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Telecalcio senza pace, Sky spera nella sublicenza

Il telecalcio è ancora in subbuglio. A oltre un mese dall’inizio del campionato, sebbene in misura minore, i problemi di ricezione del segnale di Dazn persistono. Inoltre, non sono stati risolti quelli che riguardano il metodo di rilevazione degli ascolti della piattaforma streaming titolare dei diritti della Serie A. Servono dati più attendibili che le ricerche Nielsen non sono in grado di garantire. Il caso è approdato in Parlamento e d’ora in avanti l’Agcom (Autorità per le garanzie della comunicazione) avrà maggiori compiti di controllo sulla qualità del servizio agli utenti e sul sistema di monitoraggio dell’audience. Il risultato finale potrebbe essere la stipula di un contratto di sub-licenza a Sky (o ad altri operatori) come accaduto nelle scorse stagioni e come accade tuttora per la trasmissione nei locali pubblici. Si tratterebbe di riproporre la sinergia. Ma finora a questa ipotesi Dazn si è fermamente opposta perché sarebbe l’ammissione di un fallimento. Per il pubblico televisivo e per molti addetti ai lavori, giornalisti e commentatori sportivi, si tratterebbe invece di un complicato ricalcolo di scelte appena fatte.

Persi i diritti della Serie A, Sky Sport si è completamente ridisegnata. Ed è di tutta evidenza che non stia attraversando un momento di forma smagliante. In realtà, come tutta Sky Italia. Il bilancio 2020 ha registrato perdite per 690 milioni, ripianate da un assegno di 1,34 miliardi staccato dalla controllante Sky Italian Holdings Spa. L’anno del Covid ha lasciato cicatrici anche sulle pareti levigate della prestigiosa sede di Santa Giulia, causando una riduzione degli abbonamenti oltre che degli introiti pubblicitari.

A risentirne è tutta l’offerta. I canali di cinema si difendono con alcune pellicole Sky Original e con una produzione seriale d’intonazione più generalista rispetto agli anni d’oro, quando la pay tv operava sul mercato in splendida solitudine. Dopo Netflix sono arrivate Prime video, Disney+, Apple tv, TimVision e le altre sorelle. E la concorrenza si è fatta più agguerrita che mai. Ma se è vero che c’è gloria per tutti e che Comcast ha replicato con il lancio del portentoso SkyQ che riproduce i segnali di alcune piattaforme concorrenti, è anche vero che in tempi di pandemia una fetta crescente di utenti ha dovuto fare scelte al risparmio. A compensare in parte il momento difficile c’è da dire che sul fronte della produzione cinematografica, paradossalmente, alcuni marchi Ott (Over the top) hanno tratto vantaggio dal lockdown, sopravanzando la visione nelle sale.

Dove invece Sky soffre di più è proprio nell’offerta sportiva, la vetrina del negozio. Lo sport si esalta nella diretta, negli eventi e le grandi competizioni. Dopo gli Europei di calcio, trasmessi anche dalla Rai, il marchio di Santa Giulia è rimasto escluso dalle Olimpiadi (Rai e Eurosport) e dalla Serie A (con l’eccezione di tre match a giornata in co-esclusiva con Dazn). Mentre continua ad avere la Champions League (con alcune eccezioni, visibili su Mediaset e Prime video). Così, quest’estate abbiamo assistito all’ennesimo restyling dei canali che ha portato a una certa sovraesposizione degli sport motoristici e alla comparsa di discipline finora snobbate, dall’atletica leggera al baseball, dalla International swimming league al calcio a cinque. Altra conseguenza della perdita dei diritti è stato l’esodo di alcuni giornalisti e commentatori passati alla concorrenza. Il primo, clamoroso, è stato quello di Lele Adani, protagonista di memorabili contrasti di tattica calcistica con Massimiliano Allegri, al punto che qualcuno l’ha messo in relazione al ritorno dell’allenatore livornese sulla panchina della Juventus. In realtà, il contratto in scadenza di Adani non è stato rinnovato. Il suo partner abituale di telecronache, Riccardo Trevisani, è invece approdato a Mediaset. Marco Cattaneo si è accasato a Dazn, mentre Alessandro Alciato è passato a Prime video, non prima di essersi polemicamente congedato con un post su Facebook: «Fra Sky Sport e Sky Sport 24 ho avuto direttori con la lettera maiuscola: Giovanni Bruno, Massimo Corcione e Fiorenzo Pompei, le mie stelle polari. Poi Fabio Guadagnini, Fabio Caressa, Matteo Marani (se lo cerchi sul dizionario dei sinonimi lo trovi alla <q> di qualità), Giuseppe De Bellis. Sono stati loro i miei direttori. Nelle riunioni e nelle chat di lavoro parlavano di concetti altissimi, non di Sabrina Salerno». Il riferimento implicito è all’attuale responsabile, Federico Ferri.

Con tutte queste perdite, in caso di sub-licenza, è difficile pensare che Sky possa recuperare in fretta l’autorevolezza e il tocco magico che ha sempre vantato. A prima vista, i nuovi ingressi non sembrano all’altezza della tradizione. Antonio Conte non è il più televisivo degli allenatori e, nei panni dell’opinionista della Champions League, dove non ha mai conseguito riusltati esaltanti, appare fuori ruolo. L’altro innesto che sta facendo discutere è quello della splendida Melissa Satta al Club della domenica sera, il talk di calcio che se la tira da più competente dell’etere. Nell’ultima puntata il conduttore Fabio Caressa ha ammiccato: «Non ti offendere, non voglio essere sessista, ma qui stiamo tutti aspettando il momento del Senza giacca». Ovvero quando gli ospiti si esprimono a ruota libera. Per l’occasione, Satta indossava un body trasparente che copriva appena l’indispensabile. La sua avvenenza è solare ma, catapultata in un consesso tutto maschile, la scivolata lubrica è sempre in agguato. Come lo è la sua riduzione a presenza decorativa davanti alle considerazioni tattiche di Beppe Bergomi e Marco Bucciantini. Ma queste sono cose di un direttore di 10 canali tv è certamente a conoscenza. E, come un buon allenatore, saprà di sicuro come intervenire per correggere i troppi giocatori fuori ruolo della squadra. Buona visione.

 

La Verità, 22 settembre 2021

Concediamo il rodaggio… A Dazn e anche al pubblico

Il contraccolpo sulle abitudini dei telespettatori è stato forte, niente da dire. Anni di telecronache di Maurizio Compagnoni e Luca Marchegiani non si archiviano con un click. Ci vorrà tempo, quello del rodaggio delle nuove voci, dei nuovi commentatori, dei nuovi volti di Dazn che da questa stagione, e per le prossime due, ha l’esclusiva delle partite della Serie A, «il campionato dei campioni d’Europa», com’è stato prestamente rinominato. Il contraccolpo è stato forte a cominciare da alcuni disguidi tecnici (il buffering frequente e la scarsa definizione dell’immagine), ma già da domenica e lunedì la qualità del servizio è visibilmente migliorata. Ci vorrà qualche settimana, invece, perché il pubblico si abitui alle nuove coppie di telecronisti e ai nuovi modi di commentare le partite. Rispetto a Sky, l’approccio della piattaforma streaming appare complessivamente più agile e smart, una formula che ha inevitabilmente alcuni lati positivi e altri negativi. Tra i primi va ricordato l’approccio più diretto all’evento agonistico, con i collegamenti dallo stadio, una maggior velocità della comunicazione, un minor grado di retorica e autocompiacimento delle firme del giornalismo che affollavano e affollano lo studio di Sky. Sostituito su Dazn dalla Square, uno spazio minimalista nel quale si muovono i conduttori del pre e postpartita, accompagnati da un paio di commentatori. Una situazione forse troppo spoglia e da perfezionare, ma nella quale può spiccare l’empatia di conduttori come Marco Cattaneo, Giorgia Rossi e Diletta Leotta. Un miglioramento si auspica anche nelle telecronache, piuttosto anonime e poco incisive salvo quelle di Pierluigi Pardo, Ricky Buscaglia e Stefano Borghi, e nei commenti tecnici che risultano generalmente incolori, con l’eccezione di quelli di Francesco Guidolin, sempre preciso e originale, e di Massimo Ambrosini, già ben rodato. Per gran parte della squadra si tratta di un’esperienza inedita e non ci s’inventa «seconda voce» dalla mattina alla sera. Manca, per ora, anche la possibilità della visione simultanea di più partite nello stesso canale, che arriverà dopo la sosta per la Nazionale. Diamo tempo a Dazn di crescere in esperienza e autorevolezza, consapevoli che, come in tutti i settori, anche nel telecalcio la concorrenza può sortire effetti virtuosi. Qualche segnale già s’intravede nei toni più pacati e controllati di alcuni volti degli altri canali sportivi. Per i pochi telespettatori che possono permettersela, invece, la pluralità dell’offerta si traduce in possibilità di confronti e in maggior qualità.

 

La Verità, 24 agosto 2021