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Angelina vince Sanremo. Geolier 2° e Annalisa 3ª

L’Amadeus V va in archivio. A meno di ripensamenti agostani, l’anno prossimo si cambia. E si fanno già i nomi dei possibili successori: da Carlo Conti a Paolo Bonolis a Milly Carlucci fino al duo Laura Pausini-Paola Cortellesi. Intanto si è chiusa l’edizione dei record di ascolti, ottenuti senza baci gay, sermoni arcobaleno e predicozzi vari. Ecco un abbozzo di bilancio.

Amadeus: 5 Direttore artistico, selezionatore musicale, conduttore, spalla di Fiorello. Arrivato al suo quinto Festival, è riuscito a preservarlo dalla politica. Meglio tardi che mai. Buona l’idea di privilegiare alcune testimonianze. Poi c’è stata l’imbarazzante partecipazione di John Travolta con il sospetto di pubblicità occulta. «Mi occupo della parte artistica e non di quella contrattuale», ha rintuzzato, suffragando l’ipotesi che la promozione delle sneakers sia avvenuta a sua insaputa. Insaputa recidiva che, dopo il caso Instagram-Ferragni, ne ridimensiona il profilo di professionista. L’ultimo giorno lo spiazza anche il successo di Geolier, fischiato dall’Ariston il suo primo posto nella serata delle cover. Lui, con scelta discutibile, lo ha voluto in gara, addirittura modificando il regolamento. Spaesato.

Assenze: 9 Le assenze che hanno giovato. Quest’anno sono mancati coloro che ormai sembravano abbonati a Sanremo. Achille Lauro e i Måneskin, l’ex capo dell’Intrattenimento Stefano Coletta, i Ferragnez e i siparietti Lgbtq+. Non si sono sentiti monologhi politici. E non si sono visti i grandi capi Rai in prima fila. Non essendoci, hanno fatto il bene del Festival. Brillanti.

Fiorello: 8 Neanche i migliori sono infallibili. Sempre geniale, salvo nella gag del Ballo del Qua qua da lui ideata, spartiacque negativo di questa edizione. «La gag più terrificante della storia della tv italiana», ha ammesso con stile. Poi ha rivendicato l’errore, ribaltandolo: «Non stava succedendo niente. Abbiamo dato da mangiare al Codacons, ai giornalisti, agli avvocati». E ancora: «Anche Sinner ha steccato un po’ di palle nella finale degli Australian open, ma poi ha vinto. Una gag venuta male su cinque giorni ci può stare». Già. Ha ballato con Lorella Cuccarini, duettato con Gianni Morandi. In assenza di Lucio Presta, si è improvvisato agente. E per lui il ciclo di Amadeus finisce qui. Imperdibile a Viva Raidue! Viva Sanremo! la lettura dei messaggi dei nottambuli sintonizzati. O l’ascolto di qualche telefonata che l’ha preso in contropiede: «Ciuri vai a dormire, che domani hai una giornata impegnativa». Era mamma Rosaria. Ciclone.

Dirigenza Rai: 4 Alle conferenze stampa si esibiscono direttori, capi e capetti. Florilegio di tecnicismi per illustrare i vari record. Risposte sovrapposte e contraddittorie. Come sul caso Travolta. Amadeus dice che l’attore non ha concesso la liberatoria del Ballo del Qua qua a posteriori, Federica Lentini, vicedirettore Intrattenimento, sostiene che il divo ha firmato un contratto «solo per la diretta». La Rai sta valutando la causa legale contro Travolta per pubblicità occulta. Ma sarebbe bastato che l’autore addetto alla cura del divo avesse oscurato il logo delle scarpe e ci si sarebbe evitati tutto il can can. Invece, le insistite inquadrature fanno pensare che la causa sia solo di facciata. Pletorica.

Angelina Mango: 8,5 Vincitrice morale. Reduce da Amici, il suo primo e unico tour s’intitolava Voglia di vivere. Quanta, nei suoi 22 anni. E quanta voce. Piena di colori, come le sue mise. Si è sbranata il palco, collezionando standing ovation. Non ultima quella dopo aver interpretato La rondine, complessa ballata scritta e cantata dal padre. La noia è una cumbia latina e sudamericana perfetta per la sua energia. «Mi sono annoiata tanto da piccola. Lagonegro è un paese di 5.000 abitanti che non offre tanti stimoli e così ho avuto tanto tempo da dedicare alla musica e alla famiglia. A me la noia è servita». Selvaggia.

Giovanni Allevi: 9 Il suo ritorno davanti al pubblico dopo anni di assenza a causa di un mieloma è il momento più toccante di questo Festival. «Quando tutto crolla e resta in piedi solo l’essenziale, il giudizio che riceviamo dall’esterno non conta più. Io sono quel che sono, noi siamo quel che siamo. Eppure sento che in me c’è qualcosa che permane ed è ragionevole pensare che permarrà in eterno», ha detto con le sue movenze da folletto, liberando da una cuffia la chioma riccia e imbiancata: «È liberatorio essere sé stessi». Poi ha suonato più «con l’anima che con il corpo» un brano al pianoforte. Struggente.

Break pubblicitari: 5 Più frequenti degli anni scorsi (con incremento dell’introito) ma uguali agli anni scorsi per intonazione pride. Stonati soprattutto gli spot di make-up: lei che bacia lui che bacia lei che bacia me. Poi c’è il bombardamento di promo di serie e varietà d’imminente programmazione. Alla settantesima apparizione di Riccardo De Rinaldis Santorelli per Mameli, il ragazzo che sognò l’Italia, ci si augura che una pallottola di moschetto lo secchi per sempre. Esasperanti.

Teresa Mannino: 6 Era stata perfetta, fino all’unico monologo delle cinque serate. Già in conferenza stampa aveva punzecchiato Amadeus per l’idea di far estrarre a sorte ai giornalisti gli abbinamenti cantanti-presentatori: «Lo so che ti sei inventato questo giochino con loro per tenerteli buoni ed evitare che scrivano cose cattive. Invece, voi dovete scriverle lo stesso» (partita persa, i giornalisti gli danno del tu: «Una domanda per Ama…»). Poi aveva riempito l’Ariston con personalità e leggerezza, giocando con il pubblico in platea e presentando a dovere. Tutto bene, fino a quella tirata sulle «formiche tagliafoglie» e Protagora. Ironico e leggero quanto si vuole, ma altrettanto prevedibile nei contenuti. Occasione mancata.

Lorella Cuccarini: 7,5 La sua partecipazione come co-conduttrice deriva da quella come ospite dell’anno scorso, quando impressionò per dinamismo e sensualità ballando La notte vola. Quest’anno si è ripetuta, raccontandosi anche con gli abiti che ha sfoggiato. Spigliata e professionale nelle presentazioni. «Non mi sento ospite, qui a Sanremo. Mi sento a casa». Spumeggiante.

Annalisa: 8 Vincitrice annunciata, tranne per una parte della Sala stampa tifosissima di Mahmood. Dopo il boom di Mon amour, è entrata all’Ariston con i favori del pronostico. La marcetta Sinceramente, orecchiabile e ben costruita, ha preso subito tutti. Ottima prova anche nella serata delle cover con Sweet dreams degli Eurythmics. Reggicalze in bella vista, ha fatto la differenza anche con il look. Mainstream.

 

La Verità, 11 febbraio 2024

 

Post scriptum Con La noia, Angelina Mango vince il Festival di Sanremo numero 74: «Siete matti!». A consegnarle la vittoria finale sono il voto della Sala stampa e delle radio che ribaltano il televoto che, col 60% delle preferenze, aveva premiato Geolier, classificatosi secondo. Annalisa è terza con Sinceramente.

«Sono nottambulo, ma Sanremo dura troppo»

Gigi Marzullo è anche un filosofo. In queste notti in cui Sottovoce è andato in onda all’alba, dopo le serate festivaliere e la splendida appendice fiorellesca, si rivolgeva così al suo pubblico: «La felicità, a volte, è proprio nell’attesa».

Marzullo, lei è un medico che voleva fare lo psichiatra e invece conduce programmi su Rai 1, di solito dopo la mezzanotte: che cosa ci sfugge?

«C’è sempre qualcosa che sfugge… A 17 anni volevo fare il medico chirurgo e mi sono iscritto alla facoltà di medicina all’università di Pisa dopo aver conseguito la maturità classica al liceo Pietro Colletta di Avellino. Ho superato bene i primi esami, ma pio, a vent’anni volevo cambiare vita e diventare un attore. Mi sono trasferito all’università di Napoli, sempre alla facoltà di medicina, e ho iniziato a informarmi per iscrivermi al Centro sperimentale di cinematografia o all’Accademia d’arte drammatica Silvio D’Amico. Arrivato al bivio, esame di anatomia o esame al Centro sperimentale, la paura ha vinto sul coraggio e ho scelto quello di anatomia proseguendo medicina, per poi laurearmi superati i 40 anni. Intanto, sono arrivati Radio Irpinia, Tele Avellino, Mattino di Napoli e la Rai Radiotelevisione Italiana. Tutto questo fino ai miei primi 70 anni».

Si è sposato dopo una lunga convivenza con Antonella De Iuliis, celebrante Ciriaco De Mita, sindaco di Nusco. Adriano Galliani testimone però è un’altra cosa che sfugge.

«L’amicizia è come l’amore. Quando ci si imbatte in questi sentimenti si può solo prendere atto di quello che la vita regala».

Quando l’ha conosciuto?

«Più di vent’anni fa al ristorante Garibaldi a Milano. Lo invitai a Sottovoce. Ma in quel momento il Milan non era in un buon periodo e mi rispose che se avesse vinto lo scudetto mi avrebbe concesso l’intervista. Manco a farlo apposta il Milan vinse e da lì è nata la nostra amicizia. Un’amicizia vera».

Anche calcistica?

«No, io tifo Avellino. È la mia prima squadra. Poi ho simpatia per le squadre di cui Galliani è amministratore delegato, prima il Milan, ora il Monza».

Ha superato quarant’anni di lavoro in Rai: ci regala un ricordo, un episodio?

«Ricordo con piacere il primo giorno a via Asiago, il primo contratto come annunciatore in radio, poi il primo contratto da consulente a viale Mazzini. Tra i ricordi spesso mi torna in mente l’incontro professionale con Fanny Ardant a Bari, un mio mito da sempre».

La persona che le ha insegnato di più?

«Ho appreso da tutti. Da Brando Giordani, da Carlo Fuscagni, da un vecchio dirigente che si chiamava Paolo De Andreis, dall’ex direttore di Rai 1, Nadio Delai. Fu Fuscagni a dirmi di aprire la notte di Rai 1. Giordani aveva grande umanità. Un giorno mi vide solo a Viale Mazzini e mi disse: se non hai di meglio da fare t’invito a casa mia, vengono un po’ di amici. Era l’ultimo dell’anno, ci andai. E poi Biagio Agnes, che mi ha assunto».

Era di Avellino come lei e De Mita.

«Di Serino, un paese della provincia. Poi Flavio Cattaneo che, da direttore generale, mi invitò a creare una struttura di rubriche culturali».

Anche Fabio Fazio vanta 40 anni di carriera Rai. Però da quando è andato sul Nove lei non partecipa più al Tavolo. Mentre Amadeus e Fiorello hanno presentato lì il Festival.

«In 40 anni da operaio Rai sono stato sempre in sintonia con l’azienda che è il posto dove finora ho passato più ore della mia vita. La partecipazione a Che tempo che fa è stata un’esperienza esaltante e costruttiva sotto il profilo umano e professionale. Tutto nella vita va, viene e a volte ritorna».

Può tornare anche la partecipazione al programma di Fazio?

«Mi riferivo ai possibili ritorni nella vita in genere. Che tempo che fa? Sono un operaio della Rai e faccio quello che mi dice la Rai».

Esiste o no TeleMeloni?

«Esiste la Rai».

Conduce Cinematografo. Qual è il suo rapporto con il cinema?

«Ho ideato e condotto Cinematografo perché la mia passione per il cinema è profonda, intensa e speciale. La mia adolescenza l’ho trascorsa a vedere tanti film all’Eliseo, il Partenio, il Giordano e l’Umberto di Avellino, spesso al primo spettacolo, da solo. Il cinema mi regala e mi ha regalato in tanti anni sogni, dubbi, speranze, certezze. E qualche piccolo smacco: una volta mi presentai per vedere Zabriskie point che era vietato ai 14 anni. Ma, per pochi giorni, non li avevo ancora compiuti e non mi fecero entrare, con mio gran dispiacere».

Che film ha visto quest’anno?

«Ogni settimana ne vedo molti, per piacere e per lavoro. Ultimamente ho visto C’è ancora domani, Foglie al vento, Io, noi e Gaber».

Io capitano di Matteo Garrone e Perfect Days di Wim Wenders?

«Io capitano non ancora avuto tempo di vederlo. Perfect Days lo vedrò di sicuro».

Quale film ha amato di più?

«Amo le storie d’amore: La prima notte di quiete, Innamorarsi con Meryl Streep e Robert De Niro, Una giornata particolare con Sophia Loren e Marcello Mastroianni. Le storie d’amore con un lieto fine mi regalano serenità».

Conduce anche un programma sui libri. Cosa legge e chi sono i suoi autori?

«Per piacere e per lavoro leggo molto. Libri che raccontano la vita degli altri, libri di filosofia, romanzi sentimentali. I miei autori vanno da Roberto Gervaso a Maurizio De Giovanni».

Più di 5000 interviste a Mezzanotte e dintorni e Sottovoce che quest’estate compirà trent’anni. La più difficile?

«Ogni intervista è un incontro che mi arricchisce e mi aiuta a capire qualcosa anche di me. Non ci sono interviste facili o difficili, ci sono interviste che possono interessare di più o di meno. Per me un’intervista è un momento di crescita umana e professionale».

Quella che le ha dato più soddisfazione?

«Oltre l’incontro con Fanny Ardant, gli incontri con Alberto Sordi, Sophia Loren, Woody Allen e Richard Gere».

Quella che vorrebbe fare e non ci è ancora riuscito?

«All’attuale presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Ho letto il suo libro autobiografico e ne sono rimasto molto colpito».

Sempre in onda a notte fonda: ci sta bene?

«Sono contento della possibilità che un po’ di anni fa ho avuto di aprire la notte della prima rete Rai. Un’occasione che mi ha regalato emozioni personali e professionali».

Domanda marzulliana: che cos’è per lei la notte?

«Sono più notturno che diurno. A volte la notte mi regala serenità, altre volte inquietudine. Tra la luna e il sole scelgo sicuramente la luna. Ho un fisico più adatto alla notte e meno alle ore mattutine».

Mai desiderato un programma in prima serata?

«A volte ci ho pensato. Ma comunque non lascerei mai la notte».

Le sue preferenze televisive?

«A casa ho una tv in ogni stanza, bagno compreso. In camera da letto ne ho due perché la domenica, per esempio, su una guardo le fiction e sull’altra le partite. Guardo un po’ tutto. I telegiornali e poi da Porta a Porta a Linea notte. Anche qualche film su Cine 34. Quelli con Maurizio Merli, Corrado Pani, i polizieschi degli anni Settanta tipo Roma violenta, Italia a mano armata».

Ultime serie viste?

«La Storia di Francesca Archibugi tratta dal libro di Elsa Morante. Ho visto tutto Il commissario Ricciardi con Lino Guanciale, dove c’è la Napoli di De Giovanni».

Adesso fa anche un programma alla radio.

«Il Marzulliere su Isoradio. Un’ora a settimana di canzoni, libri, persone e chiacchiere in libertà»

Da ragazzo preferiva Mina o Ornella Vanoni?

«Ho conosciuto e incontrato con la complicità delle telecamere Ornella Vanoni; solo per questo dico Ornella Vanoni».

Adriano Celentano o Lucio Battisti?

«Ho conosciuto Adriano Celentano e apprezzo Lucio Battisti, ma non l’ho mai incontrato. Per questo dico Celentano».

Cantautori o gruppi rock?

«Per la mia storia e per la mia età dico cantautori, senza disprezzare i gruppi rock che a volte seguo con interesse e curiosità».

Frequenta i social network?

«Non li frequento, forse per pigrizia. Penso che ognuno possa scegliere cosa fare nella e della propria vita, senza mai invadere la libertà degli altri».

Al venerdì, nel fine settimana, torna ancora ad Avellino?

«Avellino è le mie radici, la mia educazione, la mia formazione. Quando posso ritorno dove tutto è partito. È lì che c’è la casa nella quale ho trascorso i primi anni di vita e dove conservo i ricordi e gli incontri più importanti».

La canzone più amata della storia del Festival di Sanremo?

«La canzone più amata è Dio come ti amo di Domenico Modugno e Gigliola Cinquetti».

Che cosa le è piaciuto di più e che cosa di meno di questa edizione?

«Il Festival di Sanremo rappresenta il nostro Paese. È una festa che aggrega giovani, meno giovani, donne, uomini e bambini. Uno spettacolo per tutti. Seguo da sempre Sanremo, mio papà alla fine dell’edizione comprava sempre tutti i dischi. Il momento che ho apprezzato di più di quest’anno è il toccante racconto e la breve esibizione di Giovanni Allevi. Quanto al lato negativo, forse farei durare di meno le serate».

Ha mai pensato di condurlo?

«Quando lo vedo, compreso quest’anno, ci penso. È ovvio che condurrei Sanremo come sono io e come so fare. Sicuramente sarebbe un Festival un po’ antico, ma l’antico può essere moderno. Solo la vecchiaia non può diventare gioventù».

Qual è la sua più grande ossessione?

«La morte. La trovo una grande ingiustizia. Scherzando ma non troppo, a volte dico che nasciamo già con il cancro e il cancro è sapere di dover morire. La vita è un intervallo tra la nascita e la morte».

È un pensiero che fatica a rimuovere?

«Ci penso sempre, purtroppo a 70 anni ancora di più. Mia madre mi diceva: <Perché ci pensi sempre? Dovrò morire prima io>».

Un’ossessione più leggera?

«Il cibo. Anche se mangio sempre le stesse cose, gelati, pasta e verdura. Non amo il salato».

Un hobby, un’abitudine personale, uno spazio solo suo?

«Mi piace passeggiare da solo. In mezzo alla gente, anche nel centro di Roma, magari per fare shopping o guardare i negozi. E poi mi piace oziare».

Dove?

«Posso stare anche diverse ore seduto in un bar. A guardare la gente».

 

La Verità, 10 febbraio 2024