Zerocalcare nel vicolo nichilista dei millennials

E che sarà mai? Abbiamo visto Federico Leonardo Lucia in arte(?) Fedez, dai centri sociali assurgere al Bosco verticale via X Factor, Roberto Saviano pubblicare nelle case editrici di Silvio Berlusconi passando per Gomorra, Paolo Pietrangeli, pace all’anima sua, firmare regie su Canale 5 con la benedizione di Contessa, figuratevi se ci formalizziamo perché Michele Rech, tradotto Zerocalcare, s’incista sul pennone di Netflix strappando lungo i bordi. Dal Forte Prenestino de Roma alla piattaforma di Santa Clara in California è un attimo, anche se potrebbe sembrare uno strappo proprio nel cuore della coerenza. La quale è notoriamente un residuato ottocentesco. Se non riesci a passare alla storia puoi sempre passare alla cassa. Il successo spiana gli antagonismi e la globalizzazione ha argomenti convincenti anche per l’universo punk. Perciò è inutile moralisteggiare e impuntarsi sul romanesco biascicato dopo che Gomorra, ben sottotitolata, ha conquistato i mercati di mezzo mondo. O su altre polemiche di contorno a Strappare lungo i bordi, la miniserie animata scritta, diretta, disegnata e doppiata da Zerocalcare, in vetta alla classifica di Netflix e trend topic sui soliti social.

Il fatto è che l’operazione è riuscita e quasi tutto funziona, il fumetto, il linguaggio, i personaggi, il quartiere di Rebibbia, le tante citazioni, il dialetto stretto e il flusso di coscienza inarrestabile. Perfetto nel rendere la timidezza dell’adolescente, le giornate perse a inviare curriculum, le notti a chattare, le paranoie esistenziali, i divani come discariche, Netflics che non offre più niente perché s’è già visto tutto, il terrore di ogni responsabilità, l’inconcludenza con la tipa, il tempo inesorabile, l’apatia, gli altri che si sistemano e tu no. Perché sei un sociopatico, «un cane misantropo» per il quale la casa è «la mia cattedrale di solitudine». Oppure perché «sei cintura nera de come se schiva la vita», come sentenzia Armadillo, la coscienza di Zero (doppiato da Valerio Mastandrea), professore inappellabile di cinismo e dissacrazione.

Minimalismo e autoreferenzialità trionfano, purtroppo. E schiere di ragazzi ritrovano l’estraneità universale, l’incapacità di reagire, l’assenza di uno straccio di risposta, rese con formule originali, slang fulminante, situazionismo della sconfitta. Anche il mondo adulto che non frequenta graphic novel e centri sociali può realizzare l’ignavia che paralizza intere generazioni più del Covid, abbandonandole in un vicolo di nichilismo. Dal quale difficilmente la complicità tra «fili d’erba dello stesso prato» basterà a farla evadere. È più facile per un antagonista passare per la cruna di Netflix…

 

La Verità, 28 novembre 2021