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Se le suore sono più anticonformiste delle bad girl

Inutile girarci intorno, la vera sorpresa sono le suore. Pazienti ma ferme. Rigorose ma amorevoli. Non moraliste e non disposte a soccombere con l’alibi dei limiti ampiamente e ripetutamente oltrepassati. Del resto, oggi, sono più anticonformiste delle monache che hanno fatto voto di povertà, castità e obbedienza o delle «cattive ragazze» votate al lusso, alla moda e allo sballo più o meno sfrenato? Il confronto degli opposti avviene in Ti spedisco in convento, quattro episodi di un’ora abbondante girati nel monastero «La Culla» di Sorrento, visibili sulla piattaforma Discovery+ e presto su Real time. Più spinto del Collegio, più estremo della Caserma, questo docu-reality, adattamento Fremantle del format Bad habits, Holy orders, è la frontiera dell’«esperimento sociale».

Truccatissime e scortate da trolley traboccanti di scarpe, minigonne e biancheria sexy, le cinque sgallettate arrivano ignare all’Istituto Bambino Gesù delle suore Oblate, congregazione fondata nel 1672 per dedicarsi a ragazze in difficoltà. È solo il primo della serie di traumi nei quali s’imbatteranno, sicurissime come sono di non essere «in difficoltà». Emy, 22 anni, cubista, chiede un po’ di ritmo alle monache per mostrare cosa fa nella vita e, al battere delle mani, inizia a dimenarsi e a twerkare. «Gli uomini vanno traditi… Sono sbandata e felice così», assicura. Valentina, 19, studentessa snob: «Di ragazze belle come me ne ho viste poche. Cosa non voglio fare? Stare senza trucco». Sofia, 22, è prossima al matrimonio: «Il mio motto è lusso e libertà. L’anello di fidanzamento? Sotto i cinque carati non è amore». Martina, 22, punk addicted dei social: «Tassativamente mi devo alzare all’ora di pranzo». Stefania, 23, regala l’istantanea della situazione: «Io sono l’anti tutto questo», riferito al posto in cui si trova. Avrà pane da mordere. «Non vado in guerra per perdere», confida suor Monica, la badessa che legge il regolamento della casa declinato in 50 norme, obiettivamente tante e destinate a essere infrante. «Sembra di stare in galera», è il benevolo commento. Ma le suore non si scoraggiano: «Dobbiamo interagire nel limite del possibile, senza tanto opprimerle». Appena si parla di felicità o del rapporto con il padre, sempre assente, emergono sofferenze e ferite profonde. Ottimo il lavoro degli autori, soprattutto nel sintetizzare in poche parole la tempra delle svalvolate. Quanto alle monache hanno posto come condizione che «il programma dovesse essere completamente vero, se no non avrei collaborato», ha giurato suor Daniela, madre generale dell’ordine. «A me interessavano le ragazze. Ci siamo rifiutate di fare le attrici».

 

La Verità, 14 marzo 2021