Nel metafisico Soul il destino suona il jazz
Un cartoon metafisico. Si può definire così l’attesissimo Soul (anima), dal 25 dicembre su Disney+. Il film prodotto dalla Pixar avrebbe dovuto sbarcare nei cinema americani nel giugno scorso e nei nostri a Natale. Invece, causa Covid, eccolo ora disponibile solo per gli abbonati della piattaforma streaming. Con i precedenti Monster & Co, Up e Inside Out, il geniale autore e regista Pete Docter ci ha abituato a storie allegre dai risvolti filosofici. Stavolta il protagonista è un afro-americano, il tenero Joe Gardner, professore di musica con aspirazioni da jazzista, in attesa delle occasioni della vita. Ne arrivano ben due nello stesso giorno, si sa com’è il destino: l’assunzione definitiva presso la scuola dove già lavoricchia e la possibilità di essere scritturato come pianista nel quartetto di Dorothea Parker. Inutile dire che la pragmatica madre, padrona di una lavanderia, propenda per il rassicurante contratto scolastico, mentre lui smania per il molto più bohémien jazz club. Senonché, mentre corre a sciogliere il dilemma, canticchiando «la musica è il mio pensiero fisso» dalla mattina alla sera, il tenero Joe precipita in un tombino che lo catapulta nell’Aldilà. Si sa com’è il destino. E si sa quanto lo si rifiuti quando si frappone alla grande opportunità che attendiamo da sempre. Così, lassù, nella specie di ultramondo nel quale ora si trova, il tenero Joe cammina in direzione contraria a quella di tutte le anime dirette al giudizio finale: non posso, non voglio, non devo morire, proprio ora che mi vogliono nel mitico quartetto di Dorothea Parker (che pur citando il mitico Charlie, somiglia a quello di John Coltrane). Il suo nuovo chiodo fisso è tornare sulla terra, anche mettendosi in combutta con l’anima più ribelle dell’Aldilà. Per farlo, però, bisogna associarsi a un corpo terreno. Purtroppo, le cose non filano lisce e mentre l’anima ribelle prende le sembianze del tenero Joe, lui assume quelle di un gatto paffuto. Si sa com’è il destino, la seconda chance bisogna conquistarsela e nessuno si salva da solo…
Affiancato dallo sceneggiatore di colore Kemp Powers, forse in ossequio alle nuove norme dell’Academy per gli Oscar, il bianco Pete Docter ambienta nella New York dei sobborghi popolari una storia a due velocità: quella ordinaria del prof vessato dalla madre, e quella metafisica, più asettica, dove si rincorrono le anime disegnate come le cellule dell’acqua Lete. Per ritmo, colori, fantasia e intensità narrativa la parte terrena è di gran lunga la più emozionante delle due. Si attende un seguito sulla carriera di Joe Gardner.
La Verità, 3 gennaio 2020