«Siena era imbattibile, ci hanno demolito i giudici»
Quando alla fine della lunga chiacchierata in una saletta di un hotel di Firenze confido a Ferdinando Minucci che, leggendo il suo libro, mi sono stupito di tanta resistenza, l’ex presidente della Mens Sana Basket di Siena, «la società di pallacanestro più vincente d’Italia», fallita nel 2014, replica: «Ai miei allenatori dicevo sempre che noi veniamo fuori nel girone di ritorno. Per me comincia adesso». Il girone d’andata è, invece, un girone infernale di accuse e menzogne durato nove anni. Minucci lo racconta in Memorie sospetti e bugie – Mens Sana Basket: una fine inaccettabile (Cantagalli e Il Leccio edizioni), 440 pagine in cui ripercorre successi sportivi e tormenti giudiziari inaugurati nel dicembre 2012 con l’avviso di garanzia per frode fiscale. Negli stessi giorni il Monte dei Paschi di Siena chiude i rubinetti del finanziamento. E mentre per la Mens Sana è l’inizio della fine, per Minucci il peggio deve ancora venire. L’8 maggio 2014 tre agenti della Guardia di finanza lo arrestano e ammanettano all’hotel Carlton di Bologna mentre è già operativo come presidente della Lega basket. Ora, dopo il patteggiamento per la frode fiscale, unico reato riconosciuto, il miglior manager dell’Eurolega della stagione 2007/2008 e anima nera della pallacanestro italiana, torna a bordo parquet per tentare un’impegnativa riabilitazione.
Una sola condanna e quante assoluzioni?
«Avevo 36 capi d’imputazione, tutti derivati dalla frode fiscale, per la quale ho patteggiato 4 anni e 10 mesi».
Qual era la situazione della Mens Sana?
«La società è fallita per bancarotta fraudolenta a causa del crollo registrato dal Monte dei Paschi nel 2012 dopo l’incauto acquisto della Banca Antonveneta. Improvvisamente l’amministratore delegato Fabrizio Viola e il presidente Alessandro Profumo decidono di ritirare l’unico finanziamento di cui Mens Sana gode. La conseguente richiesta di fallimento della Procura deriva da questa inaspettata e inopinata decisione».
Come funzionava la sovrafatturazione?
«Si sovrastimavano dei servizi resi dalla Essedue promotion per gestire una parte di denaro fuori contabilità. Serviva a creare liquidità in nero e a pagare meno tasse».
Ora qual è lo scopo del suo impegno?
«Ripristinare la verità. Cioè il fatto di esser ricorso alla sovrafatturazione, come appurato dal Pm Antonino Nastasi e dal giudice Ottavio Mosti, nel solo interesse della Mens Sana. Mentre il reato di appropriazione di cui sono stato accusato mediaticamente è risultato inesistente».
Che tipo di riabilitazione si aspetta?
«Voglio comprendere e far comprendere perché si è scatenato un fenomeno così abnorme rispetto a ciò che ho realmente fatto. Probabilmente, la crisi del Monte dei Paschi e il fatto di essere la squadra più vincente d’Italia hanno innescato meccanismi di invidia e rivalsa che hanno portato a questa situazione».
Vincevate troppo?
«Così mi disse il vicedirettore della Gazzetta dello sport Franco Arturi. Sette scudetti consecutivi, otto in dieci anni, e il terzo posto nel ranking europeo irritavano i club storici delle grandi città e non solo».
Si ritiene una sorta di capro espiatorio?
«A Siena la vita della città e lo sviluppo delle eccellenze ruotavano attorno al Monte dei Paschi. Crollando il Mps, colpire la Mens Sana era la cosa più immediata. Nello sport trovare la frode fiscale è facile come gettare un sasso nello stagno. Anche il Siena calcio ha subito la medesima sorte. Pochi giorni fa il presidente Massimo Mezzaroma è stato condannato a tre anni. Altre vicende giudiziarie hanno avuto evoluzioni molto meno traumatiche».
Ripartiamo dalle troppe vittorie.
«Il nostro dominio ha irritato società importanti che investivano molto più di noi. Pur con grande sostegno mediatico, Milano e Roma non riuscivano a scardinare il sistema di una città di 60.000 abitanti che aveva una squadra imbattibile. Non riuscendo a superarci sul campo, hanno tentato di colpirci in tutti i modi».
Secondo la Guardia di finanza le veniva accreditato su conti svizzeri il 5% sulle operazioni della Mens Sana.
«Si trattava di un 5% utilizzato per un solo contratto specifico, 25.000 euro usati dalla società per contrastare l’azione mediatica di Sergio Scariolo, allora coach dell’Olimpia Milano (oggi della Virtus Bologna e della nazionale spagnola ndr), che sosteneva che nei palazzetti dove giocavamo noi si respirava “aria rancida”».
Cosa intendeva dire?
«Scariolo era tornato in Italia per rompere la nostra egemonia. Siccome non ci riusciva, in un’intervista disse che in Italia c’era un’aria rancida e che le nostre vittorie dipendevano dalla connivenza degli arbitri. Per queste dichiarazioni è stato deferito alla procura federale».
Come si è spiegato il trattamento riservatole il giorno dell’arresto?
«Sono stato arrestato e ammanettato come un pericoloso criminale dopo tre giorni di pedinamento a Bologna, sede della Lega, in base alle false dichiarazioni del liquidatore della Mens Sana Egidio Bianchi che suffragavano il pericolo d’inquinamento delle prove. Al mio arrivo a Siena sono stato esibito davanti a decine di fotografi, operatori e giornalisti prima della conferenza stampa della Guardia di finanza nella quale, altra falsità, si è detto che, attraverso lo storno del 5%, mi ero appropriato di 2 milioni di euro».
Una sentenza già scritta?
«Dopo 21 giorni il Tribunale del riesame stabilì che non dovevo essere arrestato perché le dichiarazioni di Bianchi erano false. Poi si scoprì anche che non avevo preso i soldi. Prima le verifiche non erano state fatte. Pensi quello che ho dovuto subire».
In quel momento però non era ancora presidente di Lega.
«Ero stato nominato il 28 febbraio, l’insediamento sarebbe avvenuto il primo luglio. Stavo già lavorando, con rimborso spese della Lega, alle idee più innovative, come il progetto della televisione».
Suscitando la reazione del presidente della Federazione, Giovanni Petrucci.
«Appena lo seppe, convocò una conferenza stampa per intestarsi il lancio di un canale tv della Fip. Progetto presto evaporato».
Come mai, dopo il suo arresto, proprio Bianchi diventò presidente di Lega?
«Qualcuno diceva: a pensar male si fa peccato, ma… Da direttore generale della Virtus Siena, una società di serie B, non professionistica, Bianchi ha fatto una carriera fulminante. Viene nominato liquidatore della Mens Sana, consulente strategico della Lega, incarico inedito, poi presidente di Lega e infine, appoggiato da Petrucci, viene candidato alla presidenza delle leghe europee».
Il ritiro della sponsorizzazione di Mps fu una scelta finanziaria o politica?
«Ho conosciuto l’amministratore delegato di Mps Viola nel febbraio 2012. Nelle cene a casa sua a cui ho partecipato, anche con altri ospiti interessati, aveva offerto sostegno alla Mens Sana. Poi, a metà campionato, e prima che emergesse l’indagine della Procura, ci fu la retromarcia. Con l’interruzione dei finanziamenti concordati e la richiesta del rientro dei fidi».
Cos’era successo?
«Difficile dirlo. In totale si tratta di un’operazione da 5 milioni di euro: una goccia nel mare di Mps che aveva 50 miliardi di crediti in sofferenza».
Quale poteva essere il motivo di questo cambio di rotta?
«A precisa domanda, Viola ha giustificato la decisione con un clima di difficoltà in cui versava la banca. Ma era una situazione già nota da tempo».
C’è una zona grigia nel Pd e nel sistema di potere della città e di Mps che ha favorito la crisi di Mens Sana?
«Credo che le battaglie intestine al Pd abbiano condizionato la città con le sue eccellenze e l’attività del Mps. Il sindaco uscente Pierluigi Piccini avrebbe dovuto essere nominato presidente della Fondazione. Ma con un decreto ad hoc il ministro delle Finanze Vincenzo Visco gli sbarrò la strada. Grazie a un accordo tra il Pd locale e Roma, in quella posizione s’insediò Giuseppe Mussari, futuro presidente della banca».
Il questo libro si leggono testimonianze di stima di personalità come Valerio Bianchini, Cesare Pancotto, Ergin Ataman, Carlo Recalcati ma lei è stato radiato dalla Fip. Cosa non torna?
«Godo della stima delle persone attive del basket. La Fip è gestita da Giovanni Petrucci, un presidente di lungo corso che non ha esperienza operativa, ma è solo un dominus politico che controlla questo mondo per essere rieletto. Gli basta colpire i nemici e premiare gli amici».
E lei è tra i nemici.
«Fino a un certo punto Petrucci mi aveva sostenuto. Poi, tre mesi prima del mio arresto, disse a un giornalista che avrebbe dovuto portarmi le arance in galera. Sapeva cose che io non sapevo».
Tutto questo perché vincevate troppo?
«E perché, da presidente di Lega avrei cambiato le regole del gioco, trasformando le società in franchigie, aziende in grado di autoalimentarsi, come avviene negli Stati uniti. Ora i presidenti dei club continuano a mettere soldi a fondo perduto. In un movimento asfittico, senza idee e con regole anacronistiche imposte dalla Fip di Petrucci».
Scrive che «tutti i partecipanti in un modo o nell’altro aggiravano le regole per competere sia in campionato che in Europa».
«Lo confermo. Dopo l’avviso di garanzia per frode fiscale, mi venne proposta la candidatura alla presidenza della Lega da 14 società. “Ragazzi, guardate che ho sul capo quest’accusa”, dissi. “Quelle son cose che facciamo tutti”, mi risposero. La Comtec, l’organo di controllo dei bilanci della Federazione, conosceva bene gli artifici con cui operavano le società».
Ne ha mai avuto percezione diretta?
«Mi risulta che in un anno Cantù abbia ricevuto fatture di circa 2 milioni dalla Essedue promotion, la stessa società che collaborava con noi, senza che prestassero i servizi corrispondenti. Ma quando il mio avvocato ha segnalato il fatto alla procura sportiva, essendo Anna Cremascoli vicepresidente della Federazione, la denuncia è caduta nel vuoto».
Altri casi?
«Nella stagione 2007 mi è capitato sotto gli occhi il bilancio della Virtus Roma. Con un numero ben maggiore di giocatori, molti di grande prestigio, mi chiedevo come potesse essere la metà di quello della Mens Sana».
Perché secondo lei i media sportivi non hanno seguito la presentazione del suo libro?
«Perché credo che metta in difficoltà persone che hanno molto potere e lo esercitano per limitarne la diffusione. Ma per me il girone di ritorno è appena iniziato».
La Verità, 16 ottobre 2021