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Battisti, ancora tu… e la differenza che fa Mogol

Sarà la nostalgia. O forse sarà che la voglia d’iniziare la stagione con le risse dei talk show sul Covid, i banchi a rotelle e i negazionisti che già riempiono da mane a sera tutti i palinsesti scarseggia, fatto sta che l’altra sera mi sono sintonizzato su Rai 2 per guardare Io tu noi, Lucio, superdocumentario a 22 anni dalla morte di Lucio Battisti (ore, 21.15, share del 5,9%, 1,4 milioni di telespettatori). Proviamo a vedere e poi magari si cambia. Invece no: quando si comincia ad ascoltare Mi ritorni in mente, I giardini di marzo, Anna, Anche per te, Non è Francesca soprattutto dai filmati in bianco e nero, con la voce in semifalsetto di Lucio che esce da sotto il cespuglio di capelli, magari con Renzo Arbore che lo marca sornione con la giacca abbottonata, si resta lì, catalizzati.

Il doc era scritto e diretto da Giorgio Verdelli, già autore di Unici per Rai 2 e di Via con me su Paolo Conte passato alla Mostra di Venezia, e ogni tanto spuntava Sonia Bergamasco ad annodare i fili del discorso, tra un Battisti debitore della musica soul che in tanti accreditavano (Franco Mussida, Mario Lavezzi, Niccolò Fabi, Gianni Dall’Aglio), e un Lucio schivo, umile e lontano dalle mode ideologiche del tempo tanto da essere accusato di qualunquismo (sebbene pure i compagni lo cantassero di nascosto, una volta smesso l’eskimo). La narrazione dunque scorreva anche se ogni tanto gli interventi interrompevano le emozioni di Emozioni, ma alla fine si restava ancora stregati da quel timbro vocale e dai versi di Mogol e dalla freschezza di lui in studio con solo la chitarra acquistata a Porta portese a 5.000 lire, introvabile oggi anche con le milionate di euro dei talent e dell’industria discografica. Altro che l’artigianale Numero 1 con Lucio, Formula 3, Pfm, Edoardo Bennato, Dik Dik e gli altri, anche 4 o 5 canzoni in contemporanea nella top ten dell’epoca. Insomma, per farla breve, nella musica leggera italiana c’è stato un prima e un dopo Lucio Battisti, innovatore geniale soprattutto in abbinata con Mogol, autori di canzoni tutte belle e almeno venti capolavori indelebili nella nostra meglio gioventù. Si potrebbe allestire un gioco per vedere quali e quanti titoli restano fuori. Come si potrebbe vedere quali entrano della collaborazione con Pasquale Panella, per capire per bene i meriti di Giulio Rapetti in quella stagione. Il quale ha detto: «era uno studiava anche sette ore al giorno la musica degli altri, studiava i grandi, per diventarlo anche lui». E Arbore: «di Lucio trattengo il fatto che era un bravo ragazzo che amava la musica e non inseguiva altro». Paragoniamolo con i fenomeni di oggi. No, non è solo nostalgia.

 

La Verità, 12 settembre 2020

«La mia idea sul problema dei migranti»

Alla veneranda età di 82 anni – li compirà il 17 agosto – Giulio Rapetti continua a essere una fucina di idee. Idee vive, perché nate dalla voglia di vivere. Non a caso l’autobiografia di Mogol s’intitola Il mio mestiere è vivere la vita (Rizzoli, 2016), un verso di Una donna per amico scritta con Lucio Battisti nel 1978. Il suo Cet (Centro europeo Toscolano) sforna artisti e insegnanti di musica. Il Progetto per l’Africa, presentato a Bruxelles grazie al presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani, è disponibile per essere adottato dalle istituzioni. L’attività creativa prosegue. Più maestro di Mogol in Italia chi c’è? L’autore di canzoni come Una lacrima sul viso, Ventinove settembre, Emozioni, I giardini di marzo, Non è Francesca, Impressioni di settembre, La canzone del sole, L’emozione non ha voce, tanto per citarne qualcuna, come dev’essere considerato? Eppure, un maestro meno venerato di lui non c’è. Chissà se a causa del fatto che non è mai stato allineato con il pensiero unico dominante.

Ha visto, Mogol: con il governo pentaleghista stanno tornando di moda gli appelli?

«Ho visto, ma non sono stupito. Fa parte del gioco della politica. Ognuno ha la propria inclinazione. La dialettica e gli appelli ci saranno sempre. Come semplice cittadino dico che bisogna lasciar lavorare i governanti».

Da una rivista come Rolling Stone si aspettava una copertina come quella contro Matteo Salvini?

«Una rivista di musica che si occupa di politica è qualcosa che faccio fatica a capire. Mi riporta ai modi e ai metodi del Sessantotto. Sono sempre stato convinto che non si possano mischiare musica e politica. Quando si fa questo miscuglio vengono fuori le peggiori canzoni. Ha presente Contessa?».

Come no. In quegli anni lei e Battisti eravate fascisti.

«Ci avevano dato questa etichetta. Non c’era spazio per la vita, ma solo per la politica e le barricate. Se uno non era falce e martello era automaticamente fascista. E siccome noi parlavamo del privato eravamo fascisti. Anzi, se possibile ancora peggio: qualunquisti. Per i rivoluzionari le canzoni che riguardavano la vita normale erano uno spreco di tempo e di energie. Però oggi nessuno ricorda le canzoni di protesta mentre quelle che abbiamo scritto Lucio e io le ricordano tutti».

Perché secondo lei c’è questo fuoco di sbarramento nei confronti del nuovo governo?

«Quando c’è un cambiamento il fuoco di sbarramento c’è sempre. Il bilancio del governo Pd non è stato positivo. Ora ai partiti tradizionali è subentrata questa nuova alleanza, ma credo che un paio di mesi siano troppo pochi per valutarne l’operato».

C’è un pregiudizio verso Lega e M5s?

«A volte su un argomento non importa che cosa si dice, ma chi lo dice. Se dopo due mesi si è già deciso che è tutto sbagliato, vuol dire che lo si era già deciso prima. Penso che dovremmo giudicare a distanza se certe riforme sono positive o no. Per esempio, c’era una certa ostilità verso il Decreto dignità di Luigi Di Maio. La Confindustria e gli imprenditori erano critici».

Lei che cosa ne pensa?

«Penso che certe norme si possano aggiustare. Settori come l’agricoltura e il turismo hanno bisogno di contratti stagionali. L’Italia non può vivere senza il turismo. Però mi pare che il governo sia stato disposto a discutere. Questo è un fatto positivo…».

Invece?

«C’è chi vorrebbe rimettere sostituirsi al popolo anche se il popolo ha votato da poco».

Cosa pensa della chiusura dei porti alle navi dei migranti?

 

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