Nel ritratto di Torregiani manca quello dei terroristi
Una delle cose migliori del film è il titolo: Ero in guerra ma non lo sapevo. Identico a quello del libro scritto da Alberto Torregiani (con Stefano Rabozzi per A.car edizioni), rende l’idea della situazione in cui si trovava Pierluigi Torregiani, il gioielliere assassinato dai Proletari armati per il comunismo (Pac) davanti al suo negozio a Milano il 16 febbraio 1979. Irriducibile, un po’ arrogante, non disposto a piegarsi alle circostanze, il protagonista, interpretato dall’ottimo Francesco Montanari, va avanti per la sua strada, fatta di lavoro e famiglia. Il sindaco Carlo Tognoli lo ha anche premiato con l’Ambrogino d’oro per l’impegno nel sociale. Sulla sua complessa vita quotidiana si concentra il racconto, lasciando sullo sfondo l’escalation terroristica e le rapine ai negozianti attraverso le quali le formazioni violente si autofinanziano. «Vogliono far passare la delinquenza per politica e noi gli crediamo», dice Torregiani al commissario che lo invita a maggiore prudenza. Accorgendosi dei pericoli, le persone che gli sono vicine intuiscono i contorni della guerra. Il suo più stretto collaboratore si allontana per un periodo «finché le acque non si saranno calmate»; la moglie propone di andare via da Milano; il commissario lo pone di fronte all’alternativa: «O si fa aiutare o si fa ammazzare». Ma lui non deflette e accetta di malavoglia anche la scorta assegnata dalla questura. Parliamo di una bravissima persona che adotta i tre figli di una vedova conosciuta in ospedale e non sopravvissuta ad un tumore. Quanto a lui, pur scampato al cancro ai polmoni, continua a fumare: questo è il temperamento. È un orologiaio: se il meccanismo si guasta lo riaggiusta, se la molla si scarica, la ricarica. Scegliendo di tenere per sé le sue preoccupazioni, si isola anche da chi vuole aiutarlo.
Ad aggravare la sua situazione concorrono i giornali dell’epoca che lo descrivono come «un giustiziere» dopo che, durante una rapina in un ristorante dov’è a cena con la figlia e i collaboratori e nella quale muoiono due persone, lui tenta di reagire. Si scoprirà che la sua pistola non ha sparato un colpo, ma i Pac capeggiati da Cesare Battisti, hanno ormai preso la loro decisione.
Di tutto questo, però, nel film prodotto da Eliseo Multimedia di Luca Barbareschi e Rai Cinema, diretto da Fabio Resinaro, e mandato in onda nell’anniversario dell’agguato non c’è traccia (mercoledì, Rai 1, ore 21,30, share del 10,6%, 2,3 milioni di telespettatori). Forse, considerando quanto la vicenda dei responsabili di quegli omicidi ha agitato la vita del Paese in questi anni, sarebbe stata opportuna una ricostruzione più ampia della storia.
La Verità, 18 febbraio 2022