La caserma, un giocoso esperimento sociale

Dopo il successo del Collegio e, in attesa di Ti spedisco in convento (in primavera su Discovery+), sempre su Rai 2 è arrivata La Caserma, format prodotto da Blu Yazmine in cui 21 ragazzi tra i 18 e i 23 anni vengono introdotti alla vita militare (mercoledì, ore 21,30, share del 7,6%, 1,7 milioni di telespettatori). Si potrebbe osservare che questi docu-reality improntati alle regole e alla disciplina servono a vellicare soprattutto un certo sadismo degli spettatori più avanti con gli anni e a soddisfare il moralismo degli adulti affezionati al ritornello dei «miei tempi», facendo leva su un larvato conflitto generazionale. Tuttavia, è evidente che si tratta di un tipo di televisione che coglie una tendenza a recuperare quei luoghi collettivi che avevano per ragione sociale un’intenzione formativa. La scuola severa, la naja o il seminario erano, «ai tempi», istituzioni che venivano in appoggio alla famiglia, nucleo educativo di base. Nella società liquida, dove la stessa famiglia è in continua, e generalmente peggiorativa, evoluzione, anche quelle sono scomparse o ridotte a realtà di ultra nicchia. Qualcuno ne comincia a sentire la mancanza, tanto più in considerazione del fatto che il futuro della generazione Z sarà verosimilmente più complesso di quanto lo è stato per i loro genitori, a maggior ragione se, come si vede, crescono immersi nelle comodità.

Nella Caserma, tra i monti di Levico, la cura cui vengono sottoposti i partecipanti comincia con la privazione dei cellulari, il taglio dei capelli e l’eliminazione dei piercing, e prosegue con i primi rudimenti della vita militare: alzabandiera, addestramenti, spirito di squadra, autogestione di spazi individuali e comuni. Tutto alimentato dalla competizione tra i concorrenti e gli scaglioni di reclute, «arruolati» in tempi diversi. Per continuare a riavvicinare il pubblico giovane alla rete, nel format a metà tra corso di sopravvivenza ed esperimento sociale, il casting e il montaggio sono decisivi. Così, in ossequio alle mode e al marketing, tra i concorrenti troviamo i gemelli star di TikTok, il rapper ribelle, la ragazza lesbica, lo studente pakistano con q.i. sopra la media, l’influencer, l’insegnante di yoga e il reduce dal Collegio: non proprio ragazzi qualsiasi. Quanto agli istruttori, dietro la mimetica e l’aria burbera si celano padri o fratelli maggiori forse un tantino più compassionevoli di quanto ci si aspetterebbe. A conferma che, più che a un docu-reality, siamo di fronte a un game adventure che ambisce a coinvolgere un pubblico inter-generazionale.

 

La Verità, 5 febbraio 2021