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La nuova Diesse fa fare il triathlon ai telespettatori

Il colore dominante del nuovo studio della Domenica sportiva è il grigio. Grigi gli sfondi, grigio il pavimento, in bianco e nero anche le immagini alle spalle dei sei tra conduttori e talent, tre uomini e tre donne in ossequio alla parità di genere che sta a cuore alla neodirettrice di Rai Sport Alessandra De Stefano (Rai 2, ore 22,45, share del 7,9%, 646.000 telespettatori). Il tavolo a mezzaluna invece è candido mentre i contrappunti grafici sono azzurri. Insomma, non proprio una sferzata di adrenalina. Il mandato degli autori dev’essere proporre un programma pacato sugli avvenimenti sportivi del week end, con contributi competenti e testimonianze di ex campioni. Purtroppo però se, soprattutto nella prima parte, come accaduto l’altra sera, le parole e le argomentazioni condite di amarcord prevalgono sulle immagini degli eventi di giornata, l’effetto soporifero è in agguato.

Al centro dello studio siedono i due conduttori Alberto Rimedio e Lia Capizzi, il primo esperto di calcio e telecronista della Nazionale, la seconda ex Sky Sport, molto preparata su nuoto, basket e atletica leggera. Al loro fianco ci sono mister volley Lorenzo Bernardi, la nostra più famosa calciatrice Carolina Morace, l’ex principino bianconero Claudio Marchisio e Ana Quiles, corrispondente sportiva di Mediaset Spagna. Con buona pace di tutte queste presenze, il primo blocco è dedicato al Gran premio di Formula Uno, per commentare il quale Mattia Binotto si collega dall’aeroporto di Bologna dov’è appena atterrato. Un piccolo colpo giornalistico della Diesse e un messaggio di signorilità del capo team Ferrari nel giorno in cui il Cavallino rampante abbandona i sogni di rimonta nel Mondiale piloti. Alle 22,50 però scade l’embargo sulle immagini, esclusiva Dazn, dei posticipi serali e il buon Binotto resta pazientemente in stand-by per mostrare i gol del pareggio fra Lecce ed Empoli (Fiorentina-Napoli è finita 0-0), in realtà ulteriormente posticipabili nello spazio dedicato al calcio in onda dopo le 23,30.

Oltre che per la rete che lo trasmette, il programma è generalista anche per le tante discipline di cui si occupa. Tuttavia, senza un sommario definito e con rimbalzi da uno sport all’altro, il rischio macedonia con conseguenti capogiri nella testa dei telespettatori incombe. Ha proprio ragione Lia Capizzi a scegliere «fede» tra le parole di giornata. Fede nella maglia azzurra, fede nuziale della Fede nazionale, fresca di matrimonio… Si può aggiungere anche atto di fede del pubblico nel fatto che, prima o poi, arriveranno anche le immagini degli eventi sportivi preferiti.

 

La Verità, 30 agosto 2022

Telecalcio senza pace, Sky spera nella sublicenza

Il telecalcio è ancora in subbuglio. A oltre un mese dall’inizio del campionato, sebbene in misura minore, i problemi di ricezione del segnale di Dazn persistono. Inoltre, non sono stati risolti quelli che riguardano il metodo di rilevazione degli ascolti della piattaforma streaming titolare dei diritti della Serie A. Servono dati più attendibili che le ricerche Nielsen non sono in grado di garantire. Il caso è approdato in Parlamento e d’ora in avanti l’Agcom (Autorità per le garanzie della comunicazione) avrà maggiori compiti di controllo sulla qualità del servizio agli utenti e sul sistema di monitoraggio dell’audience. Il risultato finale potrebbe essere la stipula di un contratto di sub-licenza a Sky (o ad altri operatori) come accaduto nelle scorse stagioni e come accade tuttora per la trasmissione nei locali pubblici. Si tratterebbe di riproporre la sinergia. Ma finora a questa ipotesi Dazn si è fermamente opposta perché sarebbe l’ammissione di un fallimento. Per il pubblico televisivo e per molti addetti ai lavori, giornalisti e commentatori sportivi, si tratterebbe invece di un complicato ricalcolo di scelte appena fatte.

Persi i diritti della Serie A, Sky Sport si è completamente ridisegnata. Ed è di tutta evidenza che non stia attraversando un momento di forma smagliante. In realtà, come tutta Sky Italia. Il bilancio 2020 ha registrato perdite per 690 milioni, ripianate da un assegno di 1,34 miliardi staccato dalla controllante Sky Italian Holdings Spa. L’anno del Covid ha lasciato cicatrici anche sulle pareti levigate della prestigiosa sede di Santa Giulia, causando una riduzione degli abbonamenti oltre che degli introiti pubblicitari.

A risentirne è tutta l’offerta. I canali di cinema si difendono con alcune pellicole Sky Original e con una produzione seriale d’intonazione più generalista rispetto agli anni d’oro, quando la pay tv operava sul mercato in splendida solitudine. Dopo Netflix sono arrivate Prime video, Disney+, Apple tv, TimVision e le altre sorelle. E la concorrenza si è fatta più agguerrita che mai. Ma se è vero che c’è gloria per tutti e che Comcast ha replicato con il lancio del portentoso SkyQ che riproduce i segnali di alcune piattaforme concorrenti, è anche vero che in tempi di pandemia una fetta crescente di utenti ha dovuto fare scelte al risparmio. A compensare in parte il momento difficile c’è da dire che sul fronte della produzione cinematografica, paradossalmente, alcuni marchi Ott (Over the top) hanno tratto vantaggio dal lockdown, sopravanzando la visione nelle sale.

Dove invece Sky soffre di più è proprio nell’offerta sportiva, la vetrina del negozio. Lo sport si esalta nella diretta, negli eventi e le grandi competizioni. Dopo gli Europei di calcio, trasmessi anche dalla Rai, il marchio di Santa Giulia è rimasto escluso dalle Olimpiadi (Rai e Eurosport) e dalla Serie A (con l’eccezione di tre match a giornata in co-esclusiva con Dazn). Mentre continua ad avere la Champions League (con alcune eccezioni, visibili su Mediaset e Prime video). Così, quest’estate abbiamo assistito all’ennesimo restyling dei canali che ha portato a una certa sovraesposizione degli sport motoristici e alla comparsa di discipline finora snobbate, dall’atletica leggera al baseball, dalla International swimming league al calcio a cinque. Altra conseguenza della perdita dei diritti è stato l’esodo di alcuni giornalisti e commentatori passati alla concorrenza. Il primo, clamoroso, è stato quello di Lele Adani, protagonista di memorabili contrasti di tattica calcistica con Massimiliano Allegri, al punto che qualcuno l’ha messo in relazione al ritorno dell’allenatore livornese sulla panchina della Juventus. In realtà, il contratto in scadenza di Adani non è stato rinnovato. Il suo partner abituale di telecronache, Riccardo Trevisani, è invece approdato a Mediaset. Marco Cattaneo si è accasato a Dazn, mentre Alessandro Alciato è passato a Prime video, non prima di essersi polemicamente congedato con un post su Facebook: «Fra Sky Sport e Sky Sport 24 ho avuto direttori con la lettera maiuscola: Giovanni Bruno, Massimo Corcione e Fiorenzo Pompei, le mie stelle polari. Poi Fabio Guadagnini, Fabio Caressa, Matteo Marani (se lo cerchi sul dizionario dei sinonimi lo trovi alla <q> di qualità), Giuseppe De Bellis. Sono stati loro i miei direttori. Nelle riunioni e nelle chat di lavoro parlavano di concetti altissimi, non di Sabrina Salerno». Il riferimento implicito è all’attuale responsabile, Federico Ferri.

Con tutte queste perdite, in caso di sub-licenza, è difficile pensare che Sky possa recuperare in fretta l’autorevolezza e il tocco magico che ha sempre vantato. A prima vista, i nuovi ingressi non sembrano all’altezza della tradizione. Antonio Conte non è il più televisivo degli allenatori e, nei panni dell’opinionista della Champions League, dove non ha mai conseguito riusltati esaltanti, appare fuori ruolo. L’altro innesto che sta facendo discutere è quello della splendida Melissa Satta al Club della domenica sera, il talk di calcio che se la tira da più competente dell’etere. Nell’ultima puntata il conduttore Fabio Caressa ha ammiccato: «Non ti offendere, non voglio essere sessista, ma qui stiamo tutti aspettando il momento del Senza giacca». Ovvero quando gli ospiti si esprimono a ruota libera. Per l’occasione, Satta indossava un body trasparente che copriva appena l’indispensabile. La sua avvenenza è solare ma, catapultata in un consesso tutto maschile, la scivolata lubrica è sempre in agguato. Come lo è la sua riduzione a presenza decorativa davanti alle considerazioni tattiche di Beppe Bergomi e Marco Bucciantini. Ma queste sono cose di un direttore di 10 canali tv è certamente a conoscenza. E, come un buon allenatore, saprà di sicuro come intervenire per correggere i troppi giocatori fuori ruolo della squadra. Buona visione.

 

La Verità, 22 settembre 2021

Concediamo il rodaggio… A Dazn e anche al pubblico

Il contraccolpo sulle abitudini dei telespettatori è stato forte, niente da dire. Anni di telecronache di Maurizio Compagnoni e Luca Marchegiani non si archiviano con un click. Ci vorrà tempo, quello del rodaggio delle nuove voci, dei nuovi commentatori, dei nuovi volti di Dazn che da questa stagione, e per le prossime due, ha l’esclusiva delle partite della Serie A, «il campionato dei campioni d’Europa», com’è stato prestamente rinominato. Il contraccolpo è stato forte a cominciare da alcuni disguidi tecnici (il buffering frequente e la scarsa definizione dell’immagine), ma già da domenica e lunedì la qualità del servizio è visibilmente migliorata. Ci vorrà qualche settimana, invece, perché il pubblico si abitui alle nuove coppie di telecronisti e ai nuovi modi di commentare le partite. Rispetto a Sky, l’approccio della piattaforma streaming appare complessivamente più agile e smart, una formula che ha inevitabilmente alcuni lati positivi e altri negativi. Tra i primi va ricordato l’approccio più diretto all’evento agonistico, con i collegamenti dallo stadio, una maggior velocità della comunicazione, un minor grado di retorica e autocompiacimento delle firme del giornalismo che affollavano e affollano lo studio di Sky. Sostituito su Dazn dalla Square, uno spazio minimalista nel quale si muovono i conduttori del pre e postpartita, accompagnati da un paio di commentatori. Una situazione forse troppo spoglia e da perfezionare, ma nella quale può spiccare l’empatia di conduttori come Marco Cattaneo, Giorgia Rossi e Diletta Leotta. Un miglioramento si auspica anche nelle telecronache, piuttosto anonime e poco incisive salvo quelle di Pierluigi Pardo, Ricky Buscaglia e Stefano Borghi, e nei commenti tecnici che risultano generalmente incolori, con l’eccezione di quelli di Francesco Guidolin, sempre preciso e originale, e di Massimo Ambrosini, già ben rodato. Per gran parte della squadra si tratta di un’esperienza inedita e non ci s’inventa «seconda voce» dalla mattina alla sera. Manca, per ora, anche la possibilità della visione simultanea di più partite nello stesso canale, che arriverà dopo la sosta per la Nazionale. Diamo tempo a Dazn di crescere in esperienza e autorevolezza, consapevoli che, come in tutti i settori, anche nel telecalcio la concorrenza può sortire effetti virtuosi. Qualche segnale già s’intravede nei toni più pacati e controllati di alcuni volti degli altri canali sportivi. Per i pochi telespettatori che possono permettersela, invece, la pluralità dell’offerta si traduce in possibilità di confronti e in maggior qualità.

 

La Verità, 24 agosto 2021

«Noi donne impariamo dai maschi a fare squadra»

Dove si trova, Diletta Leotta?

«A casa mia, a Catania. Circondata da nipotini, fratelli e sorelle».

Famiglia numerosa.

«Molto. E cresce ogni anno. C’è sempre un nuovo nipotino in arrivo. Siamo a quota sette, i miei fratelli si danno parecchio da fare».

E sono numerosi.

«Tre sorelle e un fratello. Io sono la più piccola, ma tra meno di un mese compirò trent’anni».

Quando sarà?

«Il 16 agosto, sotto il segno del Leone».

Da Capri alla Turchia, da Roma, per Top dieci su Rai 1, a Milano, dalla Sardegna a Catania, quest’estate ha girato come una trottola.

«E prima ho girato tanto per gli stadi, nonostante le restrizioni. Per questo adesso mi fermerò un po’. Anche per prepararmi alla ripresa del campionato».

Ha fatto il vaccino?

«Venerdì farò la prima dose e la seconda subito dopo il compleanno. Appena avrò il green pass mi sentirò più tranquilla negli spostamenti».

Ha seguito e festeggiato le imprese della Nazionale?

«Certo, ho molto festeggiato. Ho girato anche un video durante i rigori, ma non è pubblicabile».

Perché?

«Perché è molto colorito e caldo».

Cosa vuol dire caldo?

«È un video molto sentito, eravamo tutti piuttosto in ansia».

Seguiva un rito per la visione delle partite?

«Con il mio manager Umberto Chiaramonte avevamo allestito un gruppo di ascolto, forse meglio dire una curva di tifosi. Ci trovavamo a casa sua, giropizza e birra, ed è sempre andata bene. Per la finale, però, lui non c’era e ci siamo trasferiti da me. Quando ho acceso la tv aveva appena segnato l’Inghilterra: vuoi vedere che… Invece poi anche casa mia ha portato bene».

Adesso seguirà le Olimpiadi?

«Altroché. Una delle mie migliori amiche è Rossella Fiamingo, argento nella spada a Rio de Janeiro. Gareggerà all’una e mezza di notte ora italiana. Ma anche per lei è pronto un altro gruppo di ascolto».

È sua conterranea, se non sbaglio.

«È catanese ed è anche mia coetanea. Ha compiuto trent’anni prima di partire per Tokio e ci siamo ripromesse di festeggiare insieme i compleanni al suo ritorno. Speriamo anche di gioire per una medaglia, ma questo non gliel’ho detto per scaramanzia».

Oltre alla scherma seguirà qualche altra disciplina?

«Sono appassionata di tutto e tifo Italia a 360 gradi. Cercherò di non perdere le gare di nuoto, avendolo praticato per tanti anni».

Ecco spiegati i suoi tuffi perfetti di quest’estate. È contenta che Paola Egonu sarà portabandiera olimpica?

«Sì certo. Come portabandiera italiana speravo scegliessero Rossella».

Il 21 agosto ripartirà la Serie A, che anno sarà per Dazn?

«Molto impegnativo, ma abbiamo costruito una grande squadra. In tre anni, Dazn si è affermata come una realtà forte e innovativa e ora si è consolidata con i nuovi acquisti. Siamo prontissimi».

Da padrona di casa della piattaforma, qual è la differenza principale rispetto alla proposta di Sky Italia?

«Un po’ la si è vista in questi tre anni: è un modo di raccontare il calcio più veloce e più giovane, con tanti approfondimenti. Il fulcro di tutto è lo stadio. L’arma vincente di Dazn è portare il telespettatore dentro l’evento, senza troppi filtri».

Da quest’anno, con l’esclusiva di tutto il campionato ci sarà un palinsesto più completo?

«Certamente. Non ci sarà solo l’evento live. Saranno potenziati i contenuti on demand, oltre a confermare quelli che già sono andati bene finora, come Linea Diletta che è stato prorogato per tre anni. Altri se ne aggiungeranno nel corso della stagione».

Approfondimenti e talk show in diretta?

«Sia on demand che in diretta. È stato ideato un nuovo spazio, The Square, una sorta di bar spogliatoio nel quale prenderanno vita i nostri programmi, le anticipazioni e gli approfondimenti relativi a tutto ciò che avviene nella Serie A».

Che cosa faranno Marco Cattaneo e Giorgia Rossi che arrivano da Sky e Mediaset?

«Anche loro presenteranno le partite, ne abbiamo tantissime. Marco lo conosco da quando ho lavorato in Sky, è una persona meravigliosa e uno straordinario giornalista, sono felice di averlo riabbracciato. Anche Giorgia è una bravissima giornalista. Sono sicura che ci completeremo e integreremo alla perfezione».

Parlando di squadra, si arricchisce anche il parterre di commentatori e seconde voci con l’innesto di Massimo Ambrosini, Andrea Barzagli, Riccardo Montolivo e altri.

«Andranno ad aggiungersi ai veterani. Come Federico Balzaretti, Roberto Cravero, Simone Tiribocchi e tutti gli altri, che sono stati e saranno le colonne portanti del nostro racconto. È un privilegio avere grandi campioni a commentare il campionato».

Per venire da voi Barzagli ha rinunciato ad affiancare Massimiliano Allegri alla Juventus.

«Certamente ha fatto una scelta non banale. Cito Antonio Conte che in un’intervista ha detto che a un suo amico non consiglierebbe mai di fare l’allenatore, ma piuttosto il commentatore televisivo perché è una professione gratificante. Poi certo, Conte ha fatto una carriera che l’ha gratificato ancora di più. Ma a volte si preferisce qualcosa di più calmo… Anche se l’adrenalina scorre pure quando si commenta una partita».

Cosa mi può dire di Lele Adani, al quale Sky non ha rinnovato il contratto, che si dà in arrivo a Dazn?

«Non ne so nulla, in Sicilia le notizie arrivano più lente. Comunque, anche a Lele con cui avevo un ottimo rapporto a Sky, auguro tutto il meglio».

Cambieranno molto le abitudini dei telespettatori da Sky a Dazn?

«Credo che negli ultimi tempi siano già iniziate a cambiare. Dazn ha già portato diversi elementi di innovazione. All’inizio i cambiamenti fanno sempre un po’ paura. Ma ora ci siamo abituati a Netflix o a Spotify nella musica e alle altre piattaforme digitali. Sarà facile abituarsi anche nel calcio».

Se dovesse sintetizzare il principale punto di forza di Dazn cosa direbbe?

«Sottolinerei la facilità e la velocità. Cioè la possibilità di sintonizzarsi con un click e un’app. Questo spirito smart favorisce un linguaggio più immediato, in grado di rompere certe barriere. Come si è potuto vedere per esempio nelle interviste a Cristiano Ronaldo o a Francesco Totti, chiacchierate tra amici».

Ha imparato qualcosa da giornaliste sportive come Alba Parietti, Simona Ventura, Ilaria D’Amico?

«Sì, molto. Anche da altre donne di televisione. Chi fa il mio lavoro è sempre influenzato da chi lo precede. Ilaria è stata la prima a raccontare il calcio in modo diverso. Prima ancora Alba Parietti. Alcune di loro sono delle icone. Un’altra che ha influenzato il nostro lavoro è certamente Raffaella Carrà. Provo a imparare da tutte, ma poi tocca a me fare una sintesi».

C’è qualcuna in particolare cui le piacerebbe somigliare nel modo di raccontare il calcio?

«No, credo che si debba far emergere la propria personalità. Con eleganza, il sorriso e molto studio».

Quanto è importante lo studio?

«Molto, lo metto al primo posto. Senza non potrei andare in onda».

Uno studio relativo alle squadre e al calcio, o che riguarda il modo di presentarsi, la dizione?

«Tutto. Sono allenata allo studio accademico, essendomi laureata in giurisprudenza. Preparare la diretta di una partita importante è un po’ come preparare un esame universitario. Questa conoscenza permette una conduzione rilassata perché sai che anche l’imprevisto puoi gestirlo».

Qualche tempo fa si era parlato di un flirt, poi di una collaborazione professionale con Zlatan Ibrahimovic: di cosa si trattava?

«Siamo soci in BuddyFit, un’app di fitness, nata durante il lockdown. Attraverso questa app ci si può tenere sempre in allenamento, ovunque».

In un’intervista a un settimanale Giorgia Rossi ha detto che non le invidia nulla, nemmeno il fidanzato, l’attore turco Can Yaman che, in realtà, tutto l’universo femminile le invidia.

(Ride) «Non l’ho letta, ma dubito che Giorgia si sia espressa così. A volte si riportano certe frasi decontestualizzate per creare rivalità inesistenti».

Perché secondo lei alcune giornaliste sportive asseriscono che la sua carriera sia dovuta alla sua avvenenza?

(Ride ancora) «Non lo so. So invece che nelle mie giornate c’è tanto studio. Poi è chiaro che in questo mestiere anche l’estetica conta. È qualcosa a cui tengo. Ma dietro l’involucro c’è molto studio. Non si può fare un’intervista a José Mourinho senza prepararsi a fondo».

Insisto, perché alcune sue colleghe tengono a ribadire che sia stata la bellezza la molla della sua carriera?

«Bisogna chiederlo a loro. Io sono convinta che con Giorgia Rossi e Federica Zille comporremo una squadra di donne molto forte. E mi auguro che sapremo sovvertire alcune vecchie dinamiche sulla continua competizione tra donne nel mondo del lavoro. Un luogo comune nel quale ci si adagia e per il quale alla fine dovrebbe restare solo una vincitrice. Credo che non debba essere così per forza. Nel calcio e altrove più donne possono coesistere. Le donne devono imparare a fare squadra. In questo, possono imparare dagli uomini, tra i quali non ci sono rivalità così accese».

Come spiega quella fra donne?

«È un vecchio retaggio duro a morire. A me piace lanciare messaggi di squadra e di forza comune».

Le capita mai, mentre intervista uno sportivo, di accorgersi che subisce la sua presenza, il suo fascino? Cosa pensa in quel momento?

(Altra risata) «Questa è una domanda da psicologo».

È una domanda realista.

«Non mi capita, perché faccio di tutto per mettere a loro agio i miei interlocutori. Voglio far sentire tutti in un contesto amico. In un’ora di intervista devi rompere il ghiaccio e creare un’empatia. Perciò mi presento giocosa e sorridente. Credo che questo superi certi cliché».

Cosa vuol dire il titolo del suo libro Scegli di sorridere?

«È la mia filosofia di vita».

Vuol dire non alimentare le polemiche?

«Esatto».

È favorevole al ritorno del pubblico negli stadi con il green pass?

«Non vedo l’ora. È stato faticoso in questi due anni riempire quel silenzio. Aspetto di risentire presto le voci del pubblico».

Che cosa si augura per la nuova stagione di Dazn?

«Di riuscire a raccontare in modo divertente il campionato degli allenatori».

Per il ritorno contemporaneo di Allegri, Sarri e Mourinho?

«Se li immagina i titoli per il derby tra Mourinho e Sarri».

 

La Verità, 24 luglio 2021

«Non ho fretta di tornare, aspetto Apple e Amazon»

Sandro Piccinini è appena tornato da Londra: una delle mete del suo anno sabbatico? «Per la verità, da qualche tempo Londra è la mia seconda città», racconta il telecronista sportivo ex Mediaset. «Ho cominciato a conoscerla per lavoro, poi ci ho preso casa e mi sono fatto degli amici. È una città immensa, caotica, piacevole. La Brexit? Non so se ne risentirà, è abbastanza forte per conservare tutta la sua attrattiva. C’è sempre sullo sfondo una possibile retromarcia, un nuovo referendum e la possibilità che Boris Johnson cada. Londra è sempre Londra». Miami, Cuba, Shangai, Hong Kong sono state le altre mete di quest’anno di pausa, iniziato dopo i Mondiali di Russia 2018 e trasmessi in esclusiva da Mediaset. Di cui Piccinini, sessantunenne romano, ha commentato la finale tra Francia e Croazia.

Parlando di retromarce, alcune partite di Champions League torneranno su Canale 5: e tu?

«Io e Mediaset ci siamo lasciati dopo 30 anni di matrimonio felice. Nell’ultimo giorno di lavoro ho commentato la finale mondiale. Difficile tornare insieme dopo una separazione consensuale. L’anno sabbatico è finito, ma è molto probabile che si prolunghi. Sia perché, avendo guadagnato abbastanza posso aspettare senza frenesie una proposta stimolante, sia perché il mercato televisivo è piuttosto ingessato».

Qual è stato il vero motivo della separazione?

«Continuando la metafora sentimentale, quando ci si separa dopo 30 anni non è elegante svelare il motivo. Anche le coppie migliori hanno voglia di cambiare».

Possibili ripensamenti?

«Tutto è possibile, ma li ritengo improbabili. Mi avrebbe sorpreso se mi avessero chiamato per la Champions».

Altre strade?

«La Rai non può assumere esterni da un giorno all’altro. Sky ha quasi più telecronisti che partite e Dazn è una realtà appena nata. Inoltre, io sono una figura ingombrante il cui innesto può provocare malumori che non sempre i direttori subiscono volentieri. Credo bisognerà attendere il nuovo contratto dei diritti, quando qualche nuovo marchio di streaming potrebbe ricorrere alle prestazioni di un telecronista sufficientemente popolare».

C’è qualcosa che accomuna gli addii a Mediaset di Ettore Rognoni, storico direttore dello sport, di Piccinini, voce principale del calcio, di Carlo Pellegatti e di quello, prossimo, di Maurizio Pistocchi?

«Direi di no. Isolerei la situazione di Rognoni, un dirigente che appartiene alla stagione di Carlo Freccero direttore di Italia 1, Giorgio Gori di Canale 5 ed Enrico Mentana capo del Tg5. Persone difficilmente sostituibili. Gli altri casi sono diversi tra loro. Pellegatti è andato in pensione. Pistocchi vive un dissidio con l’azienda e mi dispiace, ma è ancora lì. Dal 1996 io ero free lance e rinnovavo annualmente il contratto, fino alla separazione».

Come hai trascorso l’anno sabbatico?

«Sono stato benissimo. Molti avevano pronosticato: dopo due o tre mesi le partite ti mancheranno. Magari succederà, ma finora non è accaduto. Ho viaggiato anche in Italia, visitato bei posti, alcune mostre, ho condotto una vita più rilassata, come in una lunga vacanza. Sì, qualche sera mi è mancata la partitona di Champions, ma ti assicuro: nessun attacco di panico. Prolungare questa vacanza per adesso non mi dispiace».

È comprensibile che dopo 1800 telecronache se ne avverta la mancanza.

«In realtà sono di più. Le ho contate fino a duemila poi basta, non so se siano 2100 o 2200».

La più avventurosa?

«Bisogna tornare ai tempi delle tv locali, quando feci una cronaca senza vedere la partita».

Cioè?

«Lavoravo a Teleregione, un’emittente romana. A Firenze c’era Fiorentina-Lazio e a quell’epoca radio e tv locali non erano ammesse nella tribuna stampa con i telefoni fissi. I cellulari non esistevano. In settimana io e Raffaele Pellegrino, ora produttore al Tg5, facemmo un sopralluogo accorgendoci che nel bar della tribuna centrale c’era un telefono a gettoni. Purtroppo sugli spalti gli spettatori seguivano la partita in piedi e da quel telefono si vedevano solo le loro nuche».

Quindi?

«Inventammo il nostro sistema: ci munimmo di un sacchetto con 400 gettoni e di tanti foglietti da compilare con scritto “tiro di…”, “fallo di…”, “dribbling di…”. Pellegrino guardava la partita, aggiungeva i nomi dei calciatori e mi portava dieci foglietti alla volta. Intanto io facevo la mia radiocronaca di fantasia alla quale aggiungevo le note dei foglietti. In pratica, dicevo i fatti con uno o due minuti di ritardo».

Nessuno se ne accorse?

«Non c’erano le pay tv e le partite in diretta a smascherarci. Solo Tutto il calcio minuto per minuto, che però si collegava sporadicamente. Il problema era il gol, infatti speravamo finisse zero a zero. Invece vinse la Fiorentina 3 a 0. Alla fine della partita mi ritrovai con una decina di gettoni e un mal di testa feroce».

La telecronaca più difficile?

«Juventus Milan, finale Champions League del 2003, 20 milioni di telespettatori su Canale 5. I calci di rigori fecero l’80% di share, chissà che cosa guardava il residuo 20%. Fu una telecronaca stressante di una partita equilibrata, noi eravamo la tv del presidente del Milan. Ma non arrivò mezza telefonata di protesta».

Quella più emozionante?

«Francia Croazia del Mondiale 2018, che arrivò al termine di un mese di telecronache, esperienza entusiasmante anche se non c’era l’Italia di mezzo».

Il più grande telecronista di sempre?

«All’inizio mi piaceva Giuseppe Albertini della tv della Svizzera italiana, poi telecronista del Mundialito Fininvest. In assoluto però prediligevo Enrico Ameri, l’unico sempre in sincronia con l’azione, capace di trasmettere il pathos del pubblico».

Nelle telecronache di oggi l’eccesso di protagonismo dei commentatori si sovrappone all’evento?

«Si parla troppo. I telecronisti stanno ridiventando radiocronisti. In tv non si deve dire tutto quello che già si vede, basta accompagnare l’azione, magari dicendo il nome del giocatore. Troppe parole soffocano il telespettatore. Telecronista, seconda voce, bordocampista: un diluvio. Per distinguersi, si eccede».

Un nome in positivo?

«Massimo Callegari, che lavora in Mediaset e a Dazn. Mi sembra quello più misurato e vicino al mio stile. Conosce i tempi del calcio, avendolo giocato».

Ti mancano i programmi, tipo Controcampo?

«Non particolarmente. La mia passione è per la telecronaca, i programmi sono stressanti. Ora, non facendone da tempo, potrei sperimentare nuove idee. Ma ci vorrebbero le persone giuste».

Il programma preferito?

«Il più delle volte dopo il novantesimo cambio canale. Il Club di Fabio Caressa è tranquillo, forse troppo. Non mi dispiacciono quelli di Federico Buffa e Giorgio Porrà, ma non è che corro a casa per non perderli. Sono programmi perfetti per arricchire l’offerta delle pay tv».

Chi sono stati i tuoi maestri?

«Ameri, di cui conservavo le cassette audio. Poi ho rubacchiato qua e là. Da Rognoni a Fabio Galimberti, direttore di TeleRoma56, dove approdai dopo quel Fiorentina Lazio. E poi Michele Plastino, che mi ha insegnato a stare in studio».

È stata l’estate delle rivoluzioni: come vedi Maurizio Sarri alla Juventus?

«Bene, se la società è convinta della scelta. Se fai la rivoluzione devi crederci, come dimostrò Berlusconi quando prese Arrigo Sacchi. Sarri è un grande allenatore e i giocatori sono fortissimi. Quando un allenatore propone metodi nuovi i campioni possono avere un attimo di smarrimento. Ma siccome alla Juventus c’è la cultura del lavoro non vedo pericoli».

Antonio Conte all’Inter?

«Stesso discorso. Conte ha lavorato bene in situazioni diverse e ha le carte in regola per continuare a farlo. Io penso che le partite le vincano i giocatori, ma lui è maniacale e pretende dedizione totale. Molti dicono che l’Inter si è mossa benissimo sul mercato, per me si è mossa bene».

La Roma che lascia andare Francesco Totti e Daniele De Rossi?

«James Pallotta ha dimostrato di saper essere brutale e di non farsi condizionare dalla mozione degli affetti. È accaduto quando Totti ha smesso di giocare. E con De Rossi che avrebbe potuto essere utile alla causa un altro anno o due».

Ieri è partito il campionato: preferisci sbilanciarti sul podio finale o dare i voti al calciomercato?

«Il calciomercato non è ancora finito, quindi… La Juve mi sembra un gradino sopra Napoli e Inter che vedo sullo stesso livello».

Mauro Icardi a chi farebbe più comodo?

«Al Napoli. Ma anche alla Juventus, perché l’Higuain di adesso… Ma servirebbe più al Napoli, anche per l’entusiasmo che porterebbe».

La Juventus vincerà la Champions?

«È una competizione in cui la fortuna ha un ruolo fondamentale. Sorteggi, infortuni, arbitraggi. Tutte le ultime 20 vincitrici hanno goduto di un momento favorevole. Pensiamo al Chelsea di Di Matteo, massacrato dal Napoli nei gironi eliminatori. La Juventus può arrivare in fondo, ma tante squadre si stanno rinforzando. Per esempio, se il Barcellona prende Neymar…».

Concordi con Mourinho che a proposito del Var ha detto che «solo i ladri possono essere contrari alle telecamere di sicurezza»?

«Concordo, anche se capisco chi non ama il Var al 100%. In Manchester City Tottenham al 94° un gol è stato annullato perché il pallone ha sfiorato una mano. A volte l’eccesso di zelo mortifica lo spettacolo. Ma nessuno tocchi il Var, sempre meglio del far west di prima».

Quanta strada farà l’Atalanta in Champions?

«Dipende molto dal sorteggio. È una squadra solida, entusiasta, che ha fatto una buona campagna acquisti. Ma in Champions tutti giocano con questo spirito».

Il Milan arriverà quarto?

«Vediamo le ultime mosse di mercato, Leao è un ottimo acquisto. Dipende da quanto la società sosterrà Marco Giampaolo. È un grande test anche per Paolo Maldini».

Dove farà il telecronista Sandro Piccinini?

«Fra due anni, spero in un nuovo grande gruppo dello streaming, tipo Amazon o Apple, ai quali potrebbe servire un telecronista popolare. Prima la vedo dura. Aspetto, tranquillo».

 

 

La Verità, 25 agosto 2019

 

Dazn e lo streaming con obbligo di riscatto

Insomma, una delle stagioni di calcio più appassionanti degli ultimi anni è iniziata tra le proteste dei telespettatori per una lunga serie di motivi. Primo: il doppio abbonamento a Sky e a Dazn per poter vedere tutte le partite. Secondo: la latitanza di Rai e Mediaset. Terzo: la qualità dello streaming della piattaforma di Perform è lacunosa. Quarto: la app di Dazn per la tv non è ancora disponibile e, quando lo sarà, riguarderà le smart tv post 2015 o chi possiede Sky Q. Intanto, bisogna accontentarsi della visione sugli altri dispositivi. Quinto: il segnale subisce ritardi e brevi sospensioni. Sui social la frustrazione alimenta la fantasia degli insoddisfatti («Su Dazn Higuain gioca ancora nel Napoli»; «Le partite non si vedono, ma in compenso a Dazn hanno il global brand ambassador»: CR7, per la cronaca). Il risentimento è più che giustificato e sebbene la seconda giornata sia andata meglio, il rodaggio non è ancora finito. La frustrazione ha risvegliato persino la nostalgia delle partite in simultanea, della radiolina e «la cronaca differita di un tempo di una partita di Serie A» che solo al momento di sintonizzarsi si scopriva qual era.

Elencate le lagnanze, proviamo a valutare il mix di continuità e innovazione del servizio «funzionante». In un certo senso, proprio gli elementi di continuità sono la sorpresa più gradevole, in particolare il fatto che le telecronache siano affidate a voci e volti noti. Napoli Milan di sabato sera era curata da Pierluigi Pardo e e Francesco Guidolin. Probabilmente proprio la vicinanza di un commentatore tanto pacato e autorevole ha esercitato un benefico influsso sul telecronista, apparso più controllato e meno tracimante del solito, a tutto vantaggio della centralità dell’evento agonistico. Anche la telecronaca di Parma Spal di Massimo Callegari e Roberto Cravero e la conduzione dal campo di Diletta Leotta, che con Mauro Camoranesi ha gestito collegamenti e interviste con tempismo e spigliatezza, hanno garantito la comfort zone del telespettatore. Tutti insieme, conduttori, cronisti e commentatori, sembrano in prestito dalla casa madre, Mediaset o Sky che sia. Ma se per Callegari e Cravero la prosecuzione del rapporto con Mediaset appare difficile, il prestito di Pardo non inficerà la conduzione di Pressing su Canale 5 e Tiki Taka su Italia 1, mentre quello di Leotta le consentirà Il contadino cerca moglie su Fox Life. Oltre agli aspetti tecnologici dello streaming, l’assenza dello studio in favore di una fruizione agile, senza dibattiti e moviole e più vicina allo stile nordeuropeo, è l’elemento di maggior novità di Dazn.