La notte tra gli Invisibili di Bruno Vespa

Bravo Bruno Vespa, non c’è molto altro da dire. Bravo a cambiare passo, a uscire dallo studio ovattato di luci e plexiglass e andare in strada. Bravo a porgere domande semplici, senza retorica, senza insistenza pelosa. La notte degli ultimi, quaranta minuti di reportage su Raiuno dentro quella parte di realtà che abbiamo sempre davanti ma    pervicacemente rimuoviamo, è stato un ottimo esempio di servizio pubblico. Buon giornalismo nella sera del venerdì santo, preludio alla Via Crucis con papa Francesco. A 72 anni quanti sono quelli del conduttore di Porta a Porta bisogna dargli atto della capacità di mettersi in gioco, di mettere in discussione il metodo consolidato, vent’anni di talk tra politica da Terza camera e plastici un po’ morbosi per criminologi. E allora meglio entrare alla Caritas di Roma per raccogliere la storia di un ex imprenditore che ha sbagliato, è stato in galera qualche mese e ora, a 52 anni, è senza lavoro, mangia e dorme lì, e tutte le mattine va alla Stazione Termini dove c’è un posto dal quale mandare mail e curriculum alla ricerca di un lavoro che non si trova. È uno dei tanti nuovi poveri, disoccupati e divorziati,  “però penso di essere fortunato quando vedo quelli che dormono per strada, sui cartoni: potevo essere io…”. Qualche mese in strada, sulle grate della metropolitana che sbuffano aria calda, ci ha dormito un figlio di emigrante nato in Germania. Molti anni fa il papà era sparito e ora lui l’ha ritrovato, anche se, dice, “non c’è l’affetto che di solito c’è tra un padre e un figlio”. Ha 44 anni, lavora 20 ore a settimana come manuntentore del verde per 310 euro al mese, ma spera nell’assunzione e magari in una ragazza. Vespa interroga anche monsignor Feroci, cognome terribile per il presidente della Caritas di Roma (dove Bergoglio il 18 dicembre ha aperto la porta santa) che prepara circa mille pasti al giorno e ospita circa 5/600 senzatetto.

A Milano, La notte degli ultimi passa in strada, sul furgoncino della “Ronda della carità”, sei volontari che portano panini, biscotti e tè caldo ai poveri. Un ex barista e magazziniere non vuol far sapere ai figli che vive così, dormendo nella stazione di Rho o in quella di Garibaldi, per non gravare su di loro (il volto è schermato). Ma il lavoro lo cerca? “Certo che lo cerco, tutti i giorni, non sto mica con le mani in mano!”. Un altro ha un parcheggio abusivo, per ragranellare qualcosa e non arrendersi a fare il barbone, perché gli dà fastidio solo la parola. Altri racconti, senza cedere al pietismo facile. Un anziano signore dorme sui cartoni da cinque anni, ma il lavoro non arriva. Ha un passato complicato, le denunce e la galera “perché rubavo… non granchè…”. Non si è certo arricchito… non si può vivere così. “Ma ci sono quelli che hanno voglia di lavorare e quelli che non ne hanno…”, dice. E lui non ne ha.

Nel 2003 l’ex iena Marco Berry aveva ideato e realizzato un programma per Italia Uno che s’intitolava Invisibili. Erano i barboni che dormivano sotto i portici vicino al Duomo o alla Borsa di Milano, ai quali noi cittadini indaffarati passiamo accanto senza vederli. Vinse qualche premio, durò un paio di stagioni. Lo speciale di Vespa ha il merito di mostrare un tentativo, pur impari, di risposta al bisogno di questi ultimi. Nella prospettiva indicata da Bergoglio. E con lo stile degli spot dell’8×1000 della Chiesa cattolica: chiedilo a loro. Ma senza troppa enfasi e senza troppe chiacchiere, raccontando in modo asciutto le storie e mostrando le facce di queste persone. Anche Vespa, probabilmente, si è accorto che “le parole sono sopravvalutate” (Robyn Davidson, protagonista di Tracks, film di John Curran del 2013).