Tag Archivio per: Mourinho

Supertele, talk di facce e storie. No intellettualismi…

C’era nientemeno che Francesco Totti ospite in collegamento l’altra sera a Supertele, il talk show post-posticipo del lunedì condotto da Pierluigi Pardo su Dazn. Forse perché la sua Roma aveva appena perso 3 a 1 con l’Atalanta, o forse perché vive personalmente un momento delicato, lo storico capitano giallorosso lasciava trasparire un filo di malinconia. Non sembravano scuoterlo le domande sul momento felice del calcio italiano e la presenza in studio degli ex compagni di Nazionale Luca Toni e Ciro Ferrara, a diverso titolo partecipi della vittoria al Mondiale 2006. In contemporanea su Canale 5 Ilary Blasi, sempre più simil Amanda Lear, stava conducendo la seconda puntata dell’Isola dei Famosi e il capitano dava l’idea di pensare «che ci faccio qui?». A smuoverlo dal torpore ci è voluto il carisma di Josè Mourinho, arrivato ai microfoni per difendere la prestazione della sua squadra, penalizzata da un errore del portiere che ha frustrato la possibile rimonta subito dopo aver segnato il gol dell’1 a 2, ma decisa orgogliosamente a lottare sebbene ridotta praticamente in nove dagli infortuni a Diego Llorente e Paulo Dybala. Mourinho ha elogiato i suoi giocatori, ha detto che l’errore del portiere è un errore di tutti, lui compreso, e che la sconfitta va accettata sebbene determinata dagli episodi. «Si perde e si vince insieme e il nostro gruppo è forte. Non possiamo fare miracoli, ma il vero miracolo è l’empatia che c’è tra i tifosi, di cui Totti è uno dei più rappresentativi, e questa squadra. Sabato (contro il Milan, ndr) se serve andrò in campo, oppure ci darà una mano Francesco», anche se sarebbe più utile Aldair, visti gli infortuni dei difensori. A quel punto Totti è uscito dalla modalità pilota automatico e ha tributato allo Special One il più affettuoso degli incoraggiamenti: «Con te al timone tutti noi tifosi siamo sicuri che la squadra andrà il più lontano possibile». Un dialogo tra uomini di calcio. Sul fronte dell’Atalanta la fan illustre era Sofia Goggia, collegata dopo aver esultato per il successo dei nerazzurri. Totti, Goggia, Alberto Gilardino allenatore del Genoa vicino al ritorno in Serie A: con la conduzione di Pardo che, già di suo riempie lo schermo, Supertele è un programma emotivo, fatto di storie, di facce, di carne e che procede per accumulo. Un programma diverso da certi bar sport con ambizioni intellettuali, nei quali affiorano politiche di fiancheggiamento dei potenti per cui, come si è sentito dire domenica sera da Fabio Tavelli di Sky Sport, «non è scritto da nessuna parte che la Uefa debba sanzionare la Juventus». Tutto chiaro, no?

 

La Verità, 26 aprile 2023

«Milan, Inter, Juve? Invece vedo in cima la Roma»

Domanda secca, Ivan Zazzaroni: chi vince lo scudetto?

«La Roma. Lo dico per esclusione, perché sarà una stagione imprevedibile, con 50 giorni d’interruzione».

Però lei dice Roma, perché le piace Mourinho o perché ha fatto una buona campagna acquisti?

«Mi piace molto Mourinho. La Roma ha fatto una buona campagna, ma incompleta, prendendo un paio di ottime pedine. Se vincesse sarebbe miracoloso. Però, ripeto, questa è un’annata strana».

Ivan Zazzaroni, direttore responsabile del Corriere dello Sport-Stadio e del Guerin sportivo, storiche testate del Gruppo Amodei (anche Tuttosport, Autosprint, Motosprint, Auto e In Moto) va controcorrente e i quarant’anni di giornalismo sportivo sulle spalle vengono in aiuto. Se i suoi colleghi pronosticano Inter, Milan o Juventus, lui dice Roma e si vedrà. Conduttore dal 2004 con Fabio Caressa di Deejay Football Club su Radio Deejay, già commentatore di Tiki Taka e, da dopodomani, di Pressing del lunedì su Italia Uno, è apprezzato dal pubblico extrasportivo come giurato di Ballando con le stelle su Rai 1.

Sono settimane di griglie e podi, direttore: campionato anomalo con i Mondiali in mezzo?

«Molto anomalo, perché costringe le squadre a due ritiri diversi. Alcuni giocatori, purtroppo gli  stranieri, torneranno dal Qatar carichi o scarichi in funzione del risultato. Chi avrà disputato semifinali e finale avrà pochi giorni per ripartire. Io sono stato da subito contrario a questo mondiale perché la Fifa si è svenduta, come spesso fa».

Giudizio pesante.

«Si interrompe una stagione per fare un mondiale per ragioni finanziarie, politiche ed elettorali. Come succede con la Coppa d’Africa».

Cioè?

«Si era arrivati alla decisione di giocarla a fine stagione come la Coppa America, ma poi la nuova società di marketing cinese ha imposto la competizione nella stagione migliore per la Cina, cioè in gennaio».

Ha ragione Aurelio De Laurentiis a dire che non prenderà più giocatori africani?

«Totalmente. Un club perde calciatori importanti per due mesi, al netto di possibili infortuni».

Anche per i Mondiali in Qatar hanno prevalso interessi economici e politici?

«Tutti sanno che non è giusto giocare un Mondiale che spezza la stagione. La Fifa per statuto dovrebbe tutelare il calcio e i suoi attori, e invece distrugge questo sport, minandone la regolarità. Falsandolo alla radice. Qatar 2022 si farà – è troppo tardi per fermarlo, troppi i miliardi e gli interessi, troppe
le vittime – non lasciamoci però ingannare dalle campagne moralizzatrici, o dai proclami populisti. Questi signori pensano al potere, “il bene del calcio” non è mai una priorità».

Cosa la fa pensare che l’Italia sia fuori per la seconda volta consecutiva?

«L’impresa è stata vincere gli Europei. È giusto che siamo fuori perché non facciamo nulla per migliorare. Il nostro calcio è alla deriva sia dal punto di vista finanziario che tecnico. Ma temo che continueremo a parlarci addosso».

Spietato.

«Prendiamo quelli che hanno vinto gli Europei un anno fa. Lorenzo Insigne e Federico Bernardeschi sono andati a Toronto, Giorgio Chiellini a Los Angeles, Leonardo Bonucci ha la sua età, Gigio Donnarumma è molto criticato, Domenico Berardi non ha avuto offerte, Ciro Immobile non si muove dalla Lazio».

Responsabilità dei club?

«Ognuno pensa ai cavoli propri, nessuno ha un senso generale del sistema. Chi tenta strade nuove prima o poi viene segato. Sono molto scettico».

Ripartiamo dall’ultimo campionato, contano più le idee dei soldi?

«No. Prima dell’ultimo campionato nessuno si era rinforzato, l’Inter aveva perso Hakimi e Lukaku, la Juventus Cristiano Ronaldo, il Napoli aveva trattenuto giocatori da vendere. Poi, certo, il Milan ha fatto meglio».

Lo scudetto l’ha perso l’Inter?

«Certo. E anche il Napoli con i 6 punti ceduti all’Empoli e la sconfitta in casa con la Fiorentina».

Il Milan ha vinto con i giovani, qualche giocatore carismatico e una politica di risparmi.

«Sicuramente è una strada. Però contestualizziamola in una stagione in cui le altre hanno avuto problemi. La Juventus ha perso i 30 gol di Ronaldo. La Roma non aveva fatto un vero mercato. Il Milan ha mostrato motivazione, spirito di gruppo e qualità in giocatori come Leao e Theo Hernandez».

Cosa vuol dire che l’Inter ha ripreso Lukaku e la Juventus Pogba?

«Lukaku è stata una grande opportunità, mai visto un giocatore venduto a 115 milioni e ripreso per 8 più bonus. La Juve può comprare solo se vende. Lo stesso la Roma che ha preso Dybala a parametro zero».

È il risultato delle politiche degli anni scorsi?

«Delle non politiche… Delle spese folli che hanno creato gravi problemi di bilancio, acuiti dalla pandemia».

La Juventus si è indebolita o rafforzata?

«Indebolita sia numericamente che qualitativamente. Per vincere lo scudetto bisogna fare 75-80 gol. Questa Juve può arrivare a 60, attribuendone 25 a Vlahovic. Dybala e Morata in un stagione grigia ne hanno fatti 19. I nuovi Kostic e Di Maria non so quanti ne garantiranno».

Tornerà Federico Chiesa e c’è Kean.

«Chiesa rientrerà a gennaio. Kean è sul mercato».

A centrocampo Locatelli e Zakaria sono stati aggiunti a McKennie, Rabiot, Arthur, poi ha preso Pogba, ma ora serve anche Paredes: il problema non sarà un altro?

«La Juve insegue il momento. Ha preso Vlahovic e Zakaria a gennaio, spendendo gran parte del budget. È vero che c’è stato l’aumento di capitale di 400 milioni, però se fai operazioni come queste non puoi più spendere a giugno. Infatti, ha preso a zero Pogba e Di Maria per innestare qualità, ma forse senza avere un progetto di lungo respiro».

Il Milan più che spendere investe?

«Sì, continua la politica dei giovani perché i suoi dirigenti sanno quello che vogliono in funzione di quello che hanno. Frederic Massara è uno dei migliori direttori sportivi in circolazione. Giovani ne hanno sbagliati pochi: Tonali, Leao, Theo, Kalulu, Tomori… E se non stai nei loro parametri ti mollano, come si è visto con Donnarumma e Kessie».

Kessie dovrebbe giocare nel Barcellona.

«Se supera i problemi di bilancio. Negli ultimi anni il Barcellona ha preso Coutinho, Dembélé, Griezman, Depay spendendo 500 milioni. Messi percepiva 53 milioni netti a stagione. Il Barcellona è tutelato perché si chiama Barcellona, se si chiamasse Real Saragozza sarebbe già fallito».

È giusto che questi club vogliano la Superlega?

«Il principio non è sbagliato, ma è stato presentato male».

Sarebbe una competizione poco democratica?

«Quando in Italia la Juventus vince 9 campionati di fila, in Spagna vincono sempre Real Madrid e Barcellona, in Portogallo Benfica e Porto, in Gran Bretagna Manchester City o Liverpool, in Francia il Paris Saint-Germain cosa c’è di democratico?».

Ai romantici piacciono storie come l’Atalanta.

«All’interno di campionati antidemocratici ci sono società come l’Atalanta, il Sassuolo, il Chievo di una volta. Ma anche la nuova Super-champions si mangerà i campionati. Gli unici furbi sono gli inglesi perché, con poche eccezioni, i loro soldi rimangono in casa».

Ma la Champions la vince il Real Madrid.

«Il Real ha scoperto dopo alcune partenze di avere grandi giocatori come il Benzema de-ronaldizzato e Vinicius. E ha ritrovato un allenatore come Ancelotti che sa gestire queste situazioni. L’anno scorso, dopo che Allegri si è accordato con la Juve invece di andare a Madrid, Carlo si è proposto a Florentino Pérez e ha vinto Liga, Champions e Supercoppa. A volte i progetti nascono in modo curioso».

Perché i tifosi interisti ce l’hanno con lei?

«Perché il mio giornale ha anticipato i problemi economici, puntualmente confermati, di Steven Zhang. Grazie al lavoro di Alessandro Giudice, il nostro analista finanziario, avevamo informazioni dalla Cina. Ma se sfiori una società subito qualcuno ti accusa di volerla destabilizzare. L’abbiamo talmente destabilizzata che poi l’Inter ha vinto il campionato».

Non la contestano per un modo diverso di sottolineare le sconfitte di Inter e Juve?

«Non mi pare di enfatizzare quelle dell’Inter e minimizzare quelle della Juve. Sono identificato come nemico, leggo certi striscioni… I miei giudizi non sono condizionati dall’ammirazione che nutro per alcune persone».

Chi sono?

«Mourinho, Massimiliano Allegri, Carlo Ancelotti, Sinisa Mihajlovic, Gian Piero Gasperini, Maurizio Sarri e naturalmente Roberto Mancini che è un vincente da 40 anni. Diciamo che ho buoni rapporti con parecchi allenatori. Ma se vincono vincono, se perdono perdono».

La favola del Monza?

«Intanto mi fa piacere perché risiedo a Monza. Galliani è sempre avanti, adesso si è inventato l’obbligo d’acquisto condizionato: se ci salviamo il giocatore resta, se no torna a casa. Dopo aver comprato l’impossibile negli anni Ottanta ha capito che i tempi sono cambiati. Difficile che un giocatore straniero accetti l’acquisto condizionato, perciò hanno preso soprattutto italiani».

Dove arriva?

«Galliani dice che l’obiettivo è il decimo posto, ma in cuor suo punta al sesto. Non è uno da traguardi piccoli».

Molti dicono che Mediaset sia filo-interista come la Gazzetta dello Sport e il Corriere della Sera mentre il gruppo Amodei sarebbe filo-juventino come Sky e che per questo il Milan sarebbe sottovalutato.

«Il Corriere dello Sport non è filo-juventino, ma guarda alle piazze di Roma, Lazio e Napoli. Poi essendoci  Stadio siamo attenti anche a Bologna e Fiorentina. Tuttosport è il giornale di Torino. Non è vero che il Milan è poco considerato, il suo scudetto ha fatto la fortuna della Gazzetta. Le vittorie condizionano le vendite. Quando la Roma ha vinto la Conference League abbiamo venduto 40.000 copie solo nel Lazio».

Il più grande allenatore italiano?

«Ancelotti: per quello che ha vinto, per quello che è e per quello che è rimasto. Carletto è la semplificazione  e l’aristocrazia del calcio. L’anno scorso ha battuto Psg, Chelsea, Liverpool e City. Dopo la finale di Parigi gli hanno chiesto come aveva vinto? E lui: “Il portiere ha parato, il centravanti ha segnato”. Un maestro».

Il più grande giocatore italiano?

«Sono baggista da sempre. In Dybala rivedo un po’ di Roberto».

 

La Verità, 13 agosto 2022

 

«Noi donne impariamo dai maschi a fare squadra»

Dove si trova, Diletta Leotta?

«A casa mia, a Catania. Circondata da nipotini, fratelli e sorelle».

Famiglia numerosa.

«Molto. E cresce ogni anno. C’è sempre un nuovo nipotino in arrivo. Siamo a quota sette, i miei fratelli si danno parecchio da fare».

E sono numerosi.

«Tre sorelle e un fratello. Io sono la più piccola, ma tra meno di un mese compirò trent’anni».

Quando sarà?

«Il 16 agosto, sotto il segno del Leone».

Da Capri alla Turchia, da Roma, per Top dieci su Rai 1, a Milano, dalla Sardegna a Catania, quest’estate ha girato come una trottola.

«E prima ho girato tanto per gli stadi, nonostante le restrizioni. Per questo adesso mi fermerò un po’. Anche per prepararmi alla ripresa del campionato».

Ha fatto il vaccino?

«Venerdì farò la prima dose e la seconda subito dopo il compleanno. Appena avrò il green pass mi sentirò più tranquilla negli spostamenti».

Ha seguito e festeggiato le imprese della Nazionale?

«Certo, ho molto festeggiato. Ho girato anche un video durante i rigori, ma non è pubblicabile».

Perché?

«Perché è molto colorito e caldo».

Cosa vuol dire caldo?

«È un video molto sentito, eravamo tutti piuttosto in ansia».

Seguiva un rito per la visione delle partite?

«Con il mio manager Umberto Chiaramonte avevamo allestito un gruppo di ascolto, forse meglio dire una curva di tifosi. Ci trovavamo a casa sua, giropizza e birra, ed è sempre andata bene. Per la finale, però, lui non c’era e ci siamo trasferiti da me. Quando ho acceso la tv aveva appena segnato l’Inghilterra: vuoi vedere che… Invece poi anche casa mia ha portato bene».

Adesso seguirà le Olimpiadi?

«Altroché. Una delle mie migliori amiche è Rossella Fiamingo, argento nella spada a Rio de Janeiro. Gareggerà all’una e mezza di notte ora italiana. Ma anche per lei è pronto un altro gruppo di ascolto».

È sua conterranea, se non sbaglio.

«È catanese ed è anche mia coetanea. Ha compiuto trent’anni prima di partire per Tokio e ci siamo ripromesse di festeggiare insieme i compleanni al suo ritorno. Speriamo anche di gioire per una medaglia, ma questo non gliel’ho detto per scaramanzia».

Oltre alla scherma seguirà qualche altra disciplina?

«Sono appassionata di tutto e tifo Italia a 360 gradi. Cercherò di non perdere le gare di nuoto, avendolo praticato per tanti anni».

Ecco spiegati i suoi tuffi perfetti di quest’estate. È contenta che Paola Egonu sarà portabandiera olimpica?

«Sì certo. Come portabandiera italiana speravo scegliessero Rossella».

Il 21 agosto ripartirà la Serie A, che anno sarà per Dazn?

«Molto impegnativo, ma abbiamo costruito una grande squadra. In tre anni, Dazn si è affermata come una realtà forte e innovativa e ora si è consolidata con i nuovi acquisti. Siamo prontissimi».

Da padrona di casa della piattaforma, qual è la differenza principale rispetto alla proposta di Sky Italia?

«Un po’ la si è vista in questi tre anni: è un modo di raccontare il calcio più veloce e più giovane, con tanti approfondimenti. Il fulcro di tutto è lo stadio. L’arma vincente di Dazn è portare il telespettatore dentro l’evento, senza troppi filtri».

Da quest’anno, con l’esclusiva di tutto il campionato ci sarà un palinsesto più completo?

«Certamente. Non ci sarà solo l’evento live. Saranno potenziati i contenuti on demand, oltre a confermare quelli che già sono andati bene finora, come Linea Diletta che è stato prorogato per tre anni. Altri se ne aggiungeranno nel corso della stagione».

Approfondimenti e talk show in diretta?

«Sia on demand che in diretta. È stato ideato un nuovo spazio, The Square, una sorta di bar spogliatoio nel quale prenderanno vita i nostri programmi, le anticipazioni e gli approfondimenti relativi a tutto ciò che avviene nella Serie A».

Che cosa faranno Marco Cattaneo e Giorgia Rossi che arrivano da Sky e Mediaset?

«Anche loro presenteranno le partite, ne abbiamo tantissime. Marco lo conosco da quando ho lavorato in Sky, è una persona meravigliosa e uno straordinario giornalista, sono felice di averlo riabbracciato. Anche Giorgia è una bravissima giornalista. Sono sicura che ci completeremo e integreremo alla perfezione».

Parlando di squadra, si arricchisce anche il parterre di commentatori e seconde voci con l’innesto di Massimo Ambrosini, Andrea Barzagli, Riccardo Montolivo e altri.

«Andranno ad aggiungersi ai veterani. Come Federico Balzaretti, Roberto Cravero, Simone Tiribocchi e tutti gli altri, che sono stati e saranno le colonne portanti del nostro racconto. È un privilegio avere grandi campioni a commentare il campionato».

Per venire da voi Barzagli ha rinunciato ad affiancare Massimiliano Allegri alla Juventus.

«Certamente ha fatto una scelta non banale. Cito Antonio Conte che in un’intervista ha detto che a un suo amico non consiglierebbe mai di fare l’allenatore, ma piuttosto il commentatore televisivo perché è una professione gratificante. Poi certo, Conte ha fatto una carriera che l’ha gratificato ancora di più. Ma a volte si preferisce qualcosa di più calmo… Anche se l’adrenalina scorre pure quando si commenta una partita».

Cosa mi può dire di Lele Adani, al quale Sky non ha rinnovato il contratto, che si dà in arrivo a Dazn?

«Non ne so nulla, in Sicilia le notizie arrivano più lente. Comunque, anche a Lele con cui avevo un ottimo rapporto a Sky, auguro tutto il meglio».

Cambieranno molto le abitudini dei telespettatori da Sky a Dazn?

«Credo che negli ultimi tempi siano già iniziate a cambiare. Dazn ha già portato diversi elementi di innovazione. All’inizio i cambiamenti fanno sempre un po’ paura. Ma ora ci siamo abituati a Netflix o a Spotify nella musica e alle altre piattaforme digitali. Sarà facile abituarsi anche nel calcio».

Se dovesse sintetizzare il principale punto di forza di Dazn cosa direbbe?

«Sottolinerei la facilità e la velocità. Cioè la possibilità di sintonizzarsi con un click e un’app. Questo spirito smart favorisce un linguaggio più immediato, in grado di rompere certe barriere. Come si è potuto vedere per esempio nelle interviste a Cristiano Ronaldo o a Francesco Totti, chiacchierate tra amici».

Ha imparato qualcosa da giornaliste sportive come Alba Parietti, Simona Ventura, Ilaria D’Amico?

«Sì, molto. Anche da altre donne di televisione. Chi fa il mio lavoro è sempre influenzato da chi lo precede. Ilaria è stata la prima a raccontare il calcio in modo diverso. Prima ancora Alba Parietti. Alcune di loro sono delle icone. Un’altra che ha influenzato il nostro lavoro è certamente Raffaella Carrà. Provo a imparare da tutte, ma poi tocca a me fare una sintesi».

C’è qualcuna in particolare cui le piacerebbe somigliare nel modo di raccontare il calcio?

«No, credo che si debba far emergere la propria personalità. Con eleganza, il sorriso e molto studio».

Quanto è importante lo studio?

«Molto, lo metto al primo posto. Senza non potrei andare in onda».

Uno studio relativo alle squadre e al calcio, o che riguarda il modo di presentarsi, la dizione?

«Tutto. Sono allenata allo studio accademico, essendomi laureata in giurisprudenza. Preparare la diretta di una partita importante è un po’ come preparare un esame universitario. Questa conoscenza permette una conduzione rilassata perché sai che anche l’imprevisto puoi gestirlo».

Qualche tempo fa si era parlato di un flirt, poi di una collaborazione professionale con Zlatan Ibrahimovic: di cosa si trattava?

«Siamo soci in BuddyFit, un’app di fitness, nata durante il lockdown. Attraverso questa app ci si può tenere sempre in allenamento, ovunque».

In un’intervista a un settimanale Giorgia Rossi ha detto che non le invidia nulla, nemmeno il fidanzato, l’attore turco Can Yaman che, in realtà, tutto l’universo femminile le invidia.

(Ride) «Non l’ho letta, ma dubito che Giorgia si sia espressa così. A volte si riportano certe frasi decontestualizzate per creare rivalità inesistenti».

Perché secondo lei alcune giornaliste sportive asseriscono che la sua carriera sia dovuta alla sua avvenenza?

(Ride ancora) «Non lo so. So invece che nelle mie giornate c’è tanto studio. Poi è chiaro che in questo mestiere anche l’estetica conta. È qualcosa a cui tengo. Ma dietro l’involucro c’è molto studio. Non si può fare un’intervista a José Mourinho senza prepararsi a fondo».

Insisto, perché alcune sue colleghe tengono a ribadire che sia stata la bellezza la molla della sua carriera?

«Bisogna chiederlo a loro. Io sono convinta che con Giorgia Rossi e Federica Zille comporremo una squadra di donne molto forte. E mi auguro che sapremo sovvertire alcune vecchie dinamiche sulla continua competizione tra donne nel mondo del lavoro. Un luogo comune nel quale ci si adagia e per il quale alla fine dovrebbe restare solo una vincitrice. Credo che non debba essere così per forza. Nel calcio e altrove più donne possono coesistere. Le donne devono imparare a fare squadra. In questo, possono imparare dagli uomini, tra i quali non ci sono rivalità così accese».

Come spiega quella fra donne?

«È un vecchio retaggio duro a morire. A me piace lanciare messaggi di squadra e di forza comune».

Le capita mai, mentre intervista uno sportivo, di accorgersi che subisce la sua presenza, il suo fascino? Cosa pensa in quel momento?

(Altra risata) «Questa è una domanda da psicologo».

È una domanda realista.

«Non mi capita, perché faccio di tutto per mettere a loro agio i miei interlocutori. Voglio far sentire tutti in un contesto amico. In un’ora di intervista devi rompere il ghiaccio e creare un’empatia. Perciò mi presento giocosa e sorridente. Credo che questo superi certi cliché».

Cosa vuol dire il titolo del suo libro Scegli di sorridere?

«È la mia filosofia di vita».

Vuol dire non alimentare le polemiche?

«Esatto».

È favorevole al ritorno del pubblico negli stadi con il green pass?

«Non vedo l’ora. È stato faticoso in questi due anni riempire quel silenzio. Aspetto di risentire presto le voci del pubblico».

Che cosa si augura per la nuova stagione di Dazn?

«Di riuscire a raccontare in modo divertente il campionato degli allenatori».

Per il ritorno contemporaneo di Allegri, Sarri e Mourinho?

«Se li immagina i titoli per il derby tra Mourinho e Sarri».

 

La Verità, 24 luglio 2021