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«TeleMeloni? Come TeleRenzi o TeleConte»

Pochi numeri per il curriculum della vittima di questa settimana. Età: 56 anni. Mogli: una, dal 2006. Anni di assunzione alla Rai: 21. Cause per demansionamento vinte contro la Rai: 4. Share di Ore 14, il programma che conduce su Rai 2: 8,5%. Paparazzate subite da magazine e riviste: 0.
Milo Infante, come si sta a TeleMeloni?
«Ah ah ah… Esattamente come a TeleConte, a TeleRenzi e prima a TeleProdi. Ma poi: cos’è TeleMeloni?».
La Rai dove non si muove foglia che il premier non voglia, o no?
«Se devo rispondere da telespettatore, dico di no. Invece, da conduttore di Ore 14 lo dico due volte».
Però.
«Nella cosiddetta TeleMeloni, come prima a TeleConte, nessuno mi ha mai detto cosa posso dire o non dire».
Negli spostamenti e nelle promozioni sarà cambiato qualcosa…
«Da TeleConte a TeleMeloni sono passato da vicedirettore a vicedirettore ad personam, perdendo deleghe e  potere».
Essendo in quota Lega ci si aspetta il contrario.
«Detto che non è vero, ogni tanto qualcuno lo scrive. Ma a me sfuggono tuttora gli eventuali vantaggi. Se TeleMeloni esistesse dovrebbe spingere i suoi centurioni, ma io promozioni non ne ho avute e miglioramenti economici nemmeno. L’azienda mi ha chiesto un impegno e io lo porto avanti. Con questa leggenda si è indotti a credere che in Rai si faccia carriera in base all’appartenenza politica presunta. Garantisco che nel mio caso non è così».
TeleMeloni dovrebbe lasciare il segno con qualche programma o progetto magari non condivisibile, ma degno di nota. Invece…
«Io non dispero. Quello da poco nominato con Giampaolo Rossi, Antonio Marano, Roberto Natale e Simona Agnes è un Cda di persone che conoscono bene il prodotto. Penso abbia le potenzialità per favorire un salto di qualità. La Rai è sempre presa di mira. Ricordo un titolo di Repubblica al podcast di Massimo Giannini quando è andato via Amadeus: “Amadeus saluta TeleMeloni. E la destra mantiene la promessa: fuori i migliori, restano solo i servi”. Non ho mai visto un atteggiamento così violento nei confronti della prima azienda culturale italiana».
Come sta andando la stagione di Ore 14?
«Abbiamo consolidato l’8,5% di share, un punto e mezzo in più rispetto all’anno scorso, con una media di 931.000 spettatori al giorno. Un risultato straordinario per Rai 2».
Perché un programma di cronaca nera dopo pranzo fa questi ascolti?
«Perché racconta quello che accade in Italia senza pregiudizi o falsificazioni. Non spettacolarizziamo la notizia, non enfatizziamo il negativo e scappiamo dal morboso. Siamo un programma di cronaca, non abbiamo balletti, non ospitiamo vip, modelle e influencer, per dedicarci al racconto del reale».
La tua squadra – la criminologa Vittoria Bruzzone, Piero Colaprico, Candida Morvillo – com’è accolta dalla critica?
«Bene perché i nostri esperti parlano di cose che conoscono in base al loro vissuto e alle loro competenze. Non chiamiamo ospiti a gettone che esprimono opinioni».
Niente vita mondana, sei un conduttore tv atipico?
«Rifuggo qualsiasi personalismo e cerco di trasmettere la mia passione facendo trasparire ciò che penso. Non ho problemi a mostrare i miei sentimenti. Finito di lavorare sto con mia moglie e mio figlio».
Eviti salotti e non ammicchi al gossip patinato.
«Sì. Rispetto i colleghi che lo fanno, ma non è nel mio stile. È una scelta di vita, anche se forse non aiuta il mestiere. La riservatezza è una filosofia professionale. L’albero che cade fa più rumore della foresta che cresce».
Come va con i vertici aziendali? Hai detto che il tuo programma era il più inosservato dalla Rai.
«Fino all’anno scorso lo era, mai un comunicato, una citazione. Da quest’anno con Giampaolo Rossi amministratore delegato e grazie a Paolo Corsini, capo degli Approfondimenti, per la prima volta ci sentiamo sostenuti. La nostra forza è essere sulla notizia in tempo reale come i tg. E questo anche grazie alla considerazione dei colleghi perché, fin dal primo giorno, le nostre richieste alla Pianificazione mezzi e produzione vengono soddisfatte».
In passato non è stato così, visto che hai fatto causa alla Rai per demansionamento.
«Di cause ne ho fatte e vinte quattro. La Rai è una grande realtà dove, a volte, le cose sbagliate sono opera di piccoli uomini che poi scompaiono, cancellati dall’azienda. Non ho mai trovato la benché minima ostilità dalla Rai durante quelle vertenze, anzi. Il giorno in cui ho ripreso a condurre i colleghi mi hanno detto “ben tornato al tuo posto”».
Si parla di alcune prime serate: quando andranno in onda e come saranno?
«Io e Corsini concordiamo sul fatto che non si possono fare programmi spot, ma serve un progetto forte, continuativo nel tempo, in sinergia con la striscia quotidiana. Lo dico da tempo, ma lo vedo realizzato da altri editori».
Non sulla cronaca nera, però.
«Meno male, così possiamo farlo noi. Però Paolo Del Debbio è bravo a partire dalla cronaca per arrivare alla politica. Da vent’anni propongo una prima serata, adesso c’è Quarto grado, e Chi l’ha visto?, che è un grande format, parte dagli scomparsi e si allarga ad altri casi».
Perché questa espansione della cronaca nera?
«Perché interessa alla gente. E poi c’è qualcuno che pensa di sfruttarla per fare ascolti, ma non va distante».
Però è innegabile che faccia audience.
«Il pubblico premia chi sa trattare certi casi, ma non ci s’improvvisa. Non c’è automatismo fra cronaca nera e grandi ascolti».
Femminicidi, persone scomparse, apparizioni religiose, baby gang, stupri: che Italia è quella di Ore 14?
«È una parte di Paese senza cuore. Per fortuna una realtà limitata, gli italiani non sono così».
Rispetto a qualche anno fa vedi un peggioramento?
«Soprattutto tra i più giovani. Anche ai miei tempi eravamo spregiudicati, ma non così crudeli. Vedo fatti spaventosi. Per esempio, il compiacimento di chi assiste alla mortificazione di una vittima come a uno spettacolo. Parlando dei casi più noti, cosa possiamo dire di Alessandro Impagnatiello che accoltella la compagna con un bambino di 7 mesi in pancia, se non che il male nella sua accezione più diabolica è tra noi?».
Da Paderno Dugnano in poi molti minorenni commettono delitti senza movente o per futili motivi.
«Esiste un disagio psichico nelle scuole e nelle comunità di ragazzi problematici che sfugge a ogni controllo. Gli adolescenti che compiono atti violenti vengono trattati come poveri bambini da proteggere. Questo crea un senso di impunità. Quando una minaccia di morte a un proprio simile per un banale litigio di strada o certe risse non producono conseguenze o sanzioni, trasmettiamo ancora un’abitudine all’impunità. Di fronte a certi atti violenti, carabinieri e poliziotti si sentono dire: tanto non ci potete fare niente perché siamo minorenni».
Come sono cambiate le bande giovanili rispetto a quando te ne occupavi a inizio carriera?
«Oggi i ragazzi insultano le forze dell’ordine nei post, nei social, nelle loro canzoni perché sono convinti di poter fare qualsiasi cosa e purtroppo la legge glielo consente».
Anche dal tuo osservatorio hai conferma di una relazione diretta tra omicidi, risse, violenze sessuali e immigrazione irregolare come documentato dal ministero dell’Interno?
«Non c’è dubbio. Innanzitutto, c’è un numero spaventoso di ragazzi extracomunitari non accompagnati. Premesso che fatichiamo a darla ai nostri figli, a più di 20.000 minori extracomunitari non riusciamo a dare alcuna educazione. Sono ragazzi che vivono senza genitori, affidati alle comunità, dove basta la presenza di una mela marcia per trasmettere le peggiori abitudini. Accanto a questi ragazzi ci sono i clandestini che vivono fuori dalla legalità. Che cosa può fare chi è senza una casa e un lavoro se non commettere reati? È un problema oggettivo, che non si può negare».
Tornando a parlare di Rai, qualche giorno fa Antonio Marano, presidente pro tempore, ha ipotizzato una direttiva che impedisca ai dirigenti di condurre programmi. Se fosse approvata, oltre a te dovrebbero lasciare il video Sigfrido Ranucci, Monica Maggioni, Francesco Giorgino e Alberto Matano.
«Marano si è dimenticato di Matano (ride). Battute a parte, io, Ranucci e Matano siamo dirigenti ad personam, senza poteri se non sui contenuti dei nostri programmi. Non possiamo comprare neanche una biro. Ci sta che un direttore non possa condurre se non espressamente autorizzato».
Se dovessi scegliere tra la vicedirezione e la conduzione
di Ore 14 per cosa opteresti?
«Sceglierei tutta la vita Ore 14. Un vicedirettore ad personam è un generale senza esercito. Non credo che quella di Marano sia una mossa contro Ranucci, muoiano Sigfrido e tutti gli altri vice ad personam. Report è un valore per l’azienda. Credo che Marano abbia sollevato la questione in riferimento a una norma già esistente».
Vita dura a TeleMeloni anche se si è considerati in quota Lega?
«Questa quota è davvero ridicola. L’ultima volta che ho parlato di Rai con Matteo Salvini era il 2003. Uscivo da corso Sempione e lui, consigliere comunale, manifestava contro il canone con un gruppo di militanti».
Già allora.
«È una battaglia storica della Lega».
E tu che cosa ne pensi?
«Che il canone deve esserci e deve essere di stimolo per fare un prodotto sempre migliore. Sarebbe bello produrre tutto gratis, ma a quel punto le risorse dovrebbero essere attinte altrove. Se pescassimo di più dalla pubblicità creeremmo seri problemi agli altri editori. Ricordiamoci che la Rai assolve a funzioni che non possono competere alle tv commerciali, come l’informazione regionale e dalle sedi estere. Detto questo, se mi consenti, voglio farti io una domanda».
Prego.
«Se uno è in quota a un partito resta senza lavoro e fa causa alla Rai? La verità è che sono sempre stato lontano dalla politica».
Però hai sposato Miss Padania…
«E lo farei ancora. Se la mia appartenenza dipende dal fatto che ho sposato una ragazza che a 18 anni ha vinto un concorso di bellezza, vabbé. Allora, se Sara avesse vinto anche Miss Italia invece di arrivare solo in finale, avrei la targa di Forza Italia?».
O di Fratelli d’Italia.
«Quello no; all’epoca non c’era».

 

La Verità, 21 dicembre 2024

Bianchina, una Berlinguer alla corte di Berlusconi

La notte bianca di Bianca. Le… notti bianche. Per l’ex conduttrice di #Cartabianca, più che i sogni e le passioni di Dostoevskij a San Pietroburgo, c’entra un calcolo professionale, seppur venato dal dubbio. Restare fedeli all’azienda di una vita o assicurarsi un allungamento di carriera alla corte della concorrenza? Eccola, è Bianca Berlinguer al bivio (acronimo: BBab). Praticamente un format: la conduttrice chiede un supplemento di riflessione per sciogliere la riserva. Accendiamo la telecamera e spiamo le notti insonni e i petali consumati dal dilemma: resto o vado, vado o resto? Di qua lo status quo, di là la freccia che indica Mediaset. Alla fine, l’ex direttore della Telekabul ereditata da Sandro Curzi ha scelto la nuova avventura nelle reti del Biscione. «Bianca Berlinguer ha comunicato le dimissioni da ogni incarico in Rai e dalla conduzione del programma #Cartabianca. La giornalista», si legge nella nota di Viale Mazzini, «ha ringraziato l’azienda per 34 anni di lavoro, svolti sempre in piena autonomia sia in qualità di direttore che di conduttrice di programmi di approfondimento».

Stasera alla presentazione dei palinsesti se ne avrà conferma ufficiale. Berlinguer avrà l’abituale prima serata del martedì su Rete 4 al posto di Veronica Gentili destinata alle Iene, con lo spostamento di Fuori dal coro di Mario Giordano al mercoledì. Mentre si alternerà una settimana a testa con Nicola Porro alla conduzione della striscia quotidiana finora condotta da Barbara Palombelli. Ne sapremo di più al gala di Cologno monzese, dove si capirà anche quale ruolo potrà avere Mauro Corona, l’alpinista scrittore da anni sparring partner di «Bianchina». Restando in casa Mediaset, sempre stasera si avrà conferma se il posto di Barbara D’Urso a Pomeriggio cinque verrà preso da Myrta Merlino. Se così sarà assisteremo a uno spostamento a sinistra del Biscione a compensazione del riposizionamento a destra della Rai, con conseguente rimescolamento di parte dei pubblici rispetto agli editori di riferimento.

Intanto, ieri il Cda di Viale Mazzini ha rinnovato il contratto di servizio fino al 2028, mantenendo gli spazi di giornalismo d’inchiesta – quanti allarmismi del giornalone unico – e approvato i palinsesti del prossimo autunno (presentazione venerdì a Napoli). Al termine della riunione, l’amministratore delegato Roberto Sergio ha comunicato che «al momento la trasmissione #Cartabianca non è presente in palinsesto». Sabato Berlinguer aveva chiesto ancora una notte per pensarci. Poi il pensamento si era prolungato, mettendo alla prova la pazienza dei massimi dirigenti (Giampaolo Rossi, direttore generale) che avevano già fatto di tutto per trattenere la giornalista, assicurando grande promozione all’unico talk politico di prima serata, budget e libertà nella scelta degli ospiti che la precedente gestione aveva provato a mettere in discussione. Non è bastato. Al suo posto, alla conduzione di #Cartabianca, su Luisella Costamagna sembra averla spuntata Monica Giandotti, in uscita da Agorà e moglie di Stefano Cappellini, capo del politico di Repubblica. Loro testimone di nozze è quel Mario Orfeo, già direttore generale, attuale guida del Tg3 e tuttora, curiosamente, molto influente in Viale Mazzini.

Ora, però, la telenovela della «zarina» è finita. Era stata lei a inaugurarla, impuntandosi contro la programmazione di Rai 2, ritenuta concorrenziale al suo programma. «Bianchina» non gradiva Belve di Francesca Fagnani e nemmeno Boomerissima con Alessia Marcuzzi, previste al martedì. E pazienza se quei programmi erano già andati in onda nello stesso giorno di #Cartabianca in passato e l’ufficio marketing di Viale Mazzini aveva documentato che i loro target erano diversi.

Non con Discovery come si era ipotizzato all’inizio, BB giocava di sponda col Biscione (acronimo: BBB), felice di puntellare il palinsesto all talk di Rete 4 con un volto storico, anche se non più così ortodosso, della Rai di sinistra. L’obiettivo di Berlinguer era allungare la carriera in prima linea. Così, anche lei ha rischiato di accodarsi alla lista dei conduttori presunti censurati dalla Rai meloniana. I quali, in realtà, seguono principalmente l’odore dei soldi. A Fabio Fazio, Luciana Littizzetto (contrattualizzata sia da Discovery che per Tu sì que vales di Canale 5), Lucia Annunziata e Massimo Gramellini, negli ultimi giorni si è aggiunta Serena Bortone che, salutando i telespettatori di Oggi è un altro giorno, li ha retoricamente esortati a essere «liberi e autentici, a qualsiasi prezzo», neanche fosse una paladina dei diritti a Weimar. Dove, per altro, difficilmente le affiderebbero una prima serata e un access primetime su Rai 3. Più o meno sulla stessa frequenza d’onda si è sintonizzato Alberto Matano che, pur confermato per il 2023/24, si è portato avanti con il lamento: «Non so cosa farò dopo la prossima Vita in diretta», ha detto in telecamera all’ultima puntata della stagione. Lesa maestà anche di Luca Bottura e Marianna Aprile per la sospensione di Forrest su Radio uno, non confermato dal nuovo direttore Francesco Pionati. I censurati immaginari rivendicano il diritto inalienabile al video e al microfono. Non si tratterà anche, e forse più prosaicamente, delle cospicue indennità relative? O magari dell’impagabile appagamento di essere un volto noto? No, sembra che chi va in onda sia esente dalle logiche di mercato. E che un nuovo direttore che arrivi in Rai non possa scegliersi i propri collaboratori come un qualsiasi nuovo direttore di giornale. Andava così anche con le maggioranze di centrosinistra?

 

La Verità, 4 luglio 2023