Quanti conduttori dei talk smentiti dai loro ospiti
Tira un’aria strana, da qualche tempo, nei salottini trendy della tv de noantri. Un’aria mista d’incertezza e insicurezza, una latenza di precarietà. La si avverte quando ci si sintonizza sui talk show, il genere nel quale l’operazione propaganda è più esplicita (Corrado Formigli due sere fa: «Lo dico subito, io alla manifestazione promossa dal mio amico Michele Serra ci vado» – e adesso siamo più tranquilli). È una sensazione che promana dalle conversazioni di Otto e mezzo e di DiMartedì, programmi di punta di La7. Ma anche da certi talk di Rete4 dove si osservano zelanti corse al riallineamento (tendenza Marina).
Che cos’è successo?
La prima scossa si è registrata nel giugno scorso quando, con lo spostamento a destra dell’asse europeo, i grandi timonieri dell’Ue hanno preso una tranvata alle urne. Indifferenti all’avvertimento, Ursula von der Leyen, Emmanuel Macron e Olaf Scholz hanno fatto spallucce. E, con loro, si è messa a fischiettare anche gran parte degli anchorman di casa nostra. Cinque mesi dopo, con i riporti arancione di Donald Trump, è arrivato il terremoto vero e proprio.
Ora, mentre tutto cambia, per i rappresentanti del Teleconduttore unico, il kolossal resta invariato. Come se Giovanni Floris, Lilli Gruber e David Parenzo fossero fermi al livello precedente del videogioco, dove i sessi non sono ancora tornati a essere due e il green deal è in auge. Chissà, forse bramano l’avvento di qualche Supereroe che pigi il tasto back e li svegli dal brutto sogno. Al momento non se ne hanno avvisaglie ed è netta la sensazione di assistere a due sport diversi, davanti a gente come Federico Rampini, Lucio Caracciolo, Michele Santoro o Massimo Cacciari.
Qualche sera fa, Floris faceva il portavoce della Von der Leyen: c’è l’emergenza, il pericolo, Putin ci attacca. E Santoro gli ha smontato il copione un pezzo alla volta: «Con questa emergenza stiamo facendo una delle cose che alla fine della Seconda guerra mondiale avevamo escluso: dare il via libera alla Germania per diventare di nuovo da sola una grande potenza militare, moltiplicando i pericoli». Floris voleva fargli dire che la Meloni si sta adeguando al modello trumpiano. «Nel mondo», ha spaziato invece l’ex conduttore di Annozero, «la politica conta sempre meno e conta sempre di più l’economia, la finanza. I grandi oligopoli che circondano Trump. In Cina, in Russia, in India, conta ancora la politica che controlla i cambiamenti. In Occidente, la ricchezza non la produce il lavoro ma i soldi». Questo sarebbe il ruolo dell’Europa? «L’Europa dovrebbe diventare un soggetto politico che influenzi l’andamento del mondo. Ma non può farlo mettendo regole sul cacao e sul parmigiano e altre stronzate. Soprattutto non può farlo partendo dall’esercito», ha chiuso Santoro.
Sebbene sembrino due partite diverse, la telesceneggiatura non cambia. Trump, nuovo dittatore globale, potrà mai favorire la pace in Ucraina con i suoi modi così brutali e quella tintura impresentabile? Vuoi mettere l’eleganza di Ursula e di Macron (sì, è vero, sono un po’ guerrafondai – ma che charme)? Ed Elon Musk, simbolo della tecnodestra? Uno che agita la motosega come quel diavolo di Javier Milei (sì, è vero, ha risollevato l’Argentina segando l’inflazione e facendo schizzare il Pil – ma sono bazzecole, e poi quei basettoni…).
Forse in quanto titolare di una striscia quotidiana, la primatista di sconfessioni in diretta è Dietlinde Gruber. Clamorose quelle del lapidario Lucio Caracciolo. Alla conduttrice che scalpitava contro Musk e il possibile accordo sulle telecomunicazioni, il direttore di Limes replicava: «La prospettiva che la Ue abbia un sistema in alternativa a Starlink entro il 2035 è un bluff. E le trattative con Elon Musk sono cominciate prima dell’arrivo di Meloni». Altra delusione un paio di giorni fa, firmata sempre Caracciolo, sull’amata Europa: «Per tutta la nostra storia noi europei ci siamo sparati tra noi. Negli ultimi 80 anni non l’abbiamo fatto anche per merito degli americani. Non vorrei che se gli americani se ne vanno ricominciassimo», l’ha gelata il direttore di Limes.
Smentita totale del Gruber pensiero anche quella siglata da Massimo Cacciari all’indomani del voto in Germania. Con Trump le destre si rafforzano anche in Europa, osserva Lilli. «Ma secondo voi le destre europee si continuano a rafforzare per colpa di Trump? E non perché c’è una certa politica sociale europea e non perché c’è una sinistra europea del cavolo? Se ci fosse stato Biden l’Afd non avrebbe preso il 20%?». Gruber: «Però diciamo che Elon Musk…». Cacciari: «Ma lasci stare Musk, ci sono tendenze di fondo. È il rappresentante di una nuova élite finanziaria… che ha vinto e adesso governa. Non è la barzelletta del saluto fascista». Gruber: «È l’uomo più ricco del mondo e appartiene all’amministrazione Trump che sta licenziando centinaia di dipendenti pubblici». Cacciari: «Questa è la politica di destra che piace anche ai governi di destra. Ma quando non vince, la destra continua a crescere e se la tieni fuori continua a farlo. Come siamo bravi che li teniamo fuori dal governo. Bravi: abbiamo impedito ai fascisti di andare al potere…». Balbettio generale.
Ogni volta che Federico Rampini si collega dagli States il copione dev’essere riscritto. Ne sa qualcosa Corrado Formigli, smentito quando gli ha chiesto se in America fosse in atto «un golpe mascherato». La magistratura sta fermando parecchi provvedimenti, il federalismo è un anticorpo istituzionale, la stampa fa il suo dovere e il New York Times dalla prima all’ultima pagina contesta l’amministrazione Trump. «Piuttosto», ha concluso il giornalista, raggelando anche Massimo D’Alema presente in studio, «stupisce che non ci siano manifestazioni e proteste di piazza come ci furono contro il Trump 1, perché l’opposizione non si è ancora ripresa, non ha capito le ragioni della disfatta e non ha fatto autocritica».
Il più spiazzato di tutti è David Parenzo. «Mentre attendevo il mio turno», ha premesso Rampini, «ho sentito dire che Trump c’entra anche con l’operazione Monte dei Paschi di Siena – Mediobanca. Tra un po’ se i treni arrivano in ritardo in Italia sarà colpa di Trump». Parenzo allargava le braccia. «Sull’immigrazione, certo, sta facendo sul serio. Incatenare i detenuti ripugna al nostro senso europeo dei diritti umani, ma in America è pratica comune per i criminali di qualunque nazionalità, anche se sono cittadini statunitensi. Quelle che troppi di voi chiamano deportazioni, e sono rimpatri con il consenso dei paesi di provenienza, a milioni sono già stati fatti dalle amministrazioni Biden e Obama di nascosto».
Dopo il confronto fra Trump e Zelensky, altro smacco per il povero Parenzo. «Se uno si guarda tutti i 45 minuti e non solo gli ultimi tre del faccia a faccia», ha scandito Rampini, «vede uno Zelensky molto aggressivo – anche perché aveva appena incontrato esponenti democratici – che ha fatto di tutto per costringere Trump a dire che Putin è il colpevole, l’aggressore, un criminale. Se si vuol avviare una trattativa queste espressioni non le devi usare».
Che strana aria tira nella rete dell’Aria che tira.
La Verità, 15 marzo 2025