento morale, magari infilandosi nei rave dei militanti anti regime…
Perfettamente padroni dell’alternanza tra i meccanismi della suspense e le bonacce sentimentali, ideatore (Moshe Zonder) e regista (Daniel Syrkin) di Teheran riescono a creare in ogni episodio momenti di tensione degni della miglior tradizione spionistica cinematografica. Inoltre, sia la scarsa conoscenza delle abitudini di quell’angolo di Medioriente, con il suo fascino sinistro e le sue musiche avvolgenti, sia la percezione della vicinanza con l’inquietante scenario attuale, aggiungono attrattiva a tutto il racconto.
La Verità, 28 giugno 2025