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In tv poliziotte e donne alfa arrestano gli stereotipi

Con il pensionamento di Salvo Montalbano e il successo conclamato di Lolita Lobosco, in casa Zingaretti-Ranieri gli stereotipi sono definitivamente debellati. Del resto, Luca&Luisa, anche in società nella Zocotoco, sono da sempre una coppia avanti. Già qualche anno fa, in uno spot gastronomico avevano dato la linea a tutti. Interno del loro living molto contemporaneo: «Quanto manca?», s’informa morbida lei mentre apparecchia. «È pronto… Spaghettoni o mezze maniche?», chiede complice e spadellante lui. Dall’advertising pubblicitario pullulante di mammi e cuochi, di papà che fanno il bucato e di genitori 1 che si fanno cazziare da mocciosi sgamati, il rovesciamento dei ruoli è tracimato nelle fiction e nelle serie tv. L’imperativo è: morte al patriarcato, ça va sans dire. E nei palinsesti non solo di Rai 1 proliferano vicequestori, commissari, ispettori, avvocati e anatomopatologi, tutte rigorosamente donne, in prima linea a sgominare bande criminali, arrestare malavitosi, incastrare furfanti inafferrabili. Negli anni vi si sono cimentate da Claudia Pandolfi ad Ambra Angiolini, da Miriam Leone a Carolina Crescentini, solo per citarne alcune. In pratica, nella rappresentazione vincente di questi tempi l’intero apparato inquirente del Belpaese è in mano alle nuove eroine della legalità. Certo, sopravvivono anche poliziotti di sesso maschile. Ma o sono in crisi esistenziale, come il Rocco Schiavone di Marco Giallini che, tra una canna e un’indagine nel gelo di Aosta affrontato con il loden, parla con il fantasma della moglie scomparsa; oppure come l’intraprendente Giuseppe Lojacono (Alessandro Gassman), sono solo uno dei poliziotti del corale Bastardi di Pizzofalcone (tratto dai romanzi di Maurizio De Giovanni).

Formula giallorosa

Intuitive, lungimiranti e perspicaci, le nuove poliziotte risolvono casi, sbrogliano matasse, trovano la chiave di volta. Come avviene, per esempio, in Blanca, la fortunata serie imperniata sulla consulente del commissariato San Teodoro di Genova interpretata da Maria Chiara Giannetta che, a causa della cecità, è dotata di un udito particolarmente sensibile, indispensabile nella decodifica di voci e rumori.
La formula è sempre giallorosa: indagini e risvolti privati teneri. Funziona in modo particolare in Le indagini di Lolita Lobosco, lo show spruzzato di seduzione portata dalla protagonista in una Bari altrettanto ammaliante. Nella nostra fiction cartolinosa, il paesaggio dialoga con le passioni. Anche se poi accade che il vicequestore «Lolì» sia costretta a irruzioni pericolose in tacchi a spillo e a estrarre la pistola dalla borsa firmata. Succede. Si bada più al concreto tra i Sassi di Matera, dove si muove sbrigativo il sostituto procuratore Imma Tataranni (Vanessa Scalera), pronta a mettere sotto inchiesta anche Gianni Morandi se l’indagine lo richiede. Che non si guardi in faccia a nessuno lo sanno bene il marito (Massimiliano Gallo) e collaboratori, tutti un po’ macchiette, come sono spesso gli uomini in queste storie.

Empowerment femminile

In Studio Battaglia, le intrepide protagoniste (Barbora Bobulova, Lunetta Savino e Miriam Dalmazio) delle cause di divorzio non disdegnano di trescare in proprio, con corollario di mariti subalterni o cornificati. È l’empowerment femminile, bellezza. Ambientato nella Milano cosmopolita dei grattacieli, il legal drama è un adattamento della britannica The Split. La wonderwomanmania è una tendenza planetaria. Il personaggio di Pedra Delicado, creata dalla penna della spagnola Alicia Giménez-Bartlett, è protagonista di Petra, la detective di Paola Cortellesi che indaga a Genova, spalleggiata da un ispettore più tradizionale (Andrea Pennacchi) con il quale discute di diritti e temi connessi. In lavorazione la terza stagione per Sky Cinema. Acquistata direttamente da Belgio e Francia produttori è, invece, Morgane – detective geniale, protagonista una donna delle pulizie che, grazie al suo quoziente intellettivo, diventa consulente della polizia giudiziaria, per fortuna senza tirarsela con moralismi a buon mercato.
La lista potrebbe continuare, ma la tendenza è tutt’altro che nuova. Anzi, viene da lontanissimo. A metà anni Sessanta, sul «programma nazionale» quando le serie si chiamavano ancora sceneggiati, fu Laura Storm (Lauretta Masiero), giornalista-investigatrice che ricorreva al judo e al karate per risolvere le sue inchieste, a inaugurare il genere. Era una trovata eccentrica, niente di più. Saltando avanti di vent’anni, si possono citare Miss Marple, partorita da Agata Christie, e La Signora in giallo di Angela Landsbury. Ma allora non c’erano intenti ideologici o, peggio, educativi.

Nichilismo nordico

Ciò che colpisce oggi è la concentrazione temporale di amazzoni e virago della legalità che farcisce soprattutto la nostra serialità. Se si sconfina sulle piattaforme, la faccenda assume toni diversi. Su Sky Atlantic abbiamo appena visto Night country, la quarta stagione di True detective ambientata nella notte polare dell’Alaska, dove la coppia tutta femminile e non binaria composta da Liz Danvers (Jodie Foster) e Angie Navarro (Kali Reis) indaga sulla strage in una stazione di ricerca artica, dovendo combinare nozioni meteorologiche e leggende locali in un mix che manda in tilt il corpo di polizia e la mente del telespettatore. Andando a ritroso e dirigendosi verso Nord, tra detective e profiler in gonnella c’è l’imbarazzo della scelta. Tuttavia, da quelle parti, le atmosfere si incupiscono e il crime prevale sui toni sentimentali. Ma, nel nichilismo imperante, si stemperano anche le ambizioni pedagogiche. Forse perché, lassù, gli stereotipi sono sconfitti da tempo (anche se in percentuale ci sono più femminicidi che da noi), sta di fatto che anche al Circolo polare i commissariati sono diretti da donne forti e le indagini affidate a detective sensitive. Come avveniva in The Bridge – La serie originale (così chiamata per distinguerla dai numerosi remake), ambientata tra Svezia e Danimarca, protagonista la detective della polizia di Malmö Saga Norén (Sofia Helin). In assoluto, la più misteriosa e intrigante di tutte (ora visibile su Prime video), non a caso iniziatrice del fortunato e corposissimo filone nordico (Marcella, Deadwind, Happy Valley, Omicidio a Eastwon con Kate Winslet), agli antipodi del nostro, tutto sole, buona cucina e donne alfa. Esattamente la formula che aiuta Lolita Lobosco nell’anelato ribaltamento dei ruoli. Tra qualche giorno su Sky Atlantic partità la seconda stagione di Il Re, la serie in cui Luca Zingaretti dirige il carcere di San Michele con metodi che innescano le indagini della puntigliosa pm impersonata da Anna Bonaiuto. Un bel contrappasso per l’interprete dell’indimenticato Commissario Montalbano.

 

La Verità, 24 marzo 2024

Morgane, una detective ruffiana al punto giusto

Diversi stereotipi ma ben confezionati, Morgane – Detective geniale, nuova serie franco-belga di Rai 1, ha tutte le carte in regola per piacere e ottenere un buon successo di pubblico (martedì, ore 21,20, i primi due episodi hanno conquistato il 20,6% di share con una media di quasi 4,2 milioni di telespettatori, pareggiando la sfida con Malmoe-Juventus di Champions League in contemporanea su Canale 5). La protagonista (Audrey Fleurot) che dà il nome allo show è una donna delle pulizie con 160 di quoziente intellettivo, in grado di vedere con uno sguardo quello che ai normali investigatori del distretto di Lille, Francia settentrionale, costa settimane di indagini. Mentre spazza gli uffici, muovendosi al ritmo della musica in cuffia, un faldone caduto casualmente al suolo le squaderna fotografie e appunti del caso che sta turbando il commissario (Mehdi Nebbou). Basta un’occhiata per capire che qualcosa non torna e lasciare sul vetro dell’ufficio l’indicazione risolutiva. Chi ha rovistato nelle nostre carte? Rapido controllo con le telecamere di sorveglianza e immediata convocazione. Come mai una così intelligente fa la donna delle pulizie e non lavora in polizia? Perché sono insofferente a regole e gerarchie… La dialettica tra la rossa trentottenne con occhi azzurri, minigonna spavalda e decolleté sapientemente tatuato, e il legnoso commissario, igienista e ovviamente geloso delle sue investigazioni, è il binario della trama. Ma la capa del commissariato (Emanuela Damasio) non tarderà a imporre al riluttante sottoposto la consulenza dell’intuitiva Morgane. La quale, però, pur dovendo mantenere tre figli di due padri diversi, riesce a porre le condizioni per accettare la gratificante offerta di lavoro. Io vi darò una mano, ma voi cercherete il mio primo marito, dileguatosi nel nulla 15 anni fa, proprio mentre manifestavamo contro la cementificazione di un raccordo autostradale. Tutto torna, dunque: la protagonista è bella, intelligentissima, anarchicheggiante e anche ecologista. E torna anche il risentimento della figlia adolescente (Giorgia Venditti) che non ha potuto conoscere il padre, fuggito anzitempo. Mentre i singoli crimini si sciolgono nel rapido volgere dell’episodio, il vero caso irrisolto è la sua misteriosa scomparsa. Sul quale la geniale e fulminea Morgane «sembra brancolare nel buio», come si dice per i normali investigatori. Vuoi vedere che quando ci sono di mezzo gli affetti l’intelligenza da Einstein da sola non basta? Veloce, furba e disimpegnata come la sua protagonista, la serie è perfetta per il mainstream da tv generalista.

 

La Verità, 16 settembre 2021