Stucky rinfresca il telefilm con indagini analogiche
Canali, acque, portici, calli, mercati, osterie, magioni e palazzi: c’è da scommettere che un flusso turistico premierà presto Treviso, città nascosta alla televisione e ora quinta suggestiva delle indagini del nuovo commissario Stucky che dà il nome alla serie in sei episodi in onda su Rai 2 (mercoledì sera, ascolti tra il 7 e l’8%), tratta dai racconti di Fulvio Ervas, prodotta da Rai Fiction, Rosamont e Rai Com, e diretta da Valerio Attanasio. Come si dice, la location è essa stessa un personaggio del racconto. Personaggio adorabile è soprattutto l’ispettore capo cui dà corpo, molto dimagrito da come lo si ricordava, Giuseppe Battiston. Barba, sigaro, trench stazzonato, si aggira a piedi tra i vicoli e le piazze, con aria finto ingenua, grattandosi la crapa. Un Tenente Colombo del Nordest 2.0 si potrebbe dire, se non fosse che Stucky, nato a Tabriz da madre persiana e da padre di origini svizzere trasferitosi in Veneto, è allergico alla tecnologia. Niente cellulare, niente computer e se una collaboratrice gli parla del risultato di una ricerca su Google con la parola chiave le chiede di andare al sodo. Lui prende appunti su un taccuino e, una volta giunto all’osteria dell’amico Secondo (Diego Ribon), in attesa di un calice di prosecco, distende sul tavolo i foglietti con le note essenziali. È la sua «parete dell’inchiesta», quella che siamo abituati a vedere in decine di polizieschi, composta di foto segnaletiche, frecce, ritagli di giornale eccetera. Come nel Tenente Colombo, anche qui il telespettatore conosce dall’inizio l’identità del colpevole e la curiosità consiste nel seguire i metodi dell’ispettore per incastrarlo, sempre con modi gentili, facendo ricorso a molta psicologia («se ti vuoi suicidare, il giorno prima ti iscrivi in piscina?») e ai pochi indizi forniti dal medico legale (Barbora Bobulova), organizzati in una sintesi finale che precede l’arresto. In Stucky tutto è a misura d’uomo: dalla città ai dialoghi che alternano il dialetto (non sempre precisissimo), dal cibo tradizionale, sebbene spuntino troppi calici di bianco, agli stranieri che risultano ben integrati. La durata, un’ora impaginata con grafica e musica scanzonate, facilita la visione, ridà lustro al vecchio telefilm e risulta rassicurante per il telespettatore stressato da password e aggiornamenti digitali.
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Mercoledì sera all’esordio con La Corrida sul Nove Amadeus ha fatto registrare nella prima parte il 5,5% di share (982.000 spettatori) e nella seconda, dopo le 23, chiamata Il Vincitore, il 6,6% (667.000).
La Verità, 8 novembre 2024