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Il lato oscuro di Oriana che Rai3 non ha illuminato

Anche la Rai sa fare i ritratti di personalità notevoli e realizzare dei docufilm di qualità, con testimonianze e contributi che fanno riscoprire o affezionare a figure significative della nostra storia recente. È il caso di Illuminate, la serie di quattro profili di donne trasmesso in seconda serata da Rai3 (giovedì, ore 23,10, share del 4.50%). Il primo episodio della seconda stagione era dedicato a Oriana Fallaci – Il lato oscuro della luna. Purtroppo, pur nell’ottima confezione e nella cura formale, il vero lato oscuro da svelare, gli ultimi anni di vita della scrittrice segnati dalla malattia che, forse, ne determinò la svolta culturale, ispirandole le celebri invettive contro l’islam e la frivola Europa, è rimasto tale.

«Il mestiere di inviato speciale mi ha regalato l’avventura, quello dello scrittore il sacrificio del lavoro», si sente dire a Oriana, mentre la narratrice Sabrina Impacciatore si avvicina alle fotografie della mostra allestita nella sede dell’Agenzia spaziale italiana, location perfetta per l’occasione. Il docufilm si snoda attraverso l’album di famiglia, illustrato dal nipote Edoardo Perazzi, l’arrivo all’Europeo e il fascino della guerra – «perché io sono nata nella guerra» -, i brani letti da Un uomo e Lettera a un bambino mai nato, i reportage da Cape Canaveral e le grandi interviste, come quella rimasta storica all’ayatollah Khomeini. Poi l’amicizia con l’astronauta Charles Pete Conrad, le parole di Paolo Nespoli, convinto proprio da Oriana a realizzare il sogno di esplorare lo spazio, e quelle della biografa Cristina De Stefano sul rapporto con gli uomini, Alexandros Panagulis su tutti, nei quali ricercava la figura coraggiosa del padre Edoardo, eroe della Resistenza. Ecco la blusa e l’elmetto da marine portati durante la guerra del Vietnam da lei, «scrittore prestato al giornalismo», dove la differenza non è solo stilistica, perché «lo scrittore allestisce uno spettacolo e lei poteva pure stare un giorno intero su un aggettivo», parole di Pierluigi Battista.

Arriverà la malattia a cambiarla, rendendola ancor più altera e solitaria. E proprio questo cambiamento nel quale, dopo la strage dell’11 settembre, maturò il ritorno alla scrittura con La rabbia e l’orgoglio, avrebbe potuto essere scandagliato più in profondità, oltre le pignolerie maniacali al limite della mancanza di rispetto, ricordate da Ferruccio De Bortoli («smontò pezzo per pezzo anche il mio cappello, non andava bene niente»). Era questo il lato oscuro da svelare di questa donna controversa e irriducibile. Il pezzo in penombra della sua storia, forse poco gradito a Rai3 e ai produttori, che in penombra è rimasto.

La Verità, 26 ottobre 2019

SkyTg24 si rinnova per sfidare La7 e Rai3

Grafica rinnovata, maggiore scansione degli orari, conduttori definiti, profilo internazionale, cura degli approfondimenti: sono i cambiamenti della nuova edizione di SkyTg24, il canale all news di Sky Italia diretto da Giuseppe De Bellis. La grafica nuova si evidenzia soprattutto nei titoli, quando lo schermo è bicolore, metà rosso e metà bianco, con titolazione telegrafica che attraversa le due pagine del video. Il Buongiorno del mattino dura dalle 6 alle 9, non più fino alle 10, ed è affidato a Moreno Marinozzi, lievemente ansiogeno, perno dei collegamenti e delle rubriche. A fargli da sponda ci sono Raffaella Cesaroni per le notizie di giornata, Jacopo Albarello per la rassegna stampa, ora da una postazione con desk, Mariangela Pira, molto trasparente dei suoi sentiment sugli andamenti delle borse. Una buona notizia è che il collegamento da piazza Monte Citorio, con il suo eccesso di politichese, non è più obbligatorio in tutte le edizioni. Sempre stando alla prima impressione sembra di poter dire che cambia anche il modo di porgere le notizie, ora più attento a spiegarle e approfondirle che ad anticiparle a ogni costo. L’intento è allargare l’orizzonte agli scenari internazionali, Europa e America innanzitutto. In complesso, si vedono meno giornalisti inviati sul campo a riassumere le notizie e più immagini commentate dallo studio. Ci vorrà tempo per capire se è la scelta giusta. Una conferma viene anche dal fatto che già alle nove parte Start, due ore di talk show affidate a Roberto Inciocchi, il più autorevole tra i conduttori della redazione, mentre alle 15 c’è Timeline, con Stefania Pinna.

Scelte chiare, dunque: SkyTg24 prova a competere con i contenitori del mattino e del pomeriggio di Rai3 e La7 tentando di fidelizzare il pubblico attraverso l’identificazione di formule e fasce orarie con alcuni anchorman o anchorwoman definiti. Ovviamente qualche giorno di rodaggio servirà a lubrificare i meccanismi. Particolarmente rilevanti le anticipazioni dell’intervista esclusiva concessa da Giuseppe Conte a Giovanna Pancheri a New York (trasmessa integralmente nell’edizione delle 13) sull’accordo siglato a Malta e le repliche immediate di Matteo Salvini, ospite negli studi di Santa Giulia, dove il leader leghista ha potuto confidare anche la propria delusione umana per le accuse patite inaspettatamente in Senato e le piroette degli ex alleati di governo.

Sarà difficile mantenere il livello delle esclusive con il premier e il suo principale oppositore, ma intanto l’esordio della nuova versione del canale è stato eccellente.

 

La Verità, 25 settembre 2019

Giusto che Lerner vada in onda, Salvini ha sbagliato

Caro direttore,

concedimi qualche riga per manifestare il mio dissenso sulla campagna contro Gad Lerner di questi giorni. Non che l’editorialista di Repubblica – dov’è stato rilanciato con una certa enfasi dalla direzione di Carlo Verdelli che anche da direttore editoriale dell’informazione Rai l’aveva richiamato in servizio –  non smuova antipatia e avversione con le sue liste di proscrizione, l’intercessione per «le classi subalterne» dall’alto dell’elicottero dell’Avvocato Agnelli e dello yacht dell’Ingegner De Benedetti, le lamentazioni di censure dal pulpito del talk show più glamour di Rai1 dove promuovere il suo Approdo nuovo di zecca su Rai3. Ci sono tutti i motivi perché uno così vada di traverso e provochi contrarietà. All’incirca gli stessi che smuove Fabio Fazio che gli ha fatto da cerimoniere nell’ospitata di cui sopra, e che è pagato in modo esorbitante con il denaro pubblico del canone. Per inciso, lo dissi personalmente al suo agente, Beppe Caschetto, alla presentazione dei palinsesti di due anni fa, quando il passaggio di FF alla rete ammiraglia fu annunciato in pompa magna: «Beppe, vedrai che questo megastipendio diventerà un boomerang». Tanto più ora che Fazio ha scelto scientificamente la rotta di collisione sui porti chiusi salviniani, invitando ogni domenica qualcuno che li contestasse e accampasse ragioni per l’accoglienza urbi et orbi. Riassumendo: il caso Fazio e il caso Lerner si assomigliano per la faziosità dei contenuti, le lamentazioni e la propensione all’autoproclamazione di martiri in favore di telecamera e i giornaloni a fare il tifo. La somiglianza si stempera solo a proposito dei compensi, iperbolico quello di Fazio, tanto che, dopo il ridimensionamento, si accaserà su Rai2, poco proporzionato quello di Lerner se rapportato agli ascolti, solitamente modesti dei suoi programmi.

Detto tutto questo, c’è un motivo ancor maggiore per cui, forse ingenuamente, non avrei inaugurato la campagna contro l’ex conduttore di Milano, Italia. Ed è il principio del liberalismo, l’accettare e il confrontarsi con opinioni contrarie, una certa magnanimità che, ahimè, spesso finisce per mancare agli uomini di potere. Vincere va bene, stravincere meno, recitava un vecchio adagio. Ritengo che Matteo Salvini abbia sbagliato a innescare questa polemica su Lerner, offrendo il pretesto a certe sinistre prefiche di piangere su editti inesistenti. Lo ha fatto da ministro degli Interni, da segretario leghista, da vicepremier? In tutti i casi, mi pare inopportuna. Criticare il volto noto che lamenta censura proprio mentre ha a disposizione microfoni e vetrine tv, va bene. Ma a questo, per conto mio, ci si dovrebbe fermare. Forse anche per malizia. Lerner faccia il suo programma, senza censori sul piede di guerra: sarà un testimonial suo malgrado del liberalismo della Rai al tempo dei gialloverdi (o forse è il caso di dire verdegialli?). Questo sì sarebbe davvero «governo del cambiamento»: tenere lontane le mani della politica dalle scrivanie di Viale Mazzini. Lo hanno promesso anche i governi precedenti senza mai riuscirci, come documentano le dimissioni di Verdelli e ancor prima di Antonio Campo Dall’Orto, indotte dal fuoco amico renziano. Se il governo verdegiallo vuol davvero cambiare, non vieti il ritorno in tv degli avversari ed eviti di mettere becco sulle scelte di amministratore delegato e presidente Rai. A quel punto chi potrà azzardarsi a parlare di bavaglio, censure e mancanza di democrazia? Anche quella di non occuparsi di nomine e di palinsesti della tv pubblica è una promessa che Salvini potrebbe e dovrebbe mantenere.

Siccome però, il pluralismo è sacro in tutte le direzioni, il cambiamento si dovrebbe e potrebbe vedere dall’aggiunta di voci dissonanti rispetto al pensiero unico, un po’ nel solco di quello che sta tentando di fare, magari disordinatamente, Carlo Freccero a Rai2. Qualche suggerimento per promuovere una narrazione alternativa? Ecco i primi che mi vengono, d’istinto, senza pensarci troppo: Alessandro D’Avenia, Paola Mastrocola, Antonio Socci, Davide Rondoni e Giovanni Lindo Ferretti per i temi di approfondimento culturale, Marcello Veneziani, Pietrangelo Buttafuoco e Costanza Miriano per l’attualità, Pupi Avati per la fiction, Federico Palmaroli (Le frasi di Osho) per la satira, oltre al recupero di Milena Gabanelli e Massimo Giletti…

C’è molto da fare, come si vede. E probabilmente c’è spazio per molti, se non proprio per tutti.

Un caro saluto.

La Verità, 3 giugno 2019