Intrighi, spie e terroristi: riecco l’action movie
Durante un evento all’ambasciata britannica a Parigi, ospite d’onore il ministro della Difesa francese (Nathan Willcocks), un gruppo di terroristi fa scattare la vendetta dell’ex capo della Legione straniera Jason Pearce (Sean Harris). È la prima scena di Attacco al potere – Paris has fallen, spin off seriale della saga cinematografica con Gerard Butler (in preparazione un quarto film), prodotto da Studiocanal e diffuso da Canal+ con ottimi ascolti (lunedì sera su Italia 1 i primi due episodi hanno ottenuto il 6,2% di share con 1,2 milioni di telespettatori). Senza tanti preamboli, ci si trova nel vortice di uno spettacolare action movie adatto a un pubblico adulto, che intreccia agenti segreti dalla doppia vita, terrorismo e politici mediamente corrotti.
Per i sei anni in cui è stato nelle carceri dei talebani, lo spietato Pearce ha pensato solo a cosa avrebbe fatto, una volta uscito, a quelli che l’hanno abbandonato nelle mani dei torturatori: «E ora sono uscito», annuncia minaccioso. L’intervento di Vincent Taleb (Tewfik Jallab), guardia del corpo del ministro, e di Zara Taylor, (Ritu Arya), agente dell’Mi6 sotto copertura, riesce a sventare il blitz e a mettere in salvo il politico. Solo momentaneamente, però, perché la rappresaglia del nucleo terroristico attua un piano alternativo ancora più cinico, rapendo la figlia e imponendo un ultimatum definitivo. Parigi è sotto assedio e i cecchini mettono nel mirino altri politici e ambigui affaristi, costringendo il presidente della Repubblica Juliette Levesque (Emmanuelle Becort), che ha una relazione nascosta con Taleb, a diramare un appello alla nazione. Anche Zara Taylor ha nella liaison con la tossicodipendente Théa (Camille Rutherford) una non trascurabile complicazione privata. Alla guardia del corpo francese e all’agente segreta inglese non resta che allearsi, anche contro l’insidia di una talpa annidata nella squadra.
Realizzata con robusto impegno di budget, sebbene per il genere action risulti più adatta la visione sequenziale, la serie in otto episodi appare ben ritagliata sul pubblico maschile e mediamente giovane di Italia 1.
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Sarà stato l’eccesso di familiarità a consigliare a Fabio Fazio di non chiedere a Jovanotti, nell’ultimo Che tempo che fa, che cosa pensi dell’elezione di Donald Trump, della fuga di alcuni suoi colleghi da X e persino della Chiesa ai tempi di papa Francesco? Chissà. Tutti argomenti su cui nell’intervista al Corriere della Sera il cantautore ha espresso vedute, come dire, poco mainstream. A volte, anche gli amici hanno opinioni divergenti.
La Verità, 4 dicembre 2024