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Carlos re di Parigi dopo una partita che è già storia

Una guerra sportiva. Una partita epica. Un thriller con colpi di scena a raffica. La rivalità più accesa ed entusiasmante che lo sport mondiale annovera ha offerto uno spettacolo straordinario. La prima finale di uno Slam tra Jannik Sinner e Carlos Alcaraz la vince il numero 2 del mondo che conferma il successo di un anno fa qui sul Phlippe Chatrier di Parigi e ribadisce la sua supremazia sulla terra rossa. Una partita che resterà nella storia del tennis. I tre match point non sfruttati nel quarto set Jannik se li sognerà a lungo. Il campione italiano ha pagato la lontananza di tre mesi dalle competizioni e il fatto di non essere stato messo alla prova, salvo che da Novak Djokovic, dagli avversari precedenti avendo vinto tutti i set disputati. Più la partita diventava una maratona muscolare più le sue probabilità di vittoria diminuivano. Anche la sua corsa per il Grande Slam s’interrompe.

Dopo il ghiotto antipasto del doppio, primo Slam conquistato dalla formidabile coppia formata da Jasmine Paolini e Sara Errani, in questo momento la più forte in assoluto sulla terra battuta (Roma 2024 e 2025 e, sullo stesso campo di ieri la medaglia d’oro delle Olimpiadi), ecco il piatto forte di giornata. Jannik contro Carlos. La Volpe rossa contro il Lupo nero. Equilibrio e solidità contro varietà e passione. Sinner più forte di testa, Alcaraz sul piano atletico.

Si parte subito con il piede sull’acceleratore. Il primo gioco del match è già un romanzo, manifesto del match che seguirà. Sinner deve annullare tre palle break prima di aggiudicarselo dopo 12 minuti. Jannik non è fluidissimo, sente la partita, il servizio non lo assiste e al quinto gioco subisce il break, ma subito ritrova il 3 pari. Entrambi giocano meglio quando rispondono, questo spiega le numerose palle break. Finalmente l’altoatesino si sblocca, tiene il servizio a zero e al decimo gioco si prende il primo set. È una partita tattica, più mentale che fisica e più congeniale al numero 1 che evita di sollecitare il dritto dell’avversario e dal 4 pari vince 5 giochi di fila portandosi sul 3 a 0 nel secondo. 13 a 11: Sinner ha più vincenti dello spagnolo. Ora la prima entra con continuità e i suoi turni filano veloci. Alcaraz non entra piu in campo per rispondere alla seconda. Anzi, è lui a perdere la prima e a commettere un paio di doppi falli. Ma resta in partita e con le smorzate cerca di mischiare le carte. Jannik non concede nulla, dà sempre peso e profondità ai suoi colpi per togliere a Carlos il tempo per ricamare. Sul 5 a 3 per Sinner al servizio, Carlos va 0-30 e poi fa il controbreak. Lo spagnolo alza il livello e il pugno vincente. La Volpe rossa si concentra sul suo tennis e all’undicesimo gioco sciorina tutto il repertorio, dritto lungolinea, smorzata, pallonetto e poi ace per portarsi 6 a 5. Al tie break Jannik si porta 4 a 2 con un dritto lungolinea che gela lo spagnolo. Alla terza occasione Sinner incamera il secondo set. La partita non è finita, ma ora, per prendersela, Alcaraz deve vincere tre set consecutivi, e Sinner, che non ne ha ancora ceduto uno in tutto il torneo, dovrebbe perderli. Il terzo set inizia con break e controbreak. Carlos deve inventarsi qualcosa, magari sfruttando il calo dell’avversario che affiora dopo due set molto lottati. Jannik perde due servizi consecutivi e lo spagnolo sale 4 a 1. Ora Alcaraz è galvanizzato all’idea dell’impresa e il pubblico lo spinge. Sinner perde il primo set del torneo e si va al quarto.

Lo spagnolo urla «vamos» e spara i suoi dritti sul lato destro del rivale che, invece, è in riserva. Ma è sempre lì. Contiene l’esuberanza dell’avversario fino a recuperare un po’ di rapidità negli spostamenti. Al settimo gioco ottiene il break a zero con una meravigliosa smorzata. Poi vince il suo turno e conquista l’opportunità di servire per il match. La Volpe rossa sente il traguardo vicino e conquista tre match point consecutivi sul servizio di Alcaraz. Che però non trasforma. Carlos lo riaggancia sul 5 pari e poi lo supera 6 a 5. Nel tie break, avanti 2 a 0, Sinner rimette in corsa il rivale giocandogli una palla sul dritto da esplodere. Alcaraz serve due ace consecutivi e va a prendersi il quarto set. Non doveva accadere. Il match è completamente girato. Lo spagnolo è impetuoso, l’italiano impreciso. Ma il thriller deve ancora mostrare il suo meglio. Jannik perde subito il servizio, accusa un accenno di crampi. Si rimette in sesto e tenta una resistenza stoica. Alcaraz lo martella di palle corte. Ma lui non demorde e lo riagguanta in extremis sul 5 pari. Si decide tutto in un tie break ai 10 punti. Lo spagnolo è più fresco e sfodera il suo tennis superlativo. Appuntamento a Wimbledon.

 

La Verità, 9 giugno 2025

Il viaggio di Adolescence nell’inferno dei ragazzi

Ci si prepara ad andare al lavoro e a scuola quando, mitra spianato, la polizia fa irruzione nella casa dei Miller. Siamo in una tranquilla cittadina britannica, ma quel ragazzino dev’essere arrestato. La madre urla, ancora in vestaglia. Il padre non capisce cosa sta accadendo, la sorella si rannicchia in bagno. Jamie Miller è accusato di aver ucciso Katie, una compagna di scuola, la sera prima nel parco con sette coltellate. Mentre i poliziotti gli leggono i suoi diritti, si fa la pipì addosso. Sembra un ragazzo qualsiasi di una famiglia qualsiasi. È mai possibile che un adolescente di 13 anni sia colpevole di un crimine tanto efferato? Siamo di fronte a uno scambio di persona? A un tragico errore giudiziario? Il dispiegamento di forze è esagerato. L’adolescente viene portato alla centrale di polizia: fotografato, spogliato, perquisito, rinchiuso in cella. Padre e madre sono attoniti. Sono i primi dieci minuti di Adolescence, la miniserie che, da pochi giorni visibile su Netflix, ha scalzato Il Gattopardo dal primo posto delle più viste. Da quel momento, la storia afferra il telespettatore e non lo molla più per i quattro episodi che la compongono, in un crescendo claustrofobico angosciante.
Creata da Stephen Graham (magistrale anche nel ruolo del padre) e Jack Thorne, e diretta da Philip Barantini, è un thriller psicologico girato in piano sequenza, con un’unica macchina da presa che ci porta dentro l’orrore di mondi apparentemente normali, invece totalmente estranei agli adulti. A cominciare dalla tranquilla ma inesplorata cameretta del ragazzino: «Che male può fare chiuso lì dentro?», si giustifica il padre di Jamie quando lo assale il senso di colpa per averlo trascurato. Inesplorato è anche lo strapotere dei social che, con la loro spietatezza, alimentano frustrazione, odio e rabbia: «L’80% delle donne va con il 20% degli uomini. Gli altri sfigati non li guardano neanche», svela Jamie (lo straordinario esordiente Owen Cooper) per spiegare il bullismo di cui lui e i suoi amici sono vittime e l’istinto di rivalsa che prende il mondo degli «incel», i celibi involontari, rifiutati sessualmente dalle donne.
Sebbene, in un certo senso, salvi la famiglia, Adolescence non dà risposte comode. Ma apre domande drammatiche che mettono di fronte a responsabilità radicali perché fotografa l’inferno quotidiano, riscontrabile in tante notizie di cronaca (basta ricordare Qui non è Hollywood sul delitto di Avetrana). Un inferno fatto di adolescenti in balia del vuoto. E di adulti – professori, psicologi e genitori – ignari e impotenti.

 

La Verità, 20 marzo 2025