Gigi Riva… che mostrò che non si può comprare tutto

Fuma sempre molto, Gigi Riva, e dorme sempre poco. Così racconta Riccardo Milani in Nel nostro cielo un rombo di tuono, un lungo, forse troppo, docufilm, da ieri visibile su Sky Cinema 2, Sky Sport Summer e Sky Documentaries prodotto da Wildside e Vision Distribution. Il regista lo riprende avvolto nelle volute delle sigarette che si accende a ripetizione, seduto nella poltrona davanti al camino della sua casa di Cagliari. È il posto dei ricordi e dei racconti, snodati dalla voce un po’ metallica che esce dal volto squadrato, pensoso. Una storia lunga da mettere insieme, dall’infanzia a Leggiuno, presto orfano di padre, il collegio dai preti, la perdita della madre, l’amore per il calcio, il temperamento schivo come quello dei sardi che subito lo adottano quando, nel 1963, approda al Cagliari in Serie B. Sette anni dopo, insieme a Ricky Albertosi, Angelo Domenghini, Pierluigi Cera, Comunardo Niccolai e Bobo Gori, guidato dall’allenatore filosofo Manlio Scopigno mentre lui fa gol «a grappoli», il Cagliari conquisterà il primo e unico scudetto della sua storia. Fu la realizzazione di un sogno, la scoperta di una terra fino allora nell’ombra, il riscatto di un popolo di «pecorai» e «banditi», come «ci chiamavano quando giocavamo in trasferta, a Milano o Torino». Sempre in quel 1970, ai Mondiali del Messico, dopo la memorabile semifinale con la Germania, arrivò il titolo di vicecampione del mondo con la maglia azzurra. Si ritirò dopo l’ennesimo infortunio e Gianni Brera gli dedicò una sorta di epitaffio sportivo: «Il giocatore chiamato Rombo di tuono è stato rapito in cielo, come tocca agli eroi. Ne può discendere solo per prodigio: purtroppo la giovinezza, che ai prodigi dispone e prepara, ahi, giovinezza è spenta».

Quella di Milani è una sorta di elegia un po’ nostalgica a più voci, con gli amici dell’epoca, gli anziani che assistettero all’avventura, i compagni di squadra che la condivisero, Roberto Baggio, campione altrettanto antidivo, Nicolò Barella che ha frequentato la scuola calcio a lui intitolata, Gigi Buffon e Gianfranco Zola, talento di calcio e umiltà sarda. E poi Massimo Moratti e Sandro Mazzola a contrappuntare i momenti del gran rifiuto di Riva alla Juventus, quasi un Bartleby del calcio. Tra tutti, si nota l’assenza di Gianni Rivera, che con lui in Nazionale si trovava a occhi chiusi.

Ciò che fa pensare è l’insegnamento tratto dal regista, più che mai attuale nel calcio mercenario di oggi: «Grazie a Gigi Riva ho capito che per noi che cercavamo e cerchiamo ancora adesso un mondo più giusto sarebbe bastato e basta ancora… avere il coraggio, pagandone il prezzo, di saper dire di no a chi pensa di poter sempre comprare tutto».

 

La Verità, 28 giugno 2023