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Sgarbi: «Ma l’Europa è vivace e propositiva»

Elisabetta Sgarbi è regista e scrittrice, ma soprattutto editrice. Dopo essere stata per anni direttrice editoriale di Bompiani, a fine 2015, dopo l’annuncio della vendita di Rcs libri ha fondato con altri autori La Nave di Teseo.

Elisabetta Sgarbi ha lasciato Bompiani e fondato La Nave di Teseo

Elisabetta Sgarbi ha lasciato Bompiani e fondato La Nave di Teseo

Elisabetta Sgarbi, che cosa pensa del servizio di acquisti online di Amazon? Perché in questo caso si vedono solo i lati positivi della globalizzazione?

«Ne penso benissimo, sono cliente di Amazon di Ibs e delle librerie tradizionali. Lo sono in veste di autore, editore, lettrice. Proprio per questo conosco bene i punti di forza dell’e-commerce: senza entrare negli aspetti più tecnici, basta pensare alla disponibilità di una piattaforma logistica comune a diversi paesi, e l’accesso a una vetrina virtuale di milioni di clienti. Le librerie online hanno un catalogo infinito e sono aperte 24 ore su 24, le librerie di quartiere hanno un assortimento più personale e forniscono il supporto del libraio, che è una figura insostituibile. Per questo credo fermamente che i due canali non siano alternativi, ma complementari, perché offrono servizi e opportunità diversi, e un buon lettore ha bisogno di entrambi».

Di fronte alla forza dei grandi marchi digitali non sono un po’ anacronistiche le nostre diatribe interne sulle fusioni editoriali?

«Non penso. Sono discussioni mosse da principi importanti, per entrambe le parti».

Perché in Europa non nasce e non si afferma un Bill Gates o un Mark Zuckerberg? Siamo limitati dal punto di vista del talento o della legislazione?

«Abbiamo avuto tanti Gates e Zuckerberg. Pensi ad Alberto Mantovani e a quello che il suo gruppo di ricerca ha fatto».

L’Europa sembra aver culturalmente abdicato. Si può dire che sia in atto una sorta di colonizzazione al contrario?

«Mi sembra una semplificazione. La situazione non è esattamente così, anzi, vedo in Europa i segni di una grande vivacità intellettuale. Non sono io a dirlo, ma citerò due autori pubblicati dalla Nave di Teseo. Nicola Porro, nel suo libro La disuguaglianza fa bene, ricorda il fondamentale contributo dato al pensiero economico dagli studiosi europei: dalla Scuola di Francoforte, agli austriaci, ai ricercatori italiani. L’ex ministro delle finanze greco Yanis Vaorufakis, di cui pubblicheremo il 27 ottobre il nuovo atteso libro, che pure è molto critico nei confronti delle istituzioni europee, è altrettanto fermo nel segnalare i pericoli di inseguire ciecamente le politiche economiche americane, rivalutando un’alternativa europea».

La Verità, 1 ottobre 2016

Concentrazioni contro spacchettamenti, vince l’America

Spacchettamento: è uno dei vocaboli più alla moda nel milieu culturale di tendenza nel nostro Paese. Si contrappone al termine nemico: posizione dominante. O all’altra parolona tabù: concentrazione. Vade retro. Antitrust e authority vigilano, accigliate. Guai a favorire posizioni dominanti, concentrazioni, accorpamenti editoriali. Ordunque, in questi giorni si è realizzato l’auspicato spacchettamento: nella fusione in atto tra Mondadori e Rizzoli è stata scorporata la Bompiani che non poteva confluire anch’essa nella casa di Segrate. Ceduta alla Giunti per 16,5 milioni e quasi tutti contenti. Com’è noto, nel frattempo, Elisabetta Sgarbi ha ulteriormente spacchettato, creando La Nave di Teseo, portandosi dietro buona parte degli autori. Anche Marsilio è uscita dalla concentrazione ed è rimasta ai suoi fondatori, la famiglia De Michelis. Il caso di Bompiani, però, è particolarmente significativo perché sul marchio aveva allungato le sue mire nientemeno che Amazon. Invece, spacchettamento è compiuto e almeno il pericolo di vedere una sigla tra le più prestigiose della narrativa confluire sotto l’ombrello del gigante del web è scongiurato. Sarebbe stata una beffa se la preoccupazione di evitare concentrazioni domestiche ne avesse favorita una internazionale a scàpito della nostra storia.

Il logo della casa editrice Bompiani, spacchettata dalla fusione tra Mondadori e Rizzoli per decisione dell'Antitrust

Il logo dell’editrice Bompiani, spacchettata dalla fusione Mondadori-Rizzoli per decisione dell’Antitrust

Perché, ormai, il rischio ricorrente è questo. Mentre noi spacchettiamo, i colossi digitali inglobano, assorbono, acquisiscono. Si allargano a tutti i settori, moltiplicano le piattaforme, estendono i territori del business. Per stare alle ultime manovre, Google sta provando a mettere le mani su Twitter, mentre Apple ha appena annunciato l’interesse per la McLaren, storica casa britannica produttrice di prototipi da competizione, ritenuta utile all’avanzamento del progetto di auto senza pilota. Qualche tempo fa, invece, il colosso di Cupertino aveva mosso i primi passi sul fronte televisivo, per la produzione di nuove serie, nell’intenzione dichiarata di far concorrenza alla solita Amazon che sul terreno della fiction era già sbarcata nel 2014.

La faccenda che fa pensare è la seguente. Queste notizie sono quasi universalmente accompagnate da «ooohhh» estasiati, da esclamazioni di meraviglia. I brand della new technology fanno moda, tendenza, contemporaneità. E, dunque, tutto ciò che viene da lì o passa da lì è, per definizione, bello, positivo, cool. Tra qualche giorno a Napoli Lisa Jackson, vice presidente Apple, inaugurerà il centro europeo per lo sviluppo delle app della Mela e, ovviamente, avrà al suo fianco il ministro per l’Università Stefania Giannini. Le cronache che annunciano l’evento trasudano enfasi. Per non parlare della fibrillazione che circonda la prossima visita a sorpresa, dopo quella del gennaio scorso, di Tim Cook, invece assente all’inaugurazione di cui sopra.

Un magazzino Amazon, marchio leader di e-commerce interessato a Bompiani

Un magazzino Amazon, marchio leader di e-commerce interessato a Bompiani

I guru dell’high-tech sono ormai di casa in Europa e in Italia, in particolare. Tutti ricordiamo l’accoglienza regale che ha accompagnato a fine agosto la visita di Mark Zuckerberg, fondatore di Facebook, ricevuto anche da papa Francesco. Qui non si tratta di disconoscere i vantaggi e l’enorme miglioramento della qualità della nostra vita determinato dalle innovazioni introdotte dall’era digitale. Né, tantomeno, al netto del rispetto delle leggi fiscali (la Ue ha appena chiesto ad Apple il rimborso di 13 miliardi di tasse non versate per accordi illegali con il governo irlandese), di frenare l’onda anomala della globalizzazione trincerandosi dietro antistorici protezionismi. O di ostacolare lo scambio d’informazioni e di know how tra le sponde dell’Atlantico. Il problema, semmai, è che più che di scambio, dobbiamo parlare di flusso a senso unico, ovvero dagli States all’Europa e non viceversa. Facendola breve, perché in Europa e in Italia non si affermano guru delle tecnologie digitali? Perché, nonostante gli scopritori del web fossero un belga e un britannico e, dunque, all’origine di questa soria ci fosse il Vecchio Continente, Bill Gates, Mark Zuckerberg, Jeff Bezos e Larry Page tanto per citare i soliti nomi, sono tutti americani? Perché un marchio come Nokia, che fino a qualche anno fa era tra i leader mondiali della telefonia, è desaparecido tra nuvole molto poco tecnologiche? Domande, solo per capire, e senza risposte preconfezionate. A naso, però, vien da dire che il ritardo europeo in materia non sia principalmente dovuto a limiti intellettuali o di talento creativo. Forse, la questione è più complessa. E potrebbe aver a che fare con l’assetto legislativo del Vecchio Continente. Con le sue griglie amministrative, gli antitrust e le authority che, a differenza dell’economia digitale d’Oltreoceano, vedono come tabù le joint venture e le fusioni editoriali, rendendoci inevitabilmente più lenti nei movimenti e più scettici rispetto alla possibilità di affermare un’idea, realizzare un progetto, lanciare una app. Così, non resta che rassegnarci e accogliere i Ceo di Apple e di Facebook come nuovi messia. E mentre sui giornali scriviamo la nostra avversione alle concentrazioni e teorizziamo gli spacchettamenti editoriali, con l’iphone ordiniamo su Amazon l’ultimo romanzo di Jonhatan Franzen o la biografia di Zuckerberg.

La Verità, 1 ottobre 2016