La rosa dell’Istria, più melodramma che dramma
Dopo gli otto episodi tratti da La Storia di Elsa Morante, i sei sulla Caduta del Duce, ecco su Rai 1 La rosa dell’Istria, film tv ispirato dal romanzo Chi ha paura dell’uomo nero? di Graziella Fiorentin (edizioni Corbaccio). Siamo sempre nella stessa epoca storica, dopo l’8 settembre 1943, ma stavolta in un’area geografica periferica dove il conflitto è, se possibile, ancora più cruento perché, allo scontro tra l’esercito tedesco, quello italiano sbandato dopo l’armistizio, le truppe anglo-americane che però stanno risalendo lo Stivale, e i partigiani, si aggiunge l’ostilità delle forze del generale Tito che avanzano verso Nord per annettere alla Jugoslavia i territori dell’Istria e della Dalmazia. Protagonisti della vicenda sono i Braico, famiglia della buona borghesia di Canfanaro, il padre Antonio (Andrea Pennacchi) è il medico condotto del paese. Un uomo rigido e orgoglioso, che ha progetti ben precisi sui figli. Niccolò, il più grande, deve fare il medico come lui, la figlia Maddalena (Gracjela Kicaj) deve studiare medicina, anche se ama dipingere. Ma l’arrivo dei partigiani titini e i primi rastrellamenti sconvolgono tutti i piani e costringono l’intera famiglia all’improvvisata fuga, nella quale Niccolò resta vittima di una sparatoria. Nel paesino friulano dove vive lo zio che li ospita, i Braico non trovano, però, buona accoglienza. Antonio deve adattarsi a lavori di fatica perché le condotte sono già tutte assegnate, e a scuola Maddalena viene trattata da straniera. È l’incontro con l’affascinante e misterioso Leo (Eugenio Franceschini), anche lui pittore, a ridarle speranza nel futuro. Ma l’improvvisa sparizione del ragazzo e il posto di medico per il papà liberatosi in un altro paese producono un nuovo strappo e un nuovo trasferimento. Dopo la morte della madre che ha sempre mediato tra padre e figlia, il conflitto fra i due si inasprisce, fino alla decisione di Maddalena di seguire il suo istinto e la sua indipendenza. Ma coltivare i sogni non vuol dire dimenticare le proprie radici e la propria identità. Anzi.
Prodotto da Publispei per Rai Fiction e diretto da Tiziana Aristarco, La rosa dell’Istria lascia la guerra e le foibe, un capitolo che meriterebbe maggiore approfondimento anche artistico, sullo sfondo. E si concentra sulla storia di formazione della ragazza, privilegiando il melodramma sul dramma, l’amore per il bel pittore e la resistenza per difendere il talento dalle rigidezze del padre. Un Pennacchi più credibile in questi panni che in quelli di certe, monocordi, esibizioni nel circolino di Propaganda live.
La Verità, 6 febbraio 2024