Gruber, Gabanelli e lo strano effetto che fa

Faceva uno strano effetto lunedì sera Otto e mezzo su La7. Padrona di casa era come sempre Lilli Gruber, ospite unica Milena Gabanelli in occasione dell’esordio di Dataroom, la videostriscia che, quando sarà a regime, sarà visibile quattro giorni la settimana sul sito del Corriere della Sera e sui social network, Facebook in testa (lunedì, ore 20.30, share del 6.1%). Lo strano effetto è dovuto al fatto che le due giornaliste sono entrambi ex Rai; anzi, rappresentano un bel pezzo di storia di giornalismo del servizio pubblico, e ora continuano a lavorare con discreto successo su testate concorrenti. Gabanelli, approdata a Rcs, sarà spesso ospite di La7 di Urbano Cairo, diventata il porto franco dove i transfughi di mamma Rai (Myrta Merlino, Giovanni Minoli, Corrado Formigli, Giovanni Floris, Massimo Giletti, Diego Bianchi e il suo clan, e lo stesso direttore, Andrea Salerno) iniziano una second life. Insomma, due colleghe più o meno coetanee, schiene dritte, una con tutte le rughe vissute, ma con un paio di occhialini molto trendy, l’altra un po’ più disegnata e attenta all’effetto che fa. Entrambi molto credenti nel mestiere, convinte del ruolo dell’informazione nella crescita della società civile, protagoniste di un giornalismo asciutto e senza concessioni né al gossip né alla militanza faziosa. Gruber ha interrogato Gabanelli sui motivi del divorzio dalla Rai, su scopi e contenuti del nuovo impegno professionale con Rcs (le famose sinergie), sui rapporti con la politica e quali inviti a candidarsi abbia rintuzzato, sulla mediocrità della nostra attuale classe dirigente, sul criterio che la orienterà alle prossime elezioni («già comprendere la nuova legge elettorale potrebbe fornire un buon suggerimento per il voto»). Al termine, a ’mo di assaggio, il primo pezzo di Dataroom sugli acquisti di prodotti contraffatti online, qualcosa con cui abbiamo spesso a che fare senza sapere bene come funzioni e quali ricadute abbia sull’economia mondiale. Il pregio del Data journalism è proprio questo: rendere intelligibili argomenti opachi attraverso i numeri e la sintesi. Questa è la second life di Gabanelli: «Accettare la sfida di stare nei nuovi media, là dove si forma la futura classe dirigente». Faceva uno strano effetto pensare che la Rai non è stata capace di far suo questo progetto, tanto più nel momento in cui si fa un gran parlare di rivoluzione digitale e nuovi linguaggi. Non sarà che, mentre si prefigge grandi mete, questa Rai somiglia al Pd renziano, più incline a escludere che a includere?

La Verità, 24 gennaio 2018