Interviste a Tarantino: fasulle, curiose, utili
L’intervista a Quentin Tarantino è ormai diventata un genere giornalistico, con le sue brave sottocategorie. Ci sono quelle inutili e spocchiose, quelle curiose, quelle colte.
Intervista onanista. Sottotitolo: Ragazzi, ho intervistato un genio, ma quello davvero figo sono io. Massimo Coppola su Rolling Stone fa domande(?) così: “Il tuo film è in effetti una scultura, più che una serie di fotografie. Non imita la realtà inseguendo la verosimiglianza, ma si riferisce a essa in modo monumentale, allegorico, terribile e scandaloso. E d’altra parte a te piace farci sapere che stiamo guardando un film – non la realtà. C’è anche un divertente voice over, all’inizio del secondo tempo, che riassume per il pubblico gli eventi accaduti nel primo tempo. Tu stai giocando e non hai paura di mostrarci il tuo gioco, non ti interessa la ‘verità’ e questo paradossalmente ti permette di avvicinarti di più a essa, anche se su un altro livello”. Tarantino: “Può essere, ma sai per me non è così importante…”.
Intervista esistenziale. Sottotitolo: Ragazzi, ho incontrato Tarantino per fargli tirar fuori qualcosa di nuovo di sé. Scrive Arianna Finos su Repubblica: “L’invenzione che ha rivoluzionato la vita del giovane Quentin è stata quella del VHS”. “A meno che non fossi tanto ricco da comprarti le pellicole – è Tarantino che parla – i vecchi film potevi vederli al cinema d’essai oppure in tv: ma non avevi scelta e quelli che piacevano a me li davano le emittenti locali alle 4 di notte. Con le videocassette potevi registrarti i film, farti una tua collezione”. A diciannove anni Tarantino fu assunto in un videonoleggio. “Mi fermavo intere serate a parlare con il proprietario, grande cinefilo. In Hateful Eight ho dato il suo nome allo sceriffo morto di Red Rock. Aveva tutti i generi, i classici, le opere straniere. Impressionato dalla mia competenza mi ha dato un lavoro e mi ha salvato. Era un momentaccio, per me… Ancora oggi per me Netflix e lo streaming non esistono. Io registro i film in VHS”.
Intervista cinefila. Sottotitolo: Ragazzi, ho intervistato Tarantino per farmi svelare qualcosa del film che vedrete. Marco Giusti per Troppo Giusti, Raidue: “Quanto contano per il tuo film gli spaghetti western e i thriller nella neve?”. Tarantino: “Gli spaghetti western e il sottogenere del western nella neve sono importanti per me. Ma c’è qualcosa di importante che spesso non si mette in risalto. È l’ombra di Corbucci su di me e sul film, in particolare per l’assenza dell’eroe… La mancanza dell’eroe mette i miei otto personaggi in rapporto con un altro film di Corbucci, I crudeli. C’è una simbiosi tra Hateful Height e I crudeli, proprio per la mia decisione di fare a meno dell’eroe, di non avere un centro morale”. Giusti: “È anche un film sull’America di oggi, immagino”. Tarantino: “Credo che The Hateful sia una riflessione sobria sull’America ai tempi della guerra civile, sull’America nel contesto del dopo guerra civile, che era un mondo quasi post-apocalittico… Siamo in un periodo oggi in cui l’America sembra un Paese diviso, come allora. Non per colpa della guerra civile, della liberazione degli schiavi, ma per l’elezione di un presidente nero. Il western ha raccontato meravigliosamente l’America nei decenni in cui quei film venivano girati, gli anni ’50, gli anni ’70. Spero che possa farlo anche per l’oggi”.