La normalizzazione gender e la noia di quelle drag

Alla fine il chiacchieratissimo Non sono una signora ha trovato la vetrina della prima serata di Rai 2 (giovedì, ore 21,25, share del 6,6%, 990.000 telespettatori). Registrato nell’autunno scorso per volere di Stefano Coletta, già direttore dell’Intrattenimento primetime e autore seriale di flop oltre che di farciture gender del palinsesto, ecco che lo show prodotto con Fremantle e ispirato al format Make up your mind, è stato tolto dal freezer dove l’aveva congelato Carlo Fuortes. Siamo in estate, i palinsesti sono zeppi di repliche e di isole della tentazione, se non ora quando? Mai, verrebbe da dire. Purtroppo, programmarlo in questa stagione sebbene prodotto con costi da palinsesto di garanzia, significa mettere a bilancio una perdita economica secca. Il fatto che lo sdogani la nuova dirigenza può servire a contenere il danno prodotto dalla precedente e, forse, una fetta di polemiche.

Non sono una signora è un game show con cinque personaggi noti che si travestono da drag queen e si cimentano con tacchi vertiginosi, corsetti femminili, glitter e parrucche vistosissime. I concorrenti si espongono all’esame di ben due giurie. La prima composta da tre drag professioniste, Vanessa Van Cartier, Maruska Starr ed Elektra Bionic, chiamate a giudicare le prove di catwalk (camminata sui tacchi) e lip synk (canto sincronico di brani famosi). La seconda formata da Filippo Magnini, Mara Maionchi, Sabrina Salerno e Cristina D’Avena, «gli investigatori del glitter» – le pensate degli autori – impegnati a scoprire, grazie ad alcuni indizi, le identità nascoste sotto il pesantissimo trucco e parrucco. A condurre le sgraziate danze delle «regine» c’è Alba Parietti, anche lei impegnata a emanciparsi dall’abituale ruolo di ospite multiuso per assurgere a quello di padrona di casa.

Una volta scelta la drag vincente, i giurati devono indovinare chi è la sconfitta che, nel laboriosissimo backstage, svela finalmente la sua identità. Così, si assiste alla trasformazione di Rocco Siffredi, che si lancia in un pistolotto anti omofobia, Patrizio Rispo, Sergio Muniz e Lorenzo Amoruso, ex calciatore di Fiorentina e Rangers Glasgow (curiosamente ospite in contemporanea di Calciomercato L’originale su Sky Sport).

Il problema è che, vincolato dall’orario di messa in onda, lo show deve rinunciare alle punte di malizia e insolenza tipiche dell’ambiente. Con il risultato che, fatta salva l’ironia di Magnini e Salerno, tutto lo sforzo di costruzione dell’apparato e delle simbologie, dal trash alla galleria degli eccessi, si traduce nel noioso tentativo di normalizzare il gender in tutte le sue variopinte varianti.

 

La Verità, 1 luglio 2023