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Zoro si accorge che tra Rai 3 e La7 c’è differenza

Con l’esordio di Propaganda Live su La7 si è completato il quadro dell’offerta tv del venerdì sera. Dopo il timido debutto, settimana scorsa, di Fratelli di Crozza su Nove, superato dalle audizioni in differita (ma in prima tv in chiaro) di X Factor su Tv8, era interessante capire la risposta di La7 e la gerarchia delle reti outsider. Il programma condotto da Diego Bianchi, in arte Zoro, è il primo consistente innesto firmato dal direttore Andrea Salerno nel palinsesto della rete di Urbano Cairo. Un breve antipasto dello stesso piatto era stato offerto da Skroll di Makkox, Marco D’Ambrosio, striscia quotidiana prima del tg. È molto presto per trarre conclusioni perché i linguaggi si devono amalgamare e si devono irrobustire le sinergie (è intervenuto anche Enrico Mentana), tuttavia si può già sottolineare la sensazione che su La7 esista un problema di diversificazione. Appena si esce dal canone del talk show, e di un talk show molto politichese, il pubblico si disperde. Il risultato del 3% di share non è pessimo, ma nemmeno entusiasmante. Probabilmente c’è da lavorare sullo stile e l’inflessione di Zoro, molto legati alla sinistra romana che forse non soddisfa a pieno il pubblico in uscita da Otto e mezzo di Lilli Gruber (5.9%): un pubblico più benpensante e stagionato per il quale, forse, la lingua di Twitter è poco attrattiva. Se poi ci si mette la lunga spiega di Marco Damilano del significato di «propaganda» («Marco la prende sempre da vicino», il commento in tempo reale di Makkox), si può capire un certo ricorso al telecomando. Il rodaggio potrebbe riguardare anche scelte di temi e tempi di trattamento. Il programma sfiora le tre ore, il che non giustifica la dilatazione di certi servizi, in particolare quello realizzato da Zoro, per nove giorni di luglio a bordo di una nave di una Ong in azione nel Mediterraneo. Anche perché il filmato dall’Aquarius, preceduto da un pistolotto di Roberto Saviano e seguito dall’inchiesta di Francesca Mannocchi sui campi di detenzione a Tripoli, arrivava dopo quella di Valentina Petrini in Nigeria di Nemo, nessuno escluso di mercoledì e il servizio nel deserto del Tenerée di Piazza pulita di giovedì, peraltro seguito da un interessante dibattito in cui Paolo Mieli è risultato più efficace e realista di un Gino Strada, puntualmente ideologico.

Per tornare alla gerarchia delle reti minori, il debutto di Propaganda Live non sembra aver penalizzato Fratelli di Crozza, salito al 3.8% di share (dal 3.5 di una settimana fa). Tra i due litiganti, però, continua a godere Tv8 con la differita in chiaro delle audizioni di X Factor, assestatosi al 4.2%.

La Verità, 1 ottobre 2017

Il «Gazebo» che svela il backstage della politica

Telecamerine e Twitter, satira e riprese rubate, raid notturni e vignette: siamo a Gazebo social news, striscia quotidiana di Diego Bianchi, alias Zoro, l’antinarratore della politica di Rai 3. È un’allegra compagnia de sinistra quella che manda in onda tutti i giorni questo racconto atipico delle cose della politica (dal martedì al venerdì, ore 20.10, share del 5,35 per cento nella puntata speciale post referendum). Un antiprogramma, verrebbe da definirlo. Attorno a Zoro che, t-shirt barba e romanesco spinto, è l’incarnazione dell’anticonduttore, si esibisce il fumettista Marco Dambrosio, alias Makkox: persino struggente l’altra sera la parabola di Renzi che rivede la sua storia immerso nella realtà virtuale di un Oculus, ma a un certo punto, causa moscerino, perde la connessione e rimane solo. Poi c’è Missouri, vecchio tassista promosso direttore del «Tg bello» per motivi di satira, che scarrozza Zoro nella notte romana dello spoglio referendario. Infine, Marco Damilano (L’Espresso) e Francesca Schianchi (La Stampa), antiospiti da talk show, che illustrano l’evoluzione della giornata fornendo parole chiave e link utili per comprenderla. E Zoro che fa? Annoda il racconto usando uno schermo tv sul quale manda i reportage, le incursioni, i filmati. Uno schermo che diventa finestra aperta sui palazzi della politica alla quale tutti, coautori, pubblico in studio e pubblico a casa, si affacciano per capirci qualcosa. Tra un filmato e l’altro, Zoro si ferma e dice due parole di spiega, sottolinea, se è il caso digita rewind e rimostra un particolare significativo (l’altra sera, per esempio, la stretta di mano in piazza Montecitorio tra Giorgia Meloni dei Fratelli d’Italia e Alfredo D’Attorre di Sinistra italiana). Poi ci sono i tweet che, contestualizzati, risultano assai più sapidi. Un altro dei punti di forza è l’agilità della strumentazione che permette rapidità negli spostamenti. Con una telecamerina digitale Zoro e soci vanno da un palazzo all’altro regalando riprese inedite, oblique, sporche. Passano dalla Maratona di Mentana al discorso della sconfitta di Renzi a Palazzo Chigi, dove si soffermano sul volto e le mani della moglie Agnese Landini, dal Comitato del No della minoranza Pd, dove acciuffano Massimo D’Alema, a piazza Montecitorio, dove spuntano leghisti che issano cartelli con «Salvini premier». Cose che nessun tg e nessun talk show mostra. Lo fa un antiprogramma «barbone» (hanno la barba Zoro, Missouri, Damilano e Makkox) e certamente di nicchia, che ha come mission il backstage della politica, di cui fa parte anche Twitter. Mentre i programmi tradizionali si dilungano in analisi e scenari, Gazebo va dietro le quinte per documentare e mostrare dettagli, certamente con un orientamento predefinito e con qualche eccesso voyeuristico. Che, tuttavia, possono aiutare a capire più di tante, interminabili, discussioni.

La Verità, 7 dicembre 2016