«Ancora non si sa chi ha chiuso il talk di Paola»
Nei giorni caldi del licenziamento di Paola Perego l’aveva promesso: «Prima o poi faremo, chi c’è più irregolare di me?». E ora, a proposito di giorni caldi, Lucio Presta, calabrese di 57 anni, uno dei manager dello spettacolo più influenti (Roberto Benigni, Paolo Bonolis, Antonella Clerici e Belén Rodriguez, tra gli altri), risponde dal set del concerto di Vasco Rossi di Modena: «Non le dico la temperatura… Giusto perché eravamo d’accordo…». Dopo la clamorosa chiusura di Parliamone sabato, nella prossima stagione Paola Perego condurrà 14 prime serate.
Lucio Presta è più un marito protettivo, come dice sua moglie, o un marito potente?
«Un marito protettivo. Paola ha un vantaggio: essendo civilmente sposati, mi vede in più ruoli».
Molti propendono per il marito potente.
«In questo mondo non ci sono manager potenti, ma professionisti solidi che difendono con passione i propri artisti».
Sua moglie è stata riabilitata.
«Mia moglie non doveva essere riabilitata. Ha semplicemente riallacciato un rapporto professionale con la rete e l’azienda che l’avevano ingiustamente sospesa».
Come sono andate le cose in quella puntata di Parliamone sabato?
«Tutti erano informati di quello che sarebbe andato in onda. Tutti gli autori, da Paola fino a Gregorio Paolini, il capostruttura, il produttore, il regista, il direttore. Nessuna conduttrice riesce a mettere in onda o a invitare qualcuno senza che tutta la filiera ne sia informata».
Si è gridato allo scandalo per la lista di pregi delle donne dell’Est, ma anche gli aneddoti di Fabio Testi erano sconvenienti.
«L’unica cosa davvero sconveniente è stata il racconto fatto dall’ospite. Ma, come in tutte le trasmissioni in diretta, ogni ospite firma un contratto nel quale si assume la responsabilità di ciò che dirà. Paola l’aveva stoppato immediatamente. Anche su questo non c’era niente da dire. Non è stata la più alta pagina di tv, ma nemmeno la più bassa. Tant’è vero che non era successo niente né il sabato né la domenica».
Quindi come si spiega la faccenda?
«Non me la spiego. Dopo che era stato chiuso il programma, il direttore generale Antonio Campo Dall’Orto mi aveva mandato un messaggio nel quale mi diceva che Paola non era responsabile. Continuo a chiedermi che cosa sia successo, chi abbia voluto chiudere il programma e perché. Ovviamente avevo girato il messaggio al legale che stava preparando la causa all’azienda».
Campo Dall’Orto era già in forte difficoltà.
«Io ho smesso di sentirlo da subito, non da quando si è dimesso come han fatto tanti. Ho maturato la sensazione che sia stato spinto a chiudere il programma».
Ipotesi suffragata o suggestione?
«Suggestione, che però non ho avvertito solo io. Anche altri, come Maria De Filippi, hanno trovato che non era giustificabile la chiusura del programma».
Esclude che sia stata un’altra grana per mettere ulteriormente in difficoltà Campo Dall’Orto?
«Non credo, ma sicuramente non gli ha portato bene, da quel giorno è iniziata a non brillare più la sua stella. Il mio giudizio su di lui resta lo stesso di prima. Un grande teorico che non ha compreso il mondo Rai, sbagliando lo staff che ha portato da fuori».
La ripresa del rapporto con Paola è merito del nuovo direttore generale, Mario Orfeo?
«La ripresa del rapporto tra Paola e la Rai è combaciata con il suo arrivo. Al momento c’è un accordo editoriale, non ancora una trattativa economica né un’intesa contrattuale».
Improvvisamente, molte cose si sono appianate. A cominciare dalla querelle sui cachet delle star. Come la pensa in proposito?
«Le soluzioni erano lì ad un passo, ma forse non si volevano trovare, per non assumersi responsabilità. Il tetto per le star è un errore perché agiscono nel mercato, nel quale le star fanno la differenza».
Come si difende dall’accusa che Paola lavora perché è moglie di un manager influente e con un sostanzioso portafoglio di star?
«Non rispondo a questa domanda perché manca di rispetto a una persona che lavorava ben prima di conoscere me. E non giocava in nessuna squadra di Serie A, visto che all’epoca suo marito era un calciatore (Andrea Carnevale, ndr)».
A proposito di star, è stato un colpaccio piazzare Paolo Bonolis alla conduzione del concerto di Vasco Rossi su Rai 1.
«Niente di nuovo. Paolo è un conduttore di grandi eventi. Nel 2014 ha presentato su Rai 1 la Festa dello sport per il centenario del Coni. Due anni fa ha condotto la serata d’inaugurazione dell’Expo. È stato un’artista della Rai. Abbiamo trattato a lungo con Campo Dall’Orto il suo possibile ritorno. Non ci sono più queste barriere».
Le sue serate in trasferta si fermeranno qui o è ancora in lizza per il Festival di Sanremo?
«Non è possibile che Paolo conduca Sanremo».
Aveva chiesto come condizione per rinnovarlo lo spostamento dall’Ariston e poche settimane dopo il Comune ha deciso una nuova location.
«Vuol dire che ancora una volta abbiamo dato una buona idea che altri sfrutteranno».
Che rapporto c’è tra lui e Vasco?
«Nel 2005 Vasco tornò a Sanremo per aprire la 55ª edizione del Festival, il primo condotto da Paolo. Evidentemente si rispettano e si stimano».
Lei adesso segue anche Michele Santoro?
«Ho un rapporto personale e di affetto e in alcune circostanze gli ho dato una mano. Però
Michele ha una società che si occupa delle sue attività».
Quindi non sa cosa c’è di vero nelle indiscrezioni che lo danno in pianta stabile su Rai 3?
«Esatto, non lo so».
Abbiamo parlato di Paola, di Bonolis, di Santoro. Roberto Benigni che cos’ha in mente?
«È un grande artista, capace di idee e performance meravigliose. Quando ha qualcosa di pronto mi chiama e me lo dice, ma fino a prima è tutto top secret anche per me».
Lavora meglio con Mediaset o con la Rai?
«Lavoro bene con tutte e due le aziende. Qualche volta mi trovo meno bene con alcuni uomini di Rai o di Mediaset. Per esempio, ricordo forti litigate con Maurizio Carlotti di Mediaset».
Che ora è in Spagna. E litigate in Rai?
«Ne ricordo una forte con Lorenza Lei durante il Festival di Sanremo di Gianni Morandi: avevamo vedute molto diverse. Ma una delle prime persone che mi ha chiamato quando è successo il fatto di Paola è stata proprio Lorenza Lei. Altri momenti di attrito ho avuto con Mauro Masi, con il quale ora ci frequentiamo anche in vacanza. Ho avuto rapporti meravigliosi con Flavio Cattaneo, con Claudio Cappon e Luigi Gubitosi. In Mediaset li ho avuti con Mario Brugola e li ho con Alessandro Salem».
Se dico Monica Maggioni?
«Preferisco far finta di non sentire. Condivido perfettamente l’amarezza di Paola per gli attacchi subiti da una donna che non la conosce né come persona né come professionista».
Un mestieraccio il manager delle star. Somiglia a quello dei procuratori dei calciatori (che non attraversano un gran momento)?
«Quello è un mondo di soli affari, il nostro è un mondo editoriale e di scelte artistiche. Un procuratore non può incidere sulle qualità di un calciatore. Mentre noi siamo in grado di aiutare ad accrescere il talento degli artisti».
I suoi li sottopone a un regime quasi monacale.
«Se lavoriamo insieme è perché abbiamo idea e gusti della vita simili: poca mondanità, molto lavoro e sacrificio. E profilo basso».
Secondo il detto di Bibi Ballandi, maestro degli agenti: «Volare bassi per schivare i sassi»?
«In un certo senso. Ma nel nostro caso è proprio uno stile di vita, più che un atteggiamento per non farci notare. Cioè, siamo proprio fatti così».
Perché le interessava diventare sindaco di Cosenza e perché ha rinunciato?
«Amo profondamente la mia città e avrei voluto fare qualcosa di buono».
Invece?
«Ho rinunciato perché quell’impegno è combaciato con alcuni nuovi problemi familiari. Comunque, avrei rinunciato di lì a poco perché avevo scoperto che i problemi politici li avevo non con lo schieramento avversario, bensì con gli alleati».
Questioni di primarie nel Pd. A proposito, come si spiega che uno come lei lo si immaginava di più posizionato a destra?
«Questa è una buona notizia, perché se qualcuno mi vede a destra mentre il mio pensiero è un altro, vuol dire che sono bravo a non farmi catalogare. Sono stato attaccato dall’Espresso e da Panorama: significa che sono davvero un uomo libero».
Chi è il «meno uno» che non saluta quando dà la buonanotte a tutti su Twitter?
«Lui lo sa perfettamente».
Vorremmo saperlo anche noi.
«Tanti mi chiedono: “Sono io per caso?”. “Ma avete la coda di paglia?”, rispondo. Un giorno o l’altro lo svelerò».
San Paolo dice: «Non tramonti il sole sopra la vostra ira».
«Io dico un’altra cosa: meglio conservarsi dei nemici per la vecchiaia, per tenersi allenati e belli svegli».
Comunque, uno sarebbe ancora poco, visto che ha litigato con Antonio Ricci, Beppe Grillo, Campo Dall’Orto. È lo spirito calabrese un po’ fumantino o cos’altro?
«Non sono fumantino, vado per la mia strada. Ma se qualcuno cerca di farmi inciampare difficilmente tiro dritto».
Non conosceva la frase di San Paolo, ma posta frequentemente massime di don Bosco.
«E certo! Sono un salesiano nell’anima. Chi ha studiato in collegio come convittore interno lo è per tutta la vita».
Che eredità le ha lasciato quell’esperienza?
«La capacità di sopportare la fatica. Don Bosco raccoglieva i ragazzi dalla strada, quelli che avevano problemi seri. La strada è l’università migliore che si possa frequentare per capire il bene e il male. Se hai la capacità di riconoscerli, fai le scelte giuste. Io ho sempre saputo da che parte del marciapiede stare. Dalla parte della legge, dell’etica e della morale».
La Verità, 25 giugno 2017