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Giletti, Gabanelli e… tutti gli incendi dell’estate Rai

Abbandoni, dimissioni, defezioni e, per non farsi mancare nulla, previsioni di bilanci in rosso di 100 milioni. La Rai diretta da Mario Orfeo e presieduta da Monica Maggioni è come la costa sud della Sardegna in questa torrida estate d’incendi seriali: ne spegni a fatica uno e ne divampano altri tre o quattro, ancor più letali. Per un Fabio Fazio che si è voluto trattenere a costo di un contratto multimilionario ora al vaglio della Corte dei conti, in pochi giorni hanno detto addio a Viale Mazzini Daria Bignardi, direttore di Rai 3, e Massimo Giletti, che ha traslocato a La7. Qualche settimana fa si erano registrati gli abbandoni di Nicola Savino e della Gialappa’s band, rientrata a Mediaset. Ora sul futuro di Milena Gabanelli, uno dei volti più rappresentativi dell’informazione del servizio pubblico, si addensano nubi sempre più minacciose. Il preoccupante bollettino sullo stato di salute aziendale aveva fatto crescere l’attesa per la prima audizione alla Commissione di Vigilanza del direttore generale. La quale, realizzata astutamente in notturna, si è rivelata ugualmente un supplizio sia sul terreno finanziario che su quello editoriale.

Mario Orfeo alla presentazione dei palinsesti autunnali

Mario Orfeo alla presentazione dei palinsesti autunnali della Rai

Nel 2017 le entrate dal canone dovrebbero scendere di 140 milioni rispetto al 2016, mentre nel 2018 il calo dovrebbe essere di 170 milioni, motivo per cui il rosso previsto tra due anni «è di 80-100 milioni», ha messo le mani avanti Orfeo. La faccenda è tanto più fastidiosa a fronte dell’inserimento del canone nella bolletta elettrica allo scopo di azzerare l’evasione fiscale. L’argomento principale dell’audizione avrebbe dovuto essere il contratto di Fazio. Ma dopo aver garantito che la nuova collocazione su Rai 1 porterà un risparmio del 16%, Orfeo ha lamentato scarsità di risorse bussando a quattrini: «Il mercato pubblicitario attraversa ancora una fase d’incertezza», i costi degli eventi sportivi lievitano, mentre il canone di abbonamento «è sceso da 100 a 90 euro». In più ci sono «i prelievi straordinari che si sono succeduti» (i 150 milioni chiesti da Renzi a Luigi Gubitosi ndr). Chissà come la prenderanno dalle parti di Largo del Nazareno: anziché risolvere i problemi come Wolf di Pulp fiction, Orfeo li pone.

Anche il caso Gabanelli sembra lontano dalla quadratura. La realizzazione del Piano dell’informazione è una salita lastricata dalle dimissioni prima di Francesco Merlo, poi di Carlo Verdelli, infine di Antonio Campo Dall’Orto. Quanto a Gabanelli, a fine maggio aveva annunciato che se fosse stato bloccato il nuovo progetto di Rai 24 avrebbe potuto lasciare la Rai. Proposito ribadito pochi giorni fa. Ai vigilanti Orfeo ha detto che, «superata la prima fase di emergenza, abbiamo iniziato a esaminare con il Cda il tema» che sarà affrontato «in un tempo ragionevole». Verosimilmente, e senza essere troppo maliziosi, si andrà a dopo le elezioni.

Per il resto si naviga a vista. Il progetto di media company avviato da Campo dall’Orto è già evaporato. Il potenziamento della digitalizzazione è finito in qualche sottoscala. Dopo il passaggio di Fazio a Rai 1 e l’addio del gruppo di Diego Bianchi alias Zoro che gestiva la striscia serale di Gazebo social news, il palinsesto di Rai 3 è in altissimo mare. Ancor più con l’abbandono di Daria Bignardi, sostituita da Stefano Coletta e non, come molti si aspettavano, da Maria Pia Ammirati. Nel frattempo anche Andrea Salerno, altro possibile candidato, è già da un paio di mesi incardinato al vertice di La7.

Il curioso selfie twittato da Andrea Salerno con Cairo, Giletti e Mentana

Il curioso selfie twittato da Andrea Salerno con Cairo, Giletti e Mentana

La Rai, che la vulgata rimasta ferma al Novecento continua a dipingere come «la prima azienda culturale italiana», è in realtà l’editore televisivo più attardato e demodé del sistema. Basta ascoltare certe telecronache sportive o compulsare la proposta dei palinsesti estivi per averne conferma. Ai piani alti di Viale Mazzini, però, hanno altro a cui pensare. C’è da gestire la lunga volata di una campagna elettorale che si annuncia senza esclusioni di colpi. Non c’è tempo per ambizioni editoriali, velleità riformistiche, progetti innovativi. E non c’è spazio per voci dissonanti com’era quella dell’Arena di Massimo Giletti, 4 milioni di telespettatori medi e 7 milioni di utili all’anno. Ieri Orfeo ha replicato al conduttore su Twitter di non ver mai detto che «la domenica la gente deve stare tranquilla». Ma che non gli piace «l’informazione urlata e spettacolarizzata». Dopo Giovanni Floris, Massimo Giannini e Nicola Porro, un altro giornalista non renziano è stato accompagnato alla porta. Chissà perché «l’informazione urlata e spettacolarizzata» vale come discriminante in negativo per chi non si schiera con il padrone del vapore e non, per esempio, per Michele Santoro figliol prodigo di Mamma Rai previa professione di renzismo e rottura con gli ex amici filogrillini. La domanda sarà pure capziosa, ma la realtà dei fatti è che, poco alla volta, il primato dell’informazione e degli approfondimenti politici, core business del servizio pubblico, sta progressivamente passando in mano a La7.

 

La Verità, 3 agosto 2017

P.s. Ultima grana in ordine di tempo: la causa intentata da Paola Perego e dal marito Lucio Presta per i danni biologici ed economici subiti in occasione della chiusura di Parliamone…. sabato. E non sanati dal mancato accordo per il suo impiego nel prossimo palinsesto autunnale.

Guzzanti, Zoro, Moretti: La7 guarda a sinistra

Il colpaccio è il ritorno in tv di Corrado Guzzanti. Siamo al Four Season di Milano, location abituale per la presentazione dei palinsesti di La7 e, come da regola del buon comunicatore, Urbano Cairo tiene l’annuncio più forte alla fine. Guzzanti andrà in onda dopo Otto e mezzo di Lilli Gruber, cinque giorni a settimana, con una «cartolina satirica» di cinque minuti in cui rivisiterà alla sua maniera un fatto di giornata facendo da trampolino alla prima serata. Già da qui è forse intuibile «una certa idea di tv» che ispira La7. Se il ritorno di Guzzanti, da novembre a giugno, è la novità di maggior rilievo, il caso che continua a tenere banco riguarda le sorti di Gianluigi Paragone, conduttore anti casta che è verosimilmente stato sacrificato sull’altare dell’omologazione renziana in vista delle elezioni. «Paragone è uno dei conduttori che è stato più a lungo in video negli ultimi anni, prima a In onda, poi con La gabbia e La gabbia open», premette Cairo. «Semmai abbiamo deciso un ripensamento ora che ha scelto una conduzione meno scapigliata e ha, per così dire, indossato la giacca. Resterà a far parte della squadra. Per lui, che è un giornalista di valore, con il direttore Andrea Salerno stiamo immaginando un nuovo impegno. Che potrebbe consistere in una serie di inchieste».

Corrado Guzzanti sarà su La7 con una cartolina quotidiana

Corrado Guzzanti sarà su La7 con una cartolina quotidiana

Cairo descrive La 7 come una rete «autorevole, credibile, qualificata e polifonica». Ma l’arrivo di Salerno, aggiungerà «il linguaggio della satira e della rivisitazione ironica della politica che bene si sposa con un palinsesto centrato sull’informazione e l’attualità», sottolinea l’editore. Che snocciola i risultati della «tv generalista che cresce di più in termini di ascolti (+ 3,91% in prime time) pur in presenza di nuovi canali come Tv8 e Nove». Elogia Otto e mezzo di Lilli Gruber (6,11% medio), alla quale è stato rinnovato il contratto fino al 2022. Rimarca gli ascolti del tg che sfiora il 6%, mentre Enrico Mentana, «ottimo centometrista e altrettanto efficace maratoneta», è sempre più protagonista con Bersaglio mobile e la Maratona. Annuncia la striscia quotidiana affidata a Marco Dambrosio, in arte Makkox, che, dalle 19.30 alle 20, racconterà in modo alternativo i fatti della giornata attraverso le immagini e i video ripresi da Instagram, nella speranza di fare da traino al tg. Per Diego Bianchi, alias Zoro, è invece prevista una prima serata da definire, lunedì o giovedì, in alternativa con Piazza pulita di Corrado Formigli, che ha prolungato il contratto per tre anni. Altra novità griffata, la proiezione di otto film di e con Nanni Moretti (da Palombella Rossa a Caro diario, da La stanza del figlio al Caimano) presentati da Moretti stesso. Seduto in prima fila, Salerno segue gli annunci e le gag dell’editore che lo chiama ripetutamente in causa, anche per il look informale, «niente camicia e cravatta. “Ma io sono così”, mi ha risposto. Lui è un creativo… Anzi, il claim “Una certa idea di tv” è una sua creazione. Quasi me ne dimenticavo, invece è importante», recupera l’editore.

Alle conferme di DiMartedì di Giovanni Floris, «vincente 32 volte su 35 sulla concorrenza», e del Faccia a faccia domenicale di Giovanni Minoli, si aggiunge la novità di Atlantide il mercoledì, documentari scelti e presentati da Andrea Purgatori. Al venerdì, invece, niente Maurizio Crozza. Ma Cairo dice di non sentirne la mancanza: «Ha fatto la sua scelta, gli rinnovo l’in bocca al lupo». Come per Paragone, anche per Luca Telese e David Parenzo, ora impegnati a In onda, si stanno studiando nuovi progetti. A Parenzo è stato rinnovato il contratto fino al 2020, mentre gli esiti de Il bianco e il nero, «per il quale di sicuro abbiamo sbagliato il titolo, ci hanno confermato che la cronaca nera incontra qualche resistenza». Così come qualche difficoltà frena il talent comico Eccezziunale veramente, che non tornerà. A differenza di Miss Italia che sarà riproposta con la conduzione di Francesco Facchinetti e la probabile presidenza della giuria affidata a Christian De Sica: intermezzo leggero, eccezionale veramente in un palinsesto sempre più compatto sulle news e gli approfondimenti. Non sarà che, considerando i nuovi innesti, da Zoro a Guzzanti al cineforum di Moretti, a proposito di quella certa idea di tv assistiamo a una chiara apertura a sinistra? «No, La7 non è mai stata da nessuna parte», nega Cairo. «In passato qualcuno sosteneva fosse una rete grillina. Non era vero e non è vero che adesso si sposta a sinistra. La7 cerca d’intercettare nel modo migliore l’evoluzione dei media. Abbiamo già trasmesso in passato Il Caimano di Moretti. Siamo una rete polifonica, nella quale i conduttori hanno totale libertà di espressione allo scopo di fornire ai telespettatori le chiavi per farsi ognuno la propria idea». Aspetteremo l’autunno per averne conferma. Dal canto suo, Salerno dribbla con sagacia romanesca l’interrogativo: «Una rete che guarda a sinistra? Ma… E dov’è la sinistra?».

La Verità, 13 luglio 2017

 

Con Salerno direttore, Fazio si avvicina a La7

Insomma, l’altra sera il trivio che si staglia davanti a Fabio Fazio, ormai ribattezzato FF, insieme con Luciana Littizzetto, ovviamente LL, ha avuto una plastica e autoreferenziale rappresentazione nel corso di Che tempo che fa. Il primo ospite era Walter Veltroni, nella nuova vita scrittore e regista, ma sempre punto di riferimento della sinistra romana di cui è espressione anche Andrea Salerno, neo direttore di La7. In chiusura di programma, invece, Littizzetto ha sottolineato gli inusitati elogi al partner espressi da Silvio Berlusconi nella famosa intervista a Panorama. Insomma, l’asta sul futuro della coppia è andata in onda in diretta. FF e LL sono in Rai, nella quale difficilmente rimarranno, ma dalla quale attendono una proposta. Ascoltano il canto delle sirene di Mediaset, nei confronti della quale sono state fatte aperture esplicite, prontamente e autorevolmente ricambiate. Infine, sondano il percorso che potrebbe condurli nella televisione di Urbano Cairo. Il quale sta muovendo le sue pedine, con tutta la circospezione di cui è dotato. Prima l’acquisto di Massimo Gramellini dalla Stampa, grande firma dall’identica fede calcistica e conduttore su Rai 3 di Le parole della settimana, spin off di Che fuori tempo che fa. Poi la nomina di Beppe Severgnini alla direzione di 7, il magazine del Corriere della Sera, con il non sempre elegante avvicendamento degli storici collaboratori. Infine, ora, l’inattesa scelta del veltroniano Salerno al vertice della rete, annunciata in contemporanea con un post su Facebook da Enrico Mentana, la sintonia con il quale è stata ribadita su Twitter dal neo direttore con un selfie che li ritrae insieme. Se era difficile immaginare FF e LL in dialogo sui contenuti con Fabrizio Salini, il direttore uscente di La7, non lo è affatto con Salerno.

Anche se con queste scelte si copre a sinistra, Cairo un po’ berlusconiano lo è davvero. Sebbene alcuni suoi suggerimenti non abbiano sortito i risultati sperati, l’impostazione alla rete vuol darla lui. L’editore di Rcs non è uomo che si muove in base a strategie di lungo periodo o per «degrillinizzare» il canale, ma un pragmatico che bada al sodo e al budget. Tuttavia, risulta difficile immaginare che l’ex assistente di Enzo Siciliano in Rai, il suggeritore di Serena Dandini e Sabina Guzzanti, l’ex direttore editoriale di Fandango e l’autore di Gazebo si limiti al ruolo di coordinatore del palinsesto. Ed è altresì difficile immaginare che, con tutte le sue frequentazioni, Salerno non imbarchi qualcun altro nella nuova avventura. Se si voleva facilitare l’approdo di Fazio e Littizzetto a La7, ecco fatto. Prendendoli da Rai 3, Cairo assesterebbe un colpo tremendo alla rete concorrente e sistemerebbe il week end della sua. Budget e sirene Mediaset permettendo. L’asta continua.

La Verità, 16 maggio 2017

Il trivio di FF, Mediaset prima opzione poi La7

Magari non succederà niente. E Fabio Fazio si quieterà rimanendo appollaiato nella domenica sera di Rai 3. O magari assisteremo a un bel ribaltone, di quelli che stravolgono gli equilibri televisivi. Un clamoroso cambio di casacca. Lo scopriremo nelle prossime settimane, ma le premesse ci sono tutte. In questi giorni i dirigenti Mediaset stanno definendo l’offerta per il conduttore di Che tempo che fa e la sua squadra. Qualcuno sostiene che la proposta sia già stata presentata. Proposta ampia, pacchetto completo. Non solo per il programma della domenica sera. Sollecitato dai nuovi autori e autrici, Fazio vuole provare altre strade, primetime o strisce di seconda serata, come ha già dimostrato con il Rischiatutto 2.0 per il quale aveva sperato nella promozione su Rai 1. I dettagli si preciseranno strada facendo.

Chi conosce FF lo descrive attraversato dal dubbio amletico: lascio la Rai dopo 34 anni di onorato servizio (pubblico) o rimango? Nel conduttore savonese convivono due anime, riconoscibili nel nome e cognome. La differenza è in una consonante. L’anima buona e conciliante è quella di Fabio, con quella «bi» morbida e rotonda che favorisce le convergenze. Potremmo definirla l’anima goliardica e arboriana, quella più in auge al momento e visibile in Che fuori tempo che fa. Poi c’è l’anima sferzante di Fazio, dominata dalla «zeta» tagliente e pronta a recidere. È l’anima più ideologica e savianesca, televisivamente un tantino in ribasso dai tempi di Vieniviaconme e Quello che (non) ho.

Dunque, FF è di fronte al bivio. Anzi, al trivio: Rai, Mediaset o La7? Dopo la famosa intervista a Repubblica, nella quale parlò di «un vulnus forse insuperabile» riferito agli attacchi della politica che hanno provocato la rottura «di un patto di fiducia tra Viale Mazzini e gli uomini e le donne che ci lavorano», è difficile immaginare che rinfoderi la spada e torni nei ranghi. A fine maggio su Rai 1 sarà il cerimoniere di un evento speciale per il venticinquesimo anniversario della strage di Capaci. Ma, a quel punto, i giochi potrebbero essere fatti. Il suo contratto scade a giugno e, polemiche per il tetto di 240.000 euro a parte tutte da gestire, con qualsiasi cachet non mortificante rispetto all’attuale (circa 2 milioni l’anno) dovesse restare in Rai, si troverebbe sempre in una posizione scomoda e sotto tiro dei commissari di vigilanza. Difficile lavorare sereni sentendosi graziati dall’Avvocatura dello Stato.

Beppe Caschetto, manager di Fabio Fazio e Luciana Littizzetto

Beppe Caschetto, manager di Fabio Fazio e Luciana Littizzetto

In quella stessa intervista il conduttore aveva annunciato la possibilità di autoprodurre i suoi programmi. Anche per Mediaset? «Nessuna difficoltà», era stata la risposta. «Se i partiti indeboliscono il servizio pubblico, gli editori privati sono incoraggiati ad approfittarne». Per Mediaset i 2 milioni annui non sono un problema insormontabile. Anzi, considerato il contratto ad ampio raggio d’azione, il cachet potrebbe pure lievitare. Nemmeno sarebbe un ostacolo il trasferimento di Luciana Littizzetto, che ha già collaborato con Canale 5 partecipando ai programmi di Maria De Filippi. Altri dettagli sarebbero risolti da quello stratega delle trattative che risponde al nome di Beppe Caschetto, altro protagonista della scacchiera. È sugli spazi e i contenuti televisivi del pacchetto che si deciderà il futuro di FF (e quello di LL). Sensibile, da buon ligure, al richiamo del portafoglio, tuttavia, da quando riscosse la famosa buonuscita (14 milioni) per la morte precoce del progetto di La7 targato Roberto Colaninno, Fazio non ha più problemi di soldi. Contano molto le garanzie, la libertà di movimento, l’autonomia editoriale. Tra le tante star Rai che mandano segnali d’irrequietezza, osserva una fonte beninformata, Fazio sembra quello più facilmente integrabile nella programmazione delle reti Mediaset.

I giochi, tuttavia, sono appena cominciati. Ecco perché non va dimenticata anche l’opzione La7. In rotta con la dirigenza Rai, nel 2012 Fazio condusse proprio nella tv, allora di proprietà Telecom, Quello che (non) ho (in coppia con Roberto Saviano). Dal punto di vista editoriale il passaggio a La7 potrebbe essere ancora più disinvolto. In un colpo solo l’arrivo del conduttore di Che tempo che fa accenderebbe la rete nel week end, smonterebbe un pilastro della concorrenza e arricchirebbe la squadra composta da Enrico Mentana, Lilli Gruber e Giovanni Floris. Dalle parti di Cairo, però, si sa bisognerebbe superare l’ostacolo economico.

Non resta che aspettare. FF foglia il 730. E i palinsesti: vado o non vado? Avrà l’ultima parola la «b» o ce l’avrà la «z»? Magari non succederà niente. O magari…

Crozza e il dubbio d’esser finito nel cono d’ombra

Tutto buio intorno, Maurizio Crozza appare cantando «Ti chiami Nove, ti amo Nove». È la sera del debutto sulla nuova rete di Discovery Channel e un brivido di trepidazione corre nelle gag del comico genovese. Il timore del salto nel buio serpeggia nei testi del nuovo Fratelli di Crozza, copione identico allo show di La7, ma personaggi completamente nuovi (venerdì, ore 21,15, share del 5,4%, 1,4 milioni di telespettatori: tanti per il nuovo canale, pochi per il comico). Crozza ricorda quand’era bambino, non c’era il telecomando e i fratelli più piccoli servivano per cambiare canale: è stato questo il motivo del boom demografico. Da quando c’è il telecomando nessuno fa più figli. Adesso ci sono tante reti, il Nove è «lo sgabuzzino della tv» e attorno non ci sono più gli amici e bersagli prediletti, il maratoneta Enrico Mentana e «Giova» Floris, sbertucciati con parodie e sit com dalla presa sicura. Nel palinsesto del Nove i programmi di punta sono Alta infedeltàUndressed e Adamo ed Eva e «io sono l’unico che va in onda vestito, in diretta e che non fa sesso». Perciò, giusto chiedersi «perché l’ho fatto? Per Soldi», contrattacca. Ma Soldi ha l’iniziale maiuscola e di nome fa Marinella, amministratore delegato di Discovery Italia, «una che ha detto no a Renzi» quando l’aveva chiamata per fare il direttore generale della Rai. La trovata funziona e serve a fugare le dicerie sulla reale motivazione dell’addio a La7: basta chiedere a Urbano Cairo se i soldi con la esse minuscola c’entrano nulla.

Maurizio Crozza nella caricatura di Maurizio Mannoni

Maurizio Crozza nella caricatura di Maurizio Mannoni

Qualche volto noto però c’è anche sul Nove e allora, per familiarizzare con il pubblico, si può cominciare con Giunte da incubo, parodia di Cucine da incubo, in cui Crozza-Cannavacciuolo va in missione per risollevare le sorti dell’amministrazione Raggi. Il pubblico sottolinea certe risate fragorose ma, con l’eccezione di Michele Emiliano, l’imitazione più riuscita, Crozza non sembra perfettamente a suo agio. Non ancora a fuoco le caricature di Maurizio Belpietro, conduttore di Dalla vostra parte esageratamente razzista, e di Maurizio Mannoni, gestore di Linea Notte che dialoga tra gli sbadigli con Giovanna Botteri a New York e Federico Rampini a San Francisco. «Criticare l’informazione di destra è facile, si sa come sono Feltri, Belpietro e Sallusti, la schiuma esce dalla bocca. A sinistra invece… la schiuma esce dal flûte…». E così ce n’è anche per Paolo Mieli, Eugenio Scalfari e Andrea Scanzi. Il capitolo dedicato ai giornalisti è il più corposo della serata. Quasi che Crozza voglia sollecitare l’attenzione, anche polemica, del mondo della comunicazione per giocare di sponda, trarne visibilità e non finire nel cono d’ombra. Si vedrà.

La Verità, 5 marzo 2017

La7 vola e Santoro commette due errori in un colpo

Sarà il vento del No, sarà l’aria di crisi che aleggia nel Paese dalla Roma istituzionale alle periferie meridionali disprezzate da Chicco Testa, fatto sta che La7 è improvvisamente tornata ai momenti di gloria del 2011 quando mieteva ascolti e record sulla scia della crescita grillina e della campagna per le amministrative. L’altra sera DiMartedì di Giovanni Floris ha sfiorato il 10 per cento di share e i 2 milioni di telespettatori (per l’esattezza 9,64 e 1.958.000), primato assoluto da quando esiste. Il dato risulta ancor più significativo se confrontato a quello del concorrente di Rai 3, quel Politics condotto da Gianluca Semprini rimasto inchiodato al suo malinconico livello (2,61 per cento). Cioè: la congiuntura politica non favorisce tutti indiscriminatamente, ma chi sa fare tv. L’altra sera c’era la solita fulminante copertina di Maurizio Crozza (nei panni di Renzi: «Avete fatto un unico errore, mi avete lasciato vivo: adesso sarò il vostro incubo… Nascosto dietro un MacBookPro sbucherò all’improvviso e mi riprenderò gli 80 euro») e ospiti come Pierluigi Bersani, Mario Monti, Domenico Delrio, Maurizio Belpietro. Poco prima Otto e mezzo di Lilli Gruber aveva raggiunto il 7.81 per cento di share (ospiti Beppe Severgnini, Marcello Sorgi e Andrea Scanzi) e ancor prima il tg di Enrico Mentana il 6.57. Ma al di là di numeri e programmi specifici è tutto il palinsesto della rete di Urbano Cairo a scoppiare di salute. A cominciare dalle morning news di Coffee break e L’Aria che tira, per proseguire al pomeriggio con Tagadà di Tiziana Panella (che in questi giorni ha ospitato Carlo Freccero, Ferruccio De Bortoli, Vittorio Sgarbi, Gianfranco Pasquino, Pierluigi Battista). Lunedì sera, per esempio, Lilli Gruber con Massimo Cacciari, Antonio Padellaro e Matteo Richetti aveva ottenuto il 9.23 per cento e Piazza pulita di Corrado Formigli, con le interviste a Jean Paul Fitoussi e Davide Serra, si era assestata al 7.38, facendo risultare La7 quarta rete in primetime. Il fatto è che, considerata la lentezza di riflessi della Rai, e grazie alla presenza di Mentana, ormai commentatori, opinionisti e analisti sembrano averla eletta come tribuna preferita. È la rete all talk il posto dove esprimersi e argomentare sapendo di trovare visibilità e interlocutori qualificati. Spiace che Michele Santoro non abbia colto la tendenza. E, anzi, vittima dell’involuzione che lo sta attanagliando, intervistato a La Zanzara abbia parlato di «Cnn all’amatriciana». I dati di questi giorni lo smentiscono. E alla svista si aggiunge la gaffe. Un tempo qualcosa fatto «all’amatriciana» era sinonimo, negativo, di una cosa ruspante e casereccia. Ma dopo il terremoto Amatrice è meglio tirarla in ballo diversamente.

La Verità, 8 dicembre 2016

I «magnifici 7» di La7 vogliono una fetta di canone

Carte scoperte. L’obiettivo di La7 ormai è chiaro: conquistare una fettina di canone di abbonamento al servizio pubblico radiotelevisivo. Prima le maratone elettorali di Enrico Mentana. Poi i confronti referendari, sempre con la stessa firma, tra esponenti del Sì e del No, molto istituzionali. Infine, la maratona in occasione delle elezioni americane, coronata da un discreto successo di ascolti. Anche l’innesto di Faccia a faccia, il nuovo programma di Giovanni Minoli, ha consolidato il profilo da servizio pubblico della rete di proprietà di Urbano Cairo. È da un annetto che l’editore di Rcs fa rotta sul canone Rai. La Tv di Stato dispone anche della pubblicità, ma il ruolo di servizio pubblico non è più suo monopolio esclusivo. E dunque una fetta potrebbe essere ridistribuita.

Enrico Mentana, direttore del Tg La7 e dei programmi giornalistici della rete

Enrico Mentana, direttore del Tg La7 e dei programmi giornalistici della rete

La rete all talk di Cairo ormai può vantare un profilo che, oltre al tg di Mentana e alle sue importanti appendici, annovera un programma come Otto e mezzo di Lilli Gruber che potrebbe stare benissimo su una rete pubblica. Lo stesso si potrebbe dire della fascia di morning news della rete. Poi ci sono i talk show di prima serata come DiMartedì, che batte puntualmente e con distacco il concorrente di Rai 3, e Piazza pulita. In fondo, non c’è da meravigliarsi se la prua di La7 punta dritta al canone. Tutti i volti principali, giornalisti, anchorman e anchorwoman sono ex di Mamma Rai. Da Giovanni Floris a Corrado Formigli, da Gianluigi Paragone a Lilli Gruber, da Myrta Merlino, nata televisivamente a Mixer, creatura dell’ultimo innesto Giovanni Minoli, fino allo stesso Mentana, nato e cresciuto al Tg2 prima di fondare il Tg5. Inevitabile che linguaggi e formule dei «magnifici sette» siano quelle del servizio pubblico, ancor più se, com’è naturale, alimentati da un certo spirito di rivalsa nei confronti dell’azienda di cui sono figli. «Se con il canone di abbonamento in bolletta la Rai incasserà 280 milioni in più, allora bisogna rivedere le quote di pubblicità della tv pubblica, magari togliendo gli spot da due reti», ha dichiarato in più occasioni il patron di La7. Intanto ha ulteriormente implementato la rete di volti e contenuti da servizio pubblico per rendere plausibile lo storno di denaro proveniente dal canone. Dopo una prima proroga che risale alla scorsa primavera, la convenzione che regola il contratto di servizio pubblico tra la Tv di Stato e il ministero delle Poste e Telecomunicazioni è scaduta il 31 ottobre scorso ed è in discussione in questi giorni. Ovviamente, in viale Mazzini c’è fibrillazione nell’attesa del rinnovo.

 

La Verità, 16 novembre 2016

Renzi protagonista del «Faccia a faccia» con Minoli

Sarà Matteo Renzi, reduce dalla chiusura della Leopolda, l’ospite protagonista del Faccia a faccia con Giovanni Minoli, stasera alle 20.35 su La7. Per il conduttore di Mix 24 l’esordio sulla rete di Urbano Cairo con il presidente del Consiglio è un buon viatico. Ed è un colpo niente male anche per il premier, già ribattezzato in passato «tagliatore di nastri» di nuovi programmi perché sempre presente agli avvii di stagione (di Invasioni barbariche, Che tempo che fa, Porta a porta). Del minacciato boicottaggio ai programmi scomodi di La7 non c’è più traccia: la tv serve, tanto più se i sondaggi referendari non sorridono. Dopo il confronto, perso, con De Mita e l’ospitata con irritazione di Maria Elena Boschi a Piazza pulita di Corrado Formigli, ecco l’intervista chez Minoli.

Giovanni Minoli, da stasera conduttore di «Fccia a faccia» su La7

Giovanni Minoli, da stasera conduttore di «Fccia a faccia» su La7

Sarà un bel test. Per misurare la «giusta distanza» del conduttore, un maestro delle interviste, e la sua padronanza del mezzo dal quale è assente dal 2012. E sarà un bel test anche per Renzi, stavolta con un interlocutore giornalistico, si presume non condiscendente, anziché con qualche stagionato rappresentante del No al referendum. In chiusura, un corsivo di Pietrangelo Buttafuoco. Buona visione.

Mentana, polveriera La7, repliche e controrepliche

Adesso La7 è una polveriera. Una rete molto articolata, frazionata in cordate. Adesso, dopo l’intervista di Enrico Mentana al Fatto quotidiano di domenica scorsa. Adesso, dopo che il premier ha intimato ai fedelissimi di non andare ospiti di quei tre, Giovanni Floris, Lilli Gruber e Corrado Formigli finiti nella lista di proscrizione. Di solito, in questi casi, si fa squadra. Uniti e compatti, giornalisti ed editore da una parte, potere politico dall’altra. Non era mai accaduto prima, a La7, che un volto pur molto rappresentativo, il direttore del tg, criticasse i colleghi, conduttori di talk e programmi di approfondimento della stessa rete. Invece, sopra il carico da 90 di Renzi, Mentana ha aggiunto il suo: «Renzi ce l’ha con La7 e un po’ ha ragione: troppi fan del No».

Alcuni volti dei talk show di La7. Nell'intervista al «Fatto quotidiano» Enrico Mentana ha definito «ingombranti» alcuni di loro

I volti di La7. Nell’intervista al «Fatto» Enrico Mentana ha definito «ingombranti» alcuni di loro

Nessuno lo ammetterà mai, ma non tira una bella aria nelle redazioni della rete di Urbano Cairo. «Io non credo ci sia un veto nei confronti di Piazza pulita», sostiene Formigli. Come no? All’ultima puntata doveva venire Simona Bonafè… «Sì, e ha disdetto senza motivare. Tuttavia, mi auguro che tutto torni normale. Stiamo facendo le riunioni per giovedì, non abbiamo ancora deciso, ma rinnoveremo gli inviti. Renzi è invitato fin dalla conferenza stampa. Può venire sempre, visto che manca da molto tempo nei nostri studi. Tuttavia, non voglio farmi ammorbare da queste polemiche e dal referendum. Gli italiani hanno altri problemi prima dell’abolizione del Senato. Noi facciamo il nostro lavoro giornalistico, il programma è in crescita (media del 5,23 per cento ndr). Detto questo e premesso che non credo al veto, se ci fosse andrebbe spiegato. Ai telespettatori, prima che a me. Sarebbe antipatico se restasse sotterraneo». Chissà.

Nell’intervista di domenica Mentana non ha saputo dire se il rapporto tra il premier e La7 sia «rovinato o compromesso, di sicuro il presidente del Consiglio, martedì scorso, ha visto la trasmissione di Floris e non c’è stata una corrispondenza d’amorosi sensi». Poi ha aggiunto, tentando di «illustrare le ragioni del premier. Perché siamo arrivati sull’orlo dell’incidente di frontiera? Per la vera asimmetria di questa battaglia, che non sta tanto nell’eterogeneo fronte del No… ma nel ruolo attivo di molti nostri colleghi: pienamente legittimo, e però ingombrante».

Urbano Cairo, editore di La7 e ad di Rcs che pubblica «Il Corriere della Sera»

Urbano Cairo, editore di La7 e ad di Rcs che pubblica «Il Corriere della Sera»

Boom e bocche cucite. Anche Formigli, giustamente ciarliero nel raccontare il buon andamento del suo programma, richiesto di un commento sull’intervista del direttore del tg si trincerà dietro il «no comment. Non sono abituato a commentare le interviste dei colleghi. Ognuno è libero di esprimere il proprio pensiero». E ci mancherebbe. Però, una volta chiamati in causa… «Non mi sento chiamato in causa», chiude Formigli. Anche dalle parti di DiMartedì, forse il più «ingombrante» dei talk, finito nell’occhio della fatwa renziana e, pure, in crescita di ascolti (media stagionale del 6,46 per cento), vige la consegna del silenzio. Quanto a ingombri non scherza nemmeno Otto e mezzo di Lilli Gruber (6,66 per cento medio, in crescita). Anche perché ultimamente si è venuta evidenziando una certa rivalità tra il direttore del tg (media stabile al 6,02 per cento) e la conduttrice del talk che lo segue. Un salutare duello tra giornalisti, tutto interno alla campagna referendaria, di cui si avvantaggiano i telespettatori, oltre che l’editore. Una quindicina di giorni fa Lilli Gruber è stata la prima ad allestire il faccia a faccia al fulmicotone tra Renzi e Marco Travaglio. Qualche giorno dopo Mentana ha proposto il gran confronto tra Renzi e Gustavo Zagrebelsky con notevole successo di ascolti (8,04 per cento). Venerdì scorso, invece, con la complicità indiretta di Matteo Salvini che ha a lungo stuzzicato Maria Elena Boschi sui social network, Lilli è riuscita a mettere uno di fronte all’altra il segretario della Lega e il ministro per le Riforme costituzionali. Dando in un sol colpo un «buco» al boicottaggio appena inaugurato e a Mentana. Il quale, a quel punto, ha sapientemente rinunciato al suo Si o No?.

Tutto bene, dunque? Sì, se non fosse stato per quell’ultima, inusuale, intervista al Fatto quotidiano. Piuttosto strano che un giornalista autorevole come Mentana senta l’urgenza di «illustrare le ragioni del premier». Certamente, l’avrà fatto prima di tutto per il bene di La7. Ma forse anche per il suo, pensa qualche maligno. Chissà che cosa succederà in Rai dal 5 dicembre, se Renzi dovesse vincere il referendum…

 

La Verità, 11 ottobre 2016

 

Nel corso della giornata il sito Dagospia ha ripubblicato questo articolo uscito sulla Verità. Ma un’ora più tardi Enrico Mentana ha mandato una precisazione, prendendo le distanze dalla titolazione del Fatto quotidiano. In risposta, Dagospia ha ripubblicato alcuni brani dell’intervista consentendo di confrontare il tenore della stessa con la titolazione. Che, anche a mio avviso, nella necessaria sintesi, è rispettosa del pensiero espresso dall’intervistato.

 

 

 

 

 

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